C’è una frase che in casa del Verona viene usata spesso: la ricerca dell’equilibrio. Sembra un totem da adorare e portare in processione. Ma se poi, si va a vedere bene dentro le prestazioni dell’Hellas, si scopre che la squadra di Mandorlini è tutto meno che equilibrata. Anzi: è esattamente l’opposto di una squadra equilibrata. Dentro una partita ce ne sono sempre almeno due.
Si passa da un eccesso di prudenza ad un eccesso di spregiudicatezza. E questo non è equilibrio. E’ lo stesso Verona che ci fa sorgere i dubbi, non il contrario. E’ logico che oggi ci chiediamo se si poteva vincere al Meazza (ottimo punto, per carità). Giochi da dio per dieci minuti, crei due palle gol, poi segni e a quel punto, improvvisamente cali, arretri, non aggredisci più, non hai l’istinto del killer.
Perché? Eccesso di prudenza. Risultato: l’Inter si mette a giocare, cresce nella stima, trova il gol e riemerge da quello che poteva essere la sua morte per asfissia. Poi, improvvisamente ritorni a giocare e gli ultimi cinque minuti li passi in avanti, crei altre palle gol, fai capire a tutti (ecco i dubbi…) che se li attacchi puoi vincere. Poi ricominci e torni indietro.
Perché? Eccesso di prudenza. Così l’Inter segna e a quel punto tu di nuovo cambi pelle, ti ributti in avanti, trovi il rigore colpisci una traversa, crei altre due nitide palle gol. Perché? Perché non l’hai fatto prima? Dov’è l’equilibrio in tutto questo?
L’equilibrio non è difendere a sei, a cinque, a quattro. E’ dentro la testa. E’ giocare sempre a ritmi alti, pressare, tenere corto il campo e relativamente alta la linea difensiva.
Non mi interessa nemmeno parlare di Savoia e Nico Lopez. E’ un dibattito sterile, si può star qui a discutere all’infinito se era meglio prima, dopo o durante. Può essere, può esser tutto, non abbiamo nessuna controprova e non l’avremo mai.
Ma sicuramente dopo Milano, credo che la questione posta da qualcuno se questa squadra sia nettamente più debole di quella della scorso anno si sia risolta. E’ una squadra diversa. Non più debole.
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