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TIFARE LA MAGLIA (SEMPRE). MA SONO I CAMPIONI CHE CI FANNO INNAMORARE

Prendo spunto dalla discussione che è nata in coda al post precedente. La domanda che qualche tifoso si fa è questa: è giusto tributare un coro a Iturbe alla prima partita con la maglia del Verona senza che abbia fatto niente (se non il proprio dovere che fino a prova contraria è “sputare l’anima per l’Hellas Verona”)? In molti, avete detto di no. Il Verona viene prima di tutto. Si tifa la maglia che rappresenta la nostra città. In linea di principio sono molto d’accordo. E’ un atteggiamento e una linea di condotta che marca fortemente la differenza tra noi e gli altri. Avessimo tifato la categoria, i campioni, le campagne acquisti, di certo non saremmo stati in undicimila in C, in cinquemila a Busto, in ventimila col Portogruaro…

Lasciatemi però dire che certi atteggiamenti di Savonarola nostrani, tutti cilicio e sofferenza non mi piacciono. Il calcio resta un gioco. Splendido coinvolgente, fantastico, totalizzante: ma è un gioco. E questa parte ludica non può essere dimenticata mai. La gioia dopo un gol, nel rispetto dell’avversario, è un toccasana per il pallone, uno sfogo per il calciatore, una festa per i tifosi. Così come ho visto tifosi che si sono buttati a pesce dall’ultimo gradino di una tribuna e sono arrivati in qualche modo al primo dopo un gol della nostra squadra, capisco benissimo alcune esultanze (Cacciatore con la Juve, Malesani con il Chievo) e non ci trovo nulla di male.

Io mi sono innamorato del Verona a dieci, undici anni quando vidi giocare Zigoni. Facile direte voi, Zigo è Zigo, Elkjaer è Elkjaer. Non si può fare di tutta un’erba un fascio. E’ indubbio però che il fascino di un campione su un bambino è eccezionale. E se quel campione, la storia di quel ragazzo, coincide con quella della mia squadra, ecco che la magia è raggiunta. Il Verona è il Verona anche perchè ci hanno giocato Clerici, Zigoni, Luppi, Mascetti, Penzo, Dirceu Briegel, Galderisi (cito a caso…). E questi grandi giocatori hanno fatto la storia del Verona e giustamente a loro tributiamo onori per le emozioni che ci hanno dato e i successi che ci hanno fatto raggiungere. Non ci vedo nulla di male, insomma se un ragazzo di Desenzano viene applaudito dopo aver segnato una tripletta al Bentegodi e dopo aver calciato un rigore col cucchiaio e se domenica il buon Iturbe è diventato il beniamino del Bentegodi per aver tirato una punizione fantastica. E’ quell’entusiasmo popolare che ci ha portato a trionfare in un campionato straordinario di quasi trent’anni fa. Non credo che perdiamo la nostra identità per questo. Non prendiamoci in giro.

In questo senso, dico, non demonizziamo applausi e cori verso chi, adesso, in questo momento lotta per l’Hellas Verona. Non vorrei che a forza di stigmatizzare i comportamenti altrui e predicare la povertà delle emozioni, i Savonarola restassero con un cerino in mano. Lo stesso che portò al rogo frà Girolamo…

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