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IL VERONA DI PORCELLANA

Era bellissimo. La finissima e preziosa porcellana denotava l’abilità dell’artigiano che l’aveva costruito. Ed era stato dipinto altrettanto bene da un’altro abile artigiano che lo aveva arricchito con deliziosi disegni di oro zecchino. Esposto ogni settimana aveva presto attirato l’attenzione e ricevuto numerosi attestati. Fino al giorno in cui incautamente issato su un piedistallo più alto degli altri qualcuno lo spinse. Un tonfo pesante. Cadde sul tappetto, un piccolo pezzo scheggiò via, lasciandone comunque intatta la forma. Ma data l’altezza da cui era caduto continuò a rotolare sbattendo poi sul pavimento. E stavolta andò in frantumi. Dimostrando una fragilità che nessuno immaginava…

Dopo la gara con lo Spezia, il Verona era la squadra più bella e ammirata del campionato. Si era issata in vetta, era ammirata da tutti. Complimenti e applausi si sprecavano alla pari dei paragoni. “E’ la Juve della B”, “Non ha rivali”. Poi venne la gara con il Novara, un primo scrollone. E ora questa sconfitta con il Cittadella, brutta, pesante che ha mandato in frantumi tutto.

Nove gol in due partite ci hanno detto che si deve ripartire da zero. E tutte le certezze che ci eravamo costruiti in tanti mesi di lavoro ora sono là per terra. In frantumi. Il Verona è fragile, come un vaso di porcellana. Incapace di reagire ad un’avversità, inghiottito dentro un incubo. La partita di Nicolas ne è un riflesso. Incredibile che un portiere professionista possa finire dentro un simile pasticcio, sciolto come la neve di marzo. Sul tappeto restano ora gli interrogativi. Dov’è la verità, ci siamo sbagliati prima o è questa la vera faccia del Verona? Cosa è successo tra Novara e Cittadella? E quel famoso gruppo che pareva essere la vera distonia con la sciagurata stagione passata che fine ha fatto?

Dirò il mio pensiero: dopo Spezia è partita a livello inconscio una sbornia che ha allentato l’attenzione e forse la concentrazione. Fantasmi del passato sono riaffiorati. Episodi avversi hanno fatto il resto. Per Pecchia un dilemma. Questa squadra deve andare sempre a mille all’ora senza mezze misure. Quando abbassa il ritmo è esposta a figuracce. Il tecnico deve trovare una quadra, qualche accorgimento che permetta di affrontare indenne qualche scadimento di forma che è naturale in una corsa fatta di 42 partite. Accorgimento non significa cambiare modo di pensare o fare un calcio sparagnino. Vuol dire essere meno fessi.

Fusco, che ama Pecchia ed è amico di Zeman, mi diceva qualche settimana fa: “Zeman poteva essere ancora più grande se avesse appena appena cambiato modo di pensare. Il suo male sono stati gli zemaniani”. Direi che è sufficiente per trovare le adeguate contromisure a questo momentaccio.

 

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