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VERREMO A PATTI CON IL MONDO REALE?

Il Verona è ancora un libro da leggere. Lo sviluppo della trama è un inedito da seguire.

Ci sono alcune certezze: tre-quattro giocatori, come dicevamo, sopra la media della categoria. C’è il solito equivoco (Pazzini) su cui fatico a soffermarmi perché non voglio alimentare un dibattito che non c’è (il Pazzo se sta bene – e sta bene – deve giocare). E due questioni (chiamateli dubbi) che rimangono sospese e che solleviamo dalla scorsa estate: la squadra è bene assortita? E Fabio Grosso, bravo nella tattica e nella didattica, è l’uomo giusto sul piano motivazionale e gestionale? Ha la sufficiente elasticità per vincere un campionato?

Sono ancora troppo poche le partite per giudicare, in un senso o nell’altro. Ma se la vittoria di martedì con lo Spezia ha mostrato un Verona solido sul piano dell’organizzazione, la sconfitta di Salerno svela per ora un deficit di personalità, che poi si traduce anche nella capacità di portarsi a casa punti nelle partite sporche, quelle incerte, poco intelligenti ma molto furbe. A Bari, Grosso ne ha perse molte di queste.

Il Verona  oggi è ancora troppo poco “bastardo”. E’ forse anche un limite del suo allenatore, che deve evitare l’errore tipico dei neofiti rampanti della panchina: pensare che il gioco, la tattica, la teoria siano tutto; credere che si vinca solo in un solo modo; dare per scontato che bastino le proprie convinzioni.

Il calcio ha anche un suo canovaccio imperfetto e inopinato, che bisogna saper leggere di volta in volta e alla svelta. Il vero pericolo è fissarsi nella propria etica e non voler scendere a patti con la realtà.

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