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GLI ULTRAS DEL GENOA E LA LEZIONE DI TIFO DEI VERONESI

Lo sport, per definizione è due cose: rispetto delle regole (c’è una “battaglia” ma questa avviene dentro un recinto fatto di regole e di fair play cavalleresco) e accettazione della sconfitta. Se non accetti la sconfitta non è sport. E’ altra cosa. Non si sa cosa, ma non è sport. Ciò che è avvenuto ieri a Genova è esattamente il contrario dello sport. Gli ultras che bloccano una partita perché la loro squadra sta perdendo e che impongono l’umiliazione della restituzione delle magliette escono dal recinto sportivo ed entrano in altri ambiti, anche sociologici (stiamo portando dentro gli stadi il malessere sociale? E’ una contrapposizione con le forze dell’ordine?).

Oggi il direttore della Gazzetta dello Sport Andrea Monti, finendo il suo articolo, dice: “… Ieri in Inghilterra, che fu patria degli hooligan, il glorioso Wolverhampton è retrocesso. I tifosi hanno salutato la squadra con le lacrime agli occhi, sventolando sciarpe arancioni e nere. I colori della loro fede. Ci hanno ricordato che il calcio è gioia nella vittoria e passione nella sconfitta. A quando anche da noi?”.

Giusto, giustissimo, tranne la domanda finale. Se qualche volta si fosse guardato a Verona al di fuori dei soliti stereotipi (beceri, razzisti, cattivi) ci si sarebbe accorti che l’Hellas Verona è retrocesso in serie C tra gli applausi commossi dei propri sostenitori. Venticinquemila persone che sbandieravano i loro vessilli e che diedero a tutta l’Italia una vera lezione di tifo e di accettazione della sconfitta. Ma questo purtroppo non fa notizia. Almeno a Verona.

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