CESSIONE DEL VERONA E IL FUTURO DI SETTI

Ne ho viste così tante che voi umani non osate immaginare. C’era una volta un truffatore che voleva acquistare il Verona e smerciava salsa di pomodoro scaduta. C’erano una volta i fratelli Carino. Poi un finto cardinale che doveva fare da mediatore. E colleghi che scrivevano di Berlusconi, Galan, Forza Italia e cordate misteriose. Persino soldi falsi. Un teatro dell’assurdo che mai si potrebbe immaginare e forse solo un replicante potrebbe raccontare.

Lungi da me, quindi, alimentare voci sulla cessione del Verona. In questo campo tutto vale il contrario di tutto, tutti smentiscono e poi ammettono fino a quando l’affare non è concluso. C’è un sacco di gente che cerca un quarto d’ora di celebrità ma anche gente seria che analizza i conti e vede i bilanci al di là delle cifre. Solitamente queste trattative non avvengono sui giornali. Ma la carta con cui una cordata americana voleva acquistare il Verona con la richiesta di Setti è ancora in mio possesso, nonostante le smentite della società.

Leggo gli articoli di un collega di Repubblica che mi pare molto ben informato sulla cessione del Genoa ad un finanziere di nome Giulio Gallazzi e vedo spuntare il nome del Verona. So per esperienza che se spunta un nome non è mai a caso. Qualcuno lo deve aver fatto a quel giornalista. Non so se Gallazzi o qualcuno di quella cordata, probabilmente la finalità è diversa da quella che immaginiamo noi a Verona. Probabilmente Gallazzi vuol far capire a Preziosi che il Genoa non è la sola opzione e che altre società possono essere acquistate anche a prezzo inferiore.

Ma perchè proprio il Verona? Ecco è lì che mi insospettisco. Non l’Atalanta di Percassi, non il Chievo di Campedelli ma il Verona di Setti. Che già, dalle parole di Fusco di quest’estate, pure noi abbiamo messo sul mercato. L’operazione di maquillage sui conti del resto è cosa più che evidente. Come il fatto, ammesso dallo stesso Fusco, che da due anni Setti non mette un euro nel Verona che vive, dunque, solo dei proventi che lui stesso (il Verona) genera.

E poi ci sono le voci insistenti di una cordata cittadina di cui è informato anche Palazzo Barbieri. Cordata che avrebbe approcciato Setti chiedendo una valutazione con risposta secca: 35 milioni di euro. Una cifra molto simile a quella che Repubblica riferisce essere stata chiesta a Gallazzi. Strano. Esiste questa cordata veronese? Qualche connotato lo conosciamo, ma i suoi interlocutori per ora se ne stanno al coperto. Credo sia un sintomo di serietà per il fatto che nessuno cerchi notorietà facile da un’operazione simile. Vale 35 milioni di euro il Verona attuale? Ecco su questo possiamo stare qui a discutere in eterno e mi pare sia giusto che sia Setti a fare il prezzo. Non ci sono pregiudiziali nei suoi confronti. Solo l’obbligo di fare un Verona vincente e più vicino alla città e ai tifosi. Un mandato che per quanto riguarda questa stagione è clamorosamente fallimentare. Almeno fino ad oggi. Il mercato di gennaio e le prossime mosse (in base ai risultati) ci diranno se il futuro di Setti a Verona sarà lungo o breve.

 

PECCHIA E QUEL GIOCO CHE A VERONA NON PIACE

Un giorno Cesare Prandelli mi spiegò il segreto del suo Verona: “Sapevamo interpretare perfettamente lo spirito dello stadio e dei suoi  tifosi. E’ importantissimo per un allenatore sapere che tipo di gioco piace ad una città. Io ho cercato di farlo. Verona ama il calcio inglese, niente fronzoli, tanto agonismo. Gioco verticale, ripartenze veloci. Se giochi così lo stadio si infiamma. A Firenze amavano più il bello, il lato estetico. E così adeguai la squadra. A Venezia non ho mai capito che cosa amassero….”.

Tricella, intervenuto martedì al Gialloblù Live ha aggiunto: “Il Verona dello scudetto era essenziale e cinico. Un’alchimia perfetta. Giocavamo in profondità. Pochi fronzoli, tanta praticità. E facevamo male. Il Verona post scudetto, per caratteristiche dei giocatori, era il contrario, tenevamo più la palla, gli altri segnavano”.

