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FUSCO IN VAL PADANA

Il Verona è figlio di Filippo Fusco. Grazie a questo ds colto e visionario possiamo oggi assistere all’inizio di un nuovo ciclo. Fusco è un aristocratico. Avvocato e appassionato di calcio, ha una sensibilità e un’etica che oggi come oggi sembra perduta nel calcio. Non gli interessano i soldi. Arriva da una famiglia ricca, evidentemente il denaro è un mezzo. Viaggia con uno zainetto smart, prende il treno. Parla sommessamente, non urla mai. Al telefono devi alzare il volume per seguirlo.

I suoi concetti sono sempre raffinati. Apparentemente è un diplomatico. In realtà è un decisionista. Pugno di ferro in guanto di velluto. Pensa che la cosa più bella del calcio sia la gente, il pubblico, gli spettatori. E’ fermamente convinto dell’azione sociale che ha il calcio sulle masse. Come missione si è imposto di divertire la gente. Questo, dice, deve fare il pallone. La vera magia sta sugli spalti. Il campo deve servire a stimolare questo divertimento. Ecco perchè ha voluto Pecchia. E’ amico di Zeman, che considera la più grande incompiuta del calcio. Un genio che ha estremizzato il concetto, restando vittima dell’ideologia che ha creato. Gli zemaniani, spiega Fusco, sono stati i nemici principali di Zeman. Per lui Pecchia è destinato a fare grandissime cose. Lo accompagna con intelligenza, tra loro c’è un confronto che si può immaginare di altissimo livello. Pecchia ha appena iniziato la carriera, ha il furore del neofita dentro, l’intelligenza del grande allenatore, una sensibilità spiccata. Fusco si interfaccia con lui, insieme ragionano calcio, analizzano dati e partite. Fusco sa che cosa piace a Pecchia e Pecchia sa cosa piace al suo ds. Vogliono lo spettacolo. Vogliono divertire.

Il progetto di Fusco è appena all’inizio. Ha lavorato su macerie gestionali e tecniche ha preso precise strade. Mi colpì quando prese la parola con Setti e si assunse in prima persona la responsabilità. Ponzio Pilato Bigon è lontano. Fusco ci ha restituito una dimensione ludica e filosofica che da anni non si vedeva. Ha un’idea, la persegue, sa che questa è un’occasione unica anche per lui, finalmente per poter emergere. Spero e lo dico oggi, 30 ottobre 2016, che venga lasciato lavorare. Spero che non ci sia nessun tecnocrate che rovini il suo lavoro. O qualche procuratore avido che voglia mettere le mani sul Verona. Spero, infine, che il presidente Setti, bravo nell’aver restituito il Verona in mani capaci dopo le sciagurate scelte della scorsa stagione, abbia imparato la lezione.

 

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