Un giorno Cesare Prandelli mi spiegò il segreto del suo Verona: “Sapevamo interpretare perfettamente lo spirito dello stadio e dei suoi tifosi. E’ importantissimo per un allenatore sapere che tipo di gioco piace ad una città. Io ho cercato di farlo. Verona ama il calcio inglese, niente fronzoli, tanto agonismo. Gioco verticale, ripartenze veloci. Se giochi così lo stadio si infiamma. A Firenze amavano più il bello, il lato estetico. E così adeguai la squadra. A Venezia non ho mai capito che cosa amassero….”.
Tricella, intervenuto martedì al Gialloblù Live ha aggiunto: “Il Verona dello scudetto era essenziale e cinico. Un’alchimia perfetta. Giocavamo in profondità. Pochi fronzoli, tanta praticità. E facevamo male. Il Verona post scudetto, per caratteristiche dei giocatori, era il contrario, tenevamo più la palla, gli altri segnavano”.
Ripenso ai più bei Verona degli ultimi anni. Di Bagnoli abbiamo detto e scritto tutto. Poi c’è stato quello di Prandelli, appunto, 4-4-2 classico che virava al 4-2-4 quando salivano Brocchi e Melis. Poi il Verona di Ficcadenti, anche quello molto verticale, con esterni come Dossena e Cassani che raddoppiavano le fasce, e interni come Behrami devastanti negli inserimenti. E poi ovviamente il primo Verona di Mandorlini in serie A. Iturbe e Romulo in stato di grazia anche perchè inseriti perfettamente nello scacchiere. E Toni davastante. Un Verona che accendeva gli animi del Bentegodi con veloci contropiedi, capace di fare male, capace anche di soffrire con quella famosa linea a sei difensori nella quale risaliva il soldatino Gomez, imprescindibile per Mandorlini.
E il Verona di Pecchia? Non ha mai scaldato. Al di là dei risultati credo sia proprio il modo di interpretare il calcio che non piace al Bentegodi. Pochissime verticalizzazioni e il possesso palla che non si sposa con la praticità e la concretezza del popolo gialloblù. E’ una filosofia che non si adegua con il nostro vissuto e con la nostra idea di calcio che ama l’Inghilterra e i giocatori fisici.
Ne consegue una freddezza della piazza che raramente si è scaldata davanti alle partite del Verona. L’unica eccezione, guarda caso, il derby con il Vicenza della scorsa stagione in cui era saltata ogni logica e il Verona aveva abbandonato l’idea del calcio orizzontale. Forse non è una questione di simpatia ma propria di filosofia di calcio. E quella di Pecchia non è quella che vuole Verona.
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