Fa un po’ sorridere che i milanisti ora piangano sul latte versato. Cioè su Gigio Donnarumma che se ne va. Fa ridere perchè nessuno più del Milan e di Berlusconi hanno creato questo calcio. Lo chiamano calcio moderno, cioè il calcio dello show business dove un attaccante si sposa sotto gli ombrellini bianchi per non farsi vedere dai fotografi (pare che si sia lo zampino della signora Pazzini dietro la trovata…). Raiola per anni ha fatto affari con il geometra Galliani e finchè portava Ibrahimovic era un santo. Oggi è il male del calcio. Cioè dello stesso calcio s-venduto alle televisioni a pagamento che ha svuotato gli stadi. Le bandiere non esistono più, s’è detto per anni. E’ lo show business, bellezza.
A Verona lo sappiamo da tempo. Passati i tempi di Zigo e Elkjaer, ma anche di Chiampan che non volle vendere Di Gennaro al Milan, le bandiere le abbiamo ammainate. I giocatori fanno i loro interessi, è legittimo, dovrebbero solamente evitare di baciare maglie o fare proclami di amore eterno. E i tifosi (così come i giornalisti, il sottoscritto in primis…) dovrebbero imparare a farsi prendere un po’ meno in giro.
Se non esistono più i giocatori-bandiera, dunque, cos’è una squadra di calcio? Un circo ambulante che allestisce uno spettacolo quindicinale in una città o c’è ancora un trasporto romantico, un’Idea che va al di là del puro show? Io credo che la squadra sia l’espressione di una comunità. E che come tale vada tutelata e rispettata. Niente e nessuno come noi veronesi, conosce il valore della nostra squadra dove si esprime il nostro essere, dove tutti i tifosi sono uguali, dove si azzerano le differenze di classe e di reddito. Un grande gioco popolare che poi non è solo un gioco. I calciatori sono professionisti che, pagati, devono, nel periodo in cui giocano per il Verona, mettere in campo tutta la loro professionalità. Mentre la società è quella che maggiormente deve “tutelare” l’identità dei suoi tifosi.
A iniziare dal simbolo per antonomasia: la maglietta, la divisa, o se volete il “jersey” come addetti al marketing inglesizzati da un corso al Cepu, le chiamano. Nulla dovrebbe essere più tutelato, amato, custodito, curato di quel simbolo. Che invece, purtroppo negli ultimi anni ha subito da questo punto di vista una vera e propria “profanazione” fino a mutare il colore autentico del gonfalone in un arancione-nero che ha tramutato i nostri calciatori “non bandiera” in carnevalesche api. Ecco: le bandiere non esistono più, ma le maglie sì. Salviamo almeno quelle…
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