Ripenso ai più bei Verona degli ultimi anni. Di Bagnoli abbiamo detto e scritto tutto. Poi c’è stato quello di Prandelli, appunto, 4-4-2 classico che virava al 4-2-4 quando salivano Brocchi e Melis. Poi il Verona di Ficcadenti, anche quello molto verticale, con esterni come Dossena e Cassani che raddoppiavano le fasce, e interni come Behrami devastanti negli inserimenti. E poi ovviamente il primo Verona di Mandorlini in serie A. Iturbe e Romulo in stato di grazia anche perchè inseriti perfettamente nello scacchiere. E Toni davastante. Un Verona che accendeva gli animi del Bentegodi con veloci contropiedi, capace di fare male, capace anche di soffrire con quella famosa linea a sei difensori nella quale risaliva il soldatino Gomez, imprescindibile per Mandorlini.

E il Verona di Pecchia? Non ha mai scaldato. Al di là dei risultati credo sia proprio il modo di interpretare il calcio che non piace al Bentegodi. Pochissime verticalizzazioni e il possesso palla che non si sposa con la praticità e la concretezza del popolo gialloblù. E’ una filosofia che non si adegua con il nostro vissuto e con la nostra idea di calcio che ama l’Inghilterra e i giocatori fisici.

Ne consegue una freddezza della piazza che raramente si è scaldata davanti alle partite del Verona. L’unica eccezione, guarda caso, il derby con il Vicenza della scorsa stagione in cui era saltata ogni logica e il Verona aveva abbandonato l’idea del calcio orizzontale. Forse non è una questione di simpatia ma propria di filosofia di calcio. E quella di Pecchia non è quella che vuole Verona.

LE RESPONSABILITA’

Negli Stati Uniti il presidente nei momenti più duri come ad esempio una guerra, diventa “il comandante in capo”.

E’ un’assunzione totale di responsabilità in cui il presidente eletto rappresenta tutta la nazione e ogni componente di quella, comprese le forze armate, rispondono a lui.

In un’azienda, il titolare, cioè colui che detiene la proprietà, è sempre un “comandante in capo”. Le scelte e l’indirizzo dell’azienda dipendono dalle sue decisioni. Sta alla sua bravura, alla sua sensibilità, al suo fiuto “delegare” alle persone giuste, fette della propria responsabilità. Ma la decisione, finale, spetta sempre a lui.

Per questo la settimana scorsa contestavo lo striscione “Pecchia Vattene”. Pecchia è un falso problema, il problema vero, l’unico nodo che oggi si deve affrontare, è relativo alla società. C’è un upper level, un livello superiore, ed è quello della proprietà del Verona, che deve essere affrontato. E’ Setti che ci deve dire se è contento di questo Verona, se siamo in linea con le aspettative e soprattutto con gli investimenti, e quindi se si va avanti con Pecchia. La questione è molto semplice e la ripeto da tempo: o si pensa che questa squadra sia molto più forte di così ed allora Pecchia deve essere cacciato subito, oppure, molto più semplicemente si prende atto che il Verona è stato costruito al risparmio e quindi si rafforza Pecchia. La società deve assolutamente prendere una di queste due decisioni. Dicendo che Pecchia non è il problema (cit. Fusco a fine gara), mi pare chiaro che la seconda opzione sia quella che la società ha sposato. Pecchia allena semplicemente una squadra inadeguata, con un organico all’osso, con troppe scommesse. E quindi resta al suo posto. Lo doveva dire Setti, però e non Fusco.

Ora dirò cosa penso della gara di Cagliari. A parte la considerazione tattica e tecnica, la squadra è molle, senza anima. Giocare una partita del genere quando persino il fato si mette dalla tua parte (gol in apertura, rigore sbagliato) è un gravissimo allarme. Non riesco veramente a capire come si possa essere ottimisti in questo contesto e come si possa girare la frittata dopo aver perso una gara chiave. Si dirà: il campionato è lungo, tempo di rimediare ce n’è. Si ma sono passate dodici partite in cui si è vinto solo con il Benevento (e a fatica) ed è troppo poco. Qualche barlume s’è visto con Chievo, Atalanta e Inter, ma Cagliari ci rituffa nel baratro. E resta lo zero in classifica dopo queste quattro sconfitte. Per ora il Verona non è adeguato alla serie A, ma non ha neppure le armi per lottare con umiltà. Setti, dopo averci detto che la società spende più di quanto incassa (Perchè? magari andava chiesto…), deve dirci adesso il suo pensiero. Prima di diventare il primo presidente fantasma dell’Hellas Verona.

SBAGLIATO LO STRISCIONE CONTRO PECCHIA

Non mi è piaciuto lo striscione contro Pecchia. E’ sbagliato nella sostanza e nasconde il problema. L’allenatore è un’emanazione della società e addossare a lui tutte le colpe vuol dire assolvere Setti. Ed è sbagliato perchè arriva dopo un’ottima prestazione, la migliore di tutto l’anno. Se lo striscione voleva indebolire l’allenatore, in realtà lo ha molto rafforzato. Pecchia ha responsabilità? Moltissime. Compreso il fatto di aver trovato una quadratura alla giornata undici dopo aver fatto una girandola che neanche al Luna Park si vede.

