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QUELLO CHE LA CITTA’ CHIEDE A SETTI

Caro presidente c’è stato un momento di questo campionato in cui s’è capito che il Verona per lei adesso è qualcosa in più di un semplice business. Il momento esatto in cui c’è stato il fischio finale nel derby contro il Vicenza e lei s’è abbracciato con Luca Toni, liberando finalmente quei sentimenti che qualcuno, (sospetto chi…), le ha detto di reprimere. Un volta lei mi disse che non è una sciarpa a fare un presidente. Vero, verissimo. Ma mi creda è anche quello. Un gesto, spontaneo come il suo urlo liberatorio ha fatto più di tremila uomini del marketing.

La sua evoluzione a Verona è stata piuttosto un’involuzione (e non sia detto con tono spregiativo, anzi). Dovuta a processi che solo lei conosce e che da parte mia posso solo immaginare. Lei si era presentato ritenendo Verona una piazza da sprovincializzare e il Verona un marchio da internazionalizzare. S’è accorto ultimamente, invece, che il bello di Verona è proprio il fatto di essere una squadra che rappresenta una città, un popolo, una bandiera e una maglia. Nei momenti di difficoltà lei ha chiesto aiuto ai tifosi, ha addirittura scritto o fatto scrivere in un paio di comunicati, quel “soli contro tutti” che fu il manifesto di una curva illuminata nell’anno dello scudetto quando s’avvertiva che il Palazzo remava contro il Verona di Bagnoli.

Ora che è tornato in serie A e apparentemente con molti meno soldi o finanziamenti rispetto a quando lei arrivò qui, c’è una strada da prendere. E non è quella del brand da portare in giro per il mondo, ma semmai l’esatto contrario. Visto che soldi non ce ne saranno moltissimi, se non quelli che arriveranno proprio grazie alla gente che continua a sostenere il Verona, lei ha il dovere di avvicinare il Verona a questa gente.

La prima cosa che farei al suo posto sarebbe un restyling completo di maglie e magliette. La questione non è banale. Da quattro anni, il Verona non ha più i colori originali. Non c’è niente da fare e se il primo e il secondo anno concedemmo alla Nike e a lei il beneficio del dubbio, questo dubbio s’è tramutato successivamente in una presa per i fondelli che non è più tollerabile. Le magliette sono brutte, poco curate, sono maglie omologate e da catalogo a cui si attacca una banale personalizzazione. E soprattutto non hanno il colore del gonfalone di Verona che è il riferimento per il nostro gialloblù, come ci insegnava un grande storico come Adriano Paganella (e le assicuro che se fosse in vita questo grande giornalista l’avrebbe “rivoltata” come un calzino per quegli scempi…).

Se la Nike non è in grado di assicurarle questo semplice cambiamento, smettiamola con la Nike. Tanto non è che le magliette del Verona le abbiamo trovate nei Nike Store in giro per il mondo. Il business mi sembra solo locale e siccome le magliette fanno generalmente schifo, le posso assicurare che se, appena appena, avessimo qualcosa di decente le vendite si moltiplicherebbero. Affidiamoci a qualche piccola azienda che sia molto più vicina al Verona e a alla sua gente.

La seconda cosa da fare assolutamente è il centro sportivo. Schettino Gardini, prima di abbandonarla per rendere grande l’Inter, aveva sbandierato ai quattro venti che il progetto era cosa fatta, ma non s’è n’è più saputo nulla. Anzi: da quello che abbiamo appreso, a Palazzo Barbieri sono piuttosto indispettiti dalla piega che ha preso la questione. Che fine ha fatto il progetto? Perché non se n’è più parlato? Se è stata la serie B a fermare tutto… beh dico che anche il Frosinone è finito in B, ma il progetto del nuovo stadio è andato avanti lo stesso. Solo attraverso un centro sportivo di proprietà dell’Hellas, lei potrà affrontare da presidente le sfide che l’attendono. Inutile parlare di progetto giovani o di altro se la società non è in grado di dotarsi di un proprio centro che sia il volano di tutta l’attività.

La terza cosa da fare è avvicinare imprenditori veronesi. Facile? Difficile? Non lo so: ma di certo lei non c’ha mai provato. Probabilmente non ne aveva bisogno perchè altrimenti si sarebbe comportato in maniera diversa. Io le posso dire che il Verona è una società amata, molto amata e ci sono una sacco di imprenditori che vorrebbero darle una mano. Si studi, per un attimo, quanto sta facendo la Bluvolley Verona, nella pallavolo e mi dica perchè non si riesce a costruire qualcosa di simile anche nel calcio.

Infine: in questi anni il Verona ha avuto diversi tipi di gestione. Io non giudico le persone, ma i fatti. Di certo quando nella sua società tutti avevano un ruolo e tutti lo rispettavano si sono avuti fantastici risultati. Direttore sportivo, direttore generale, addetto stampa, segretario e infine allenatore. Per due anni tutto è filato liscio: poi al terzo anno una di queste componenti ha avuto il sopravvento e il Verona ha conosciuto una stagione da incubo. C’è stato il suo avvallo in questo e ruoli non chiari.

Ora mi pare sia tornata la coerenza e la chiarezza, ma sarà necessario che un grande personaggio come Luca Toni trovi un suo ruolo preciso. E’ una questione spinosa, lo so, e non vorrei che qualcuno lo scambiasse per un attacco personale. Luca Toni, per me, e lo dico a scanso di equivoci, rappresenta una persona squisita, un ragazzo intelligente e buono, un giocatore che mi ha fatto esultare come tifoso come ai tempi dello scudetto. Ma Luca Toni merita e lo merita anche il Verona, un ruolo preciso che non crei mai confusione e che ci dia la possibilità a noi ma soprattutto a lei di giudicarlo per quello che fa. Alla vigilia di una stagione in cui servirà compattezza e incredibile forza societaria ogni piccolo cedimento può diventare un’insopportabile crepa le cui conseguenze si ripercuoteranno, come sempre accade nel calcio, sulla squadra.

In bocca al lupo, presidente, lo dico sinceramente perché sogno il mio Verona in A per dieci anni filati, l’unica grande richiesta che credo le faccia questa città sempre più follemente innamorata di quella squadra che lei ha l’onore di dirigere.

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