Mandorlini ha incassato la fiducia della squadra e resta al timone del Verona. Si sono schierati a favore della sua riconferma Giovanni Gardini e Luca Toni.
E’ un passaggio fondamentale della stagione gialloblù. Il mister sa e lo ha detto con molta onestà proprio sabato sera, di non avere alibi. Raramente si è visto a Verona un tecnico così supportato dalla società e anche dalla squadra. Il refrain preferito di questi mesi è che il gruppo è unito, compatto, solido. Bastassero le parole, l’Hellas sarebbe come minimo in Champions League. Peccato che davanti a tanti buoni propositi, in campo si veda una squadra sbrindellata, senza capo nè coda, incapace di esprimere un gioco compiuto, senza identità e quel che è peggio colpevole di una serie di errori in fotocopia da far drizzare i capelli. C’è qualcosa che non torna in maniera evidente.
La scorsa settimana si è appreso di una cena che doveva rinsaldare l’ambiente e caricarlo in vista della sfida decisiva con il Bologna. Visti i risultati qualcosa deve essere stato indigesto. Ma forse il problema del Verona non è l’andare a cena tutti assieme (bello, bellissimo, inutile però), ma allenarsi. Di più e meglio. E qui deve essere tirato in ballo Mandorlini, ovviamente, ma anche la stessa squadra. Spesso abbiamo parlato dell’agio in cui si lavora a Peschiera, dove il furore agonistico lascia spesso spazio alla soave tranquillità di un tran tran quotidiano che evidentemente non è sufficiente per abbandonare il triste ultimo posto in classifica.
Bene, ora non si scherza più. Se si vuole uscire da questa situazione, visto che non si è scelta la via del cambio d’allenatore, la scossa deve essere il lavoro. C’è una sosta salutare, mi auguro di vedere il Verona sostenere in queste due settimane molte doppie sedute (magari a porte aperte…), spero di vederlo lavorare di domenica mattina e anche al pomeriggio. Meno cene, più allenamenti e più responsabilità anche da parte della squadra che fino ad oggi ha vissuto in un ovattato ambiente. Forse troppo.
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