Si può definire un 2-2, scialbo? Sì, si può. Non ingannino infatti le apparenze. Ieri al vecchio Comunale, ora Olimpico di Torino è andata in scena la partita del “giochiamocela, ma senza farci troppo del male”. Squadre stanche, con la testa anche al prossimo impegno (il Toro ha il derby e il Verona ospita il Livorno) e una discreta classifica. Ritmi blandi, gol episodici. E la sensazione che nessuna delle due squadre volesse del tutto affondare i colpi. Il 2-2 di ieri è tutto qui. Ma, si sa, il calcio moderno ha trasformato sogni e ambizioni in ragionieristici calcoli contabili. Un calcio nel quale si gioca troppo e male (venti squadre, troppe) e le piccole-medie società a più di tanto non possono ambire. C’è il porcellum anche qui, le liste dei posti che contano infatti sono (quasi) bloccate e chi, per caso o per merito, una volta nella vita si è insediato nel gotha (Chievo e Samp in Champions) fatalità l’anno dopo è retrocesso. Quindi? Le energie meglio concentrarle per arrivare a 40 punti e salvarsi. E morta lì (ok ne puoi fare anche 50 ma cosa cambia?).
Comprensibile. Troppo importanti i diritti televisivi, ma non solo. La permanenza serie A ti garantisce, ad esempio, anche di non svendere i gioielli in rosa (a giugno se retrocedi Jorginho non vale gli stessi soldi). Tuttavia mortificante. I sogni sono sogni, il tifo è tifo e io vorrei vedere il Verona sempre vincere, o provarci perlomeno. Ma il calcio di oggi è questo e non è colpa dei Setti, dei Campedelli, dei Cairo o dei Garrone di turno. Loro si adattano. Eppoi, diciamocelo, noi stessi tifosi ormai ci siamo contabilizzati. Quante volte sento e leggo frasi tipo: “Dobbiamo solo arrivare a 40 e salvarci”? Il calcio nel senso di sport è morto tra il 1994 (esplosione pay tv) e il 1996 (sentenza Bosman), due terremoti.
Quindi che dire di ieri sera? Che Toni è indispensabile (il gol di Gomez è quasi tutto suo), che abbiamo le qualità tecniche per giocare più “alti” e propositivi e che Cirigliano, se è quello di ieri, deve giocare sempre (sottolineo anche le sue scarpette nere, old style). Se gli anni ’80 sono finiti e i sogni di gloria anche, mi piacerebbe perlomeno tornare a divertirmi. Marco Gaburro, provocatoriamente, ha scritto che il dna di Mandorlini è questo e non può cambiare. A pensarci bene, non sono d’accordo. Mandorlini è lo stesso che due stagioni fa nel girone di andata diede spettacolo. Era un Verona equilibrato e propositivo allo stesso tempo. Perché non riprovarci? La butto lì, con Cirigliano si potrebbe riproporre quel Verona. L’argentino davanti alla difesa e Jorginho qualche metro più avanti falso trequartista alla Falcao. Romulo e Martinho mezz’ali. E due punte: Toni ovviamente e uno a scelta tra Iturbe, Gomez, Longo e Cacia (sbizzarritevi) in base all’avversario. Mandorlini ricordi due anni fa?
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