Il dubbio sovvenne quel giorno. A una conferenza sentii un vecchio allenatore alto e coi baffi, anche un po’ commentatore, piuttosto logorroico, ma pure un po’ osservatore, chiamato con rispetto Professore, dire: “I terzini e le ali non esistono più, ora dobbiamo chiamarli esterni bassi e alti”. E allora cominciai a non capire: era cambiato il calcio o la lingua italiana? Tornai a casa e piuttosto confuso accesi la tv. Davano una partita. Andò pure peggio! Colsi che i contropiedi erano diventati ripartenze, o addirittura “attacchi a campo aperto”, che il regista era – non si sa a che titolo – diventato anch’egli “regista basso” o “alto”, come se fosse necessario distinguere l’assoluto, e che le sintesi ora si chiamavano highlights. I vecchi guardalinee erano divenuti più pomposamente “assistenti di linea”, gli arbitri – abbandonata l’allegorica “giacchette nere” – venivano definiti “direttori di gara”. Pure l’abbigliamento aveva cambiato nome, le scarpe non erano più scarpe, ma “scarpini”.
E’ come se il calcio avesse perso quella sua connotazione popolare, anche lessicale. Ma ve li immaginate due tifosi al bar discutere di “esterni bassi che non spingono”, o di “ripartenze sprecate”? Certi termini sembrano fuoriusciti da una circolare ministeriale, tanto sono ridondanti e brutti (anche nel suono). Lo dico agli addetti ai lavori: tornate a parlare di terzini e contropiedi e vi farete amare di più!
Voglio però rassicurarvi. Il mio dubbio amletico è morto di recente nel breve volgere di una conversazione. Un giovane tecnico mi ha spiegato: “La ripartenza sta a significare una ripresa del gioco d’attacco veloce, rapida, sul breve, anche nella trequarti avversaria, della squadra prima difendente. Il contropiede invece è legato al gioco all’italiana: catenaccio, recupero del pallone e controattacco partendo dalla propria area di rigore”. Era un allenatore, o un fisico nucleare? Boh. Lì tuttavia ho compreso l’essenza di tutto: il calcio non è poi così cambiato, la lingua italiana sì.
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