A Sean Sogliano deve piacere l’azzardo. Un mercato di scommesse, anche coraggiose, il suo. Forse troppe. Il ds si è seduto al tavolo da poker seguendo un metodo preciso: puntare poco e vincere tanto. Il budget non permetteva la splendida arroganza dei “rilanci” in stile Sergio Leone di “C’era una volta il West”. E la sua trasparenza nemmeno i memorabili bluff di Asso-Celentano, o dei fascinosi Redford e Newman in “Butch Cassidy”.
“Preferisco avere un giocatore in più, che uno in meno”, il motto del ds figlio d’arte. E l’abbondanza non manca nella rosa del Verona. Forse non è perfettamente distribuita – tanti centrocampisti (otto per tre posti) e solo un terzino destro (anche Romulo lo è, lo so, ma io non lo toglierei mai dal centrocampo) – ma Sogliano ha puntato più sull’occasione che sul ruolo.
E’ stato il mercato delle apparenti contraddizioni. Ottimi colpi (Romulo appunto, Toni e le conferme di Jorginho e Martinho) e scelte discutibili (Donadel, che ha lo stesso procuratore di Rubin). Giocatori dall’ottimo passato ma dati per finiti, come Donati e Rubin, e giovani di talento tutti da scoprire (Longo, il riscatto di Bianchetti, Iturbe e Cirigliano).
E tanti (troppi?) sudamericani, con i pro e contro del caso. Si ambienteranno? Come sarà il loro impatto col nostro calcio? La storia del campionato italiano è ricca di giocatori venuti da Oltreoceano. Fuoriclasse (specie negli ani ’80 e ’90), discreti giocatori, mestieranti e ciofeche. Categoria, questa, sempre affascinante: il mio cuore continua a battere per il brasiliano sciupafemmine Renato Portaluppi, più bravo nei club notturni e nelle riviste patinate che in campo. E’ solo invidia, lo so.
Di Sogliano mi fido. L’uomo ha intuito e “odora” i calciatori. E Iturbe e Cirigliano sono prospetti interessanti. Cirigliano era titolare del River Plate, ma il campionato argentino non è quello italiano. A Buenos Aires lo definiscono un giovane Mascherano: interditore dalla gamba tosta, ma anche dal discreto palleggio. Iturbe, paraguaiano-argentino, invece é un ventenne con un futuro già alle spalle. Talento sopraffino, scoppiettante a sedici anni al Cerro Porteno (Paraguay) di Pedro Troglio. E’ finito a prendere polvere al Porto, con un furtivo passaggio addirittura al Gallipoli. Verona è la sua rampa di lancio. E’ un trequartista che può fare anche la punta esterna. Se sboccia abbiamo in casa un patrimonio.
L’uruguaiano Gonzales, a differenza dei due compagni, è nel pieno della maturità ed è stato un investimento economico non da poco in rapporto al ruolo che ricopre (2,5 milioni di euro). E’ un difensore rapido, grintoso, di temperamento: più un Maietta che un Moras per intenderci. Nei piani di Sogliano (e di Mandorlini?) deve diventare il leader della difesa. Marques, carioca di esperienza, ha vinto ed è rispettato in Brasile. Lui è un simil Moras (o Bianchetti): pulito, tecnico, gioca più sulla posizione che sulla corsa.
E’ stata costruita una rosa con molti giocatori universali (i vecchi jolly), che permette molte variabili tattiche. E su questo Mandorlini dovrà lavorare e smentire coloro (tra cui io) che lo annoverano tra gli “integralisti”.
La salvezza è possibile. Mandorlini ha storici difetti (testone e poco flessibile tatticamente appunto), ma due grandi qualità: il suo calcio lo sa fare egregiamente e ama i giocatori “cazzuti”. Molta sciabola e poco fioretto, insomma. Questo vale anche per i talenti e Jorginho ne è l’esempio. Il centrocampista di Inbituba, classe cristallina, è apparentemente leggerino, in realtà ha personalità, corsa e interdizione. Ne fosse stato privo, Mandorlini mai l’avrebbe lanciato. E’ lui l’esempio da seguire per i Cirigliano, Iturbe, Bianchetti e Longo. Il campionato, e anche il futuro del Verona, dipenderà molto dalla loro maturazione.
Il resto starà nella capacità di riscatto di quei giocatori considerati – prima che arrivasse Sean – “vecchi arnesi” da buttare; nell’entusiasmo della vecchia guardia e nel rendimento dei gioiellini.
Buon viaggio vecchio Hellas.
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