Ma cosa ha fatto la società per metterlo nelle migliori condizioni? Pochissimo. Gli ha dato giocatori mezzi rotti e molti sono arrivati in ritardo. Il resto sono giovani scommesse che Pecchia cerca di far crescere. Ovvio che Pecchia è complice di questa situazione, accettando tutto di buon grado. Ma c’è qualcuno più in alto di lui che lo vuole e che ha costruito una squadra al risparmio. La colpa non è di Pecchia ma della società. Quindi lo striscione è fuorviante.

Detto ciò, Pazzini non può essere diventato un problema. Kean non è ancora pronto per giocare contro Miranda e Skriniar ed è inutile che Pecchia si indispettisca quando qualcuno glielo chiede. Pazzini è il più grosso equivoco che c’è in questa squadra, un equivoco che nè Pecchia nè Fusco hanno voluto, ma che hanno gestito malissimo. Pazzini se ne andrà a gennaio, è quasi certo e da un verso è anche auspicabile, visto che è il giocatore che prende di più ma l’allenatore lo tratta come se fosse Kumbulla, con tutto il rispetto per Kumbulla. Io penso che se hai Pazzini, Pazzini lo devi far giocare. Non c’è verso, non se ne esce da questo loop.

Il Verona mi è piaciuto molto. Ora è una squadra che ha un senso, con il Pazzo lo avrebbe avuto ancora di più, i risultati arriveranno, giocando così non possono non arrivare. Non si può vedere però una squadra che continua prendere gol su calcio piazzato. Il Verona si allena un’ora e mezza al giorno di mattina. Un solo allenamento al giorno. E’ un’eresia pensare di fare un doppio allenamento per dedicarlo ai calci piazzati?

SCONFORTANTE SEGNALE DI IMPOTENZA

Cosa puoi dire, scrivere, commentare se dopo una gara del genere torni a casa con un 3-0? Colpa di Pecchia? Si può darsi, può darsi che sia tutta colpa dell’allenatore, ma io continuo a guardare la luna e non quel maledetto dito. Pecchia ha responsabilità per aver avallato sempre e comunque tutte le scelte rischiose ed estreme della società, per aver accettato di giocare in serie A con un manipolo di scommesse e talvolta, non sempre in verità, per aver complicato il loro cammino.

Ma a Bergamo il Verona (di Pecchia) ha costruito quattro palle gol e non è colpa del tecnico se là davanti gioca un ragazzino di 17 anni. Non è colpa neanche del ragazzino, ma intanto il Verona perde. E non è colpa di Pecchia se Bessa, un fantasma rispetto allo splendido giocatore della scorsa stagione, cincischia un pallone grondante sangue al limite dell’area e permette all’Atalanta di portare a proprio favore l’equilibrio del match.

Il resto è solo una conseguenza. Rivedere i gol del Verona è come fare un giro a piedi scalzi sui ciotoli del Garda, procura lo stesso fastidio della sabbia nel costume bagnato.

L’unica verità che emerge da questa partita, da questa ennesima sconfitta è l’ennesima triste panoramica sull’impotenza di una squadra che ha limiti tecnici non adeguati al livello della serie A. Finisce qui ogni considerazione sebbene sia la più amara, me ne rendo conto. Dare la colpa a Pecchia, amici miei, significa assolvere le responsabilità della società. Se volete fate pure. Io continuo a guardare la luna. E a incazzarmi.

LA GRINTA NON BASTA

Premessa: considero il Chievo MOLTO superiore al Verona.

In quanto tale pensavo ad una goleada in questo derby. Ho visto un Chievo così superiore? No. La squadra di Maran ha vinto, ma per farlo ha sudato sette camicie. E questo è stato per merito del Verona che m’è piaciuto molto di più che, ad esempio, contro il Benevento.

Certo, come molti di voi faccio fatica a capire le cervellotiche soluzioni di Pecchia (Souprayen centrale, assolutamente INADEGUATO, riguardare il terzo gol clivense please), ma in quanto a spirito e a voglia di giocarsela il Verona ha fatto vedere di esserci.

Questa squadra aveva così abbassato le nostre singole aspettative che probabilmente ci basta una goccia d’acqua per dissetarci, ma in realtà non possiamo sempre fare il giochetto di ritenere gli avversari non adeguati quando il Verona fa risultato e viceversa tirare contro ai nostri in caso di sconfitta.

Il Verona è una squadra costruita MALE. Fisicamente è una pippa, la tecnica non è così eccezionale da fare la differenza. Il Chievo ha una sua logica (esperienza e fisicità) il Verona è un mostro. Troviamo giocatori come Bruno Zuculini che sono costretti sempre ad andare OVER (l’espulsione comunque non c’era, l’intervento era sul pallone) per sopperire alla leggerezza dei compagni e altri che non incidono. Ma