Avevo 20 anni e forse è per quello che mi pareva tutto bello. Lo stadio, la gente, i giocatori. Ma forse era veramente tutto più bello. E me ne accorgo 30 anni dopo quando vedo Galderisi e sento Elkjaer sul palco. Gli eroi dello scudetto non sono stati eroi per caso.
Lo sono diventati perchè erano uomini eccezionali che hanno fatto un’impresa memorabile. Il 1985 è l’anno che ha segnato la mia gioventù. Eravamo spensierati ma anche impegnati, eravamo dignitosamente poveri e c’erano i dignitosamente ricchi che non erano sfacciatamente ricchi perchè c’era ancora un piccolo senso del pudore nel mostrare la ricchezza.
Non c’erano Iphone e Ipad ma c’erano orologi col pac-man e il Mario Bros del “Florida” che occupava le nostre mattinate lontane dalle aule di latino e greco. E c’era Tricella che abitava vicino al Maffei e quella sera, il 19 maggio 1985, andammo sotto a casa sua a rompergli le balle: “Noi vogliamo Tricella in nazional” e restammo lì finchè lui si affacciò dallo scuro verde della sua casa.
Ci salutò, lo salutammo e felici come bambini che giocano in mezzo alla Nutella andammo in Piazza Bra. E poi a casa. Eravamo campioni d’Italia e quella sera ognuno di noi si appuntò un ricordo per raccontarlo trent’anni più tardi, quando ormai sulla strada dell’anzianità ci siamo resi conto che certe favole vengono vissute una volta sola nella vita.
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