Nella settimana in cui un giocatore esce dal terreno di gioco perché esacerbato dagli insulti, lo stesso giocatore che nel 2014 vestiva la maglia del Milan e che grazie anche alla sua testimonianza contribuì a far togliere un’analoga quanto scandalosa decisione di chiusura della curva Sud, il giudice sportivo condanna l’Hellas a giocare la gara più importante del campionato senza la propria tifoseria più calda.
Un timing perfetto che fa seguito alle “strane” sensazioni che ormai accompagnano l’ambiente gialloblù da qualche mese.
Come una sorta di assurda compensazione per il paracadute finanziario ricevuto dalla società, il Verona viene penalizzato praticamente ogni domenica attraverso decisioni arbitrali che lasciano sempre più perplessi e che ora arrivano persino a toccare la squadra nel suo cuore pulsante, la tifoseria, spesso dodicesimo uomo in campo.
Siamo perfettamente abituati alla giustizia ad orologeria di questi signori. Sappiamo perfettamente che le loro orecchie dentro uno stadio da oltre ventimila spettattori riescono a captare ogni piccolo gemito, tramutandolo poi in pena esemplare e nella vetusta etichetta di città razzista.
Toccherà alla società smontare ancora una volta tramite i filmati queste accuse, ma stasera quella strana sensazione sta diventando una vomitevole certezza: dopo l’espulsione e la squalifica a Pazzini, i rigori non dati, i cartellini mirati, i tempi di recupero che confermano che Einstein aveva ragione nella teoria della relatività, questo è un campionato ad handicap. Per vincerlo bisognerà essere più forti di loro, più forti di tutti, di tutto.
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