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TRE PARTITE, TRE VITTORIE, TRE VERONA DIVERSI

Con l’Avellino il Verona ha vinto di strapotenza, con un po’ di rabbia, con tanta qualità. Con la Spal ha vinto fumando una sigaretta. Con il Frosinone ha vinto randellando.

Dopo la sconfitta con il Benevento (che la lezione sia servita…) Pecchia ha buttato via l’acqua sporca e tenuto il bambino. Un’operazione facile a dirsi, difficile a farsi. Le critiche piroclastiche successive a quella gara erano evidentemente eccessive (siamo da Lega Pro, Pecchia l’è strasso, la difesa da mandare a casa, Pazzini finito, eccetera), in realtà quella sconfitta era figlia di un’espulsione, di qualche gol sbagliato, di poca concretezza in generale. Ma non si può negare che il Verona avesse tentato di giocarsela in dieci contro undici, mettendo anche in difficoltà una squadra che poi, s’è visto, è andata a prendere a pallate il Bari, diventando una delle realtà del campionato.

Dunque, metabolizzata la sconfitta nel migliore dei modi, Pecchia ha messo a frutto la lezione, presentando tre Verona, capaci di vincere ma in tre modi diversi.

Soprattutto contro il Frosinone che era il test più difficile, il Verona ha fatto capire di non essere solo una squadra bella da vedere, che si specchia nella sua capacità tecnica. Stavolta la squadra di Pecchia ha smesso i panni della reginetta del ballo ed è diventata una monellaccia che a schiaffoni ha replicato a schiaffoni, senza dimenticarsi però la sua bellezza di fondo. Quindi una squadra che sa anche vincere in sofferenza, molto pratica, che non disdegna di calarsi nella categoria fino in fondo, senza snaturarsi.

Un grande lavoro partito da Fusco, passato da Pecchia, sicuramente recepito da un gruppo che pare rinato sulle macerie di una pessima stagione e di pessimi dirigenti. Sarà dura, ma siamo sulla strada buona.

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