Mi viene da scomodare il Barone. “Se la palla ce l’abbiamo noi gli avversari non possono segnare”, era una delle massime di Nils Liedholm per spiegare che, a volte, la miglior difesa è l’attacco. Il calcio cambia, ma la filosofia che lo contiene è immortale.
Guardando giocare il Verona la sensazione è sempre quella: che dia il meglio quando è spavaldo e coraggioso e vada in difficoltà se sparagnino e timido. Poche ciance: siamo nati per offendere e non per difendere. Lo suggerisce la struttura della squadra e lo confermano le cifre dei gol fatti e subiti. Semplificando: la difesa è l’anello debole, il centrocampo e l’attacco sono i punti forti. L’avevo scritto già dopo la vittoria fortunosa con il Sassuolo, se lasciamo campo agli avversari e ce la giochiamo nell’uno contro uno difensivo, rischiamo di prenderle.
La sconfitta di ieri (che ci sta e non ne facciamo un dramma) conferma questa tendenza. Certo, si potrebbe discutere se inserire assieme Maietta e Moras, reduci da lunghi infortuni, sia stato un azzardo. Probabilmente sì, ma se ci fosse stato Marques credo che Maietta (che era fuori da più tempo) avrebbe aspettato un turno. E Gonzales e Bianchetti? Inutile girarci intorno: non hanno convinto (sinora a ragione) Mandorlini. Tuttavia è evidente che la coppia centrale, qualsiasi essa sia, è il tallone d’Achille di questa squadra. E qui torniamo a Liedholm: meglio attaccare e sfruttare la forza e la classe di Jorginho, Romulo, Iturbe, Martinho e Toni, o difendere e subire le incertezze di Moras (il meno peggio), Maietta, Gonzales e compagnia? Forse la prima delle due, perché nonostante avessimo di fronte l’Inter – che comunque, con tutto il rispetto non è la Juve e non è la Roma – in zona d’attacco ci siamo fatti rispettare.
Questa è la nota confortante di una serata storta. Assieme alla bile malcelata di Mandorlini negli spogliatoi, la stessa mostrata in quelli dello Juventus Stadium. La forza del Verona è riassunta nell’inquietudine del suo allenatore, che sa di disporre di una squadra che se la può giocare con (quasi) tutte. Me l’ha confermato Moras al Vighini Show di lunedì: “Il mister crede più di noi giocatori nella nostra forza”.
Nota stonata, l’arbitraggio. Il gol di Toni (sarebbe stato 4-3) era regolare. Branca domenica scorsa ha pianto mezz’ora in diretta tv. Solita Italia. Come diceva spesso Montanelli, che la sapeva lunga su vizi e virtù del Belpaese: “E’ la tecnica consumata del chiagni e fotti“. Tecnica evidentemente che paga ancora.
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