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CREDERCI SEMPRE

Ogni volta che vado a pisciare vicino alla tazza c’é un giornale che qualcuno dei miei figli ha portato dallo stadio. Sulla copertina c’é Rafael proteso in tuffo e il titolo che campeggia dice: Crederci sempre. Ogni volta che vado in bagno leggo distrattamente quel titolo vuoto che mi suona di vana retorica. Crederci sempre… Quante volte in questi anni in cui faccio il giornalista ho letto e sentito queste parole… Crederci sempre… Furono le prime parole che mi disse Giovanni Galli, assieme all’altra parola, altrettanto abusata, che starebbe benissimo anch’essa vicino alla tazza del mio cesso: progetto. Il conte Arvedi aveva un progetto. Un giorno nella sua camera da letto me lo fece vedere. Il progetto. Un foglio due per due per costruire uno stadio in un’area vicino ad una cava, che… gliel’aveva detto l’amico Pavesi, mi pare fosse la Speziala, e di mezzo c’erano pure i preti, forse il vescovo… Povero Piero…
Almeno Pastorello aveva il buongusto di non usare la parola “progetto”. Ma lui fu il primo a dire di “crederci sempre”. In B, dopo la retrocessione, il giorno dopo che vendette anche Frick e Seric.
Poi venne Cannella. Cacciò Ficcadenti e disse che bisognava crederci. Me lo disse anche Ventura, una sera, chiamandomi a casa, quando aveva capito che le speranze di salvezza erano ormai al lumicino. Lui non ci credeva più, eppure noi dovevamo crederci sempre.
E poi Bonato. Altro giro, altro progetto. Anche lui ci impose di crederci. Sempre, naturalmente. E vennero Siciliano, Gibellini e Giannini. E noi sempre che dovevamo crederci.
A ripensarci bene, uno che non mi ha mai chiesto di crederci é quello che alla fine ha ottenuto l’unico risultato in questi anni. Uno, che lo dico per davvero, all’inizio manco mi stava simpatico. Venuto a Verona per caso, forse per riannodare i fili di una carriera che stava per finire. Uno che era stato portato da un broker calabrese e un ds disoccupato. Uno che non mi pareva che fregasse qualcosa di Verona e del Verona. Uno che i miei colleghi di Padova amavano. E siccome penso che a Padova non capiscano nulla di calcio, credevo fosse l’ennesima volta in cui da lí a poco mi avrebbero chiesto di crederci. Invece nulla. Non me lo chiesero. E dopo tanti anni di promesse vuote e inutili atti di fede, andammo in serie B. Contro tutti. Contro tutto. Quell’uomo era Andrea Mandorlini.
Questo lo dico per la storia che non serve a nulla nel calcio. Il calcio é presente e oggi il Verona non mi piace. Il Verona di Novara men che meno. Peró rilevo che ancora una volta Mandorlini non mi ha chiesto di crederci. Ha detto solo: non sono e non sarò mai un problema per il Verona. Almeno ci ha risparmiato della vuota retorica. Posso tirare l’acqua più sollevato.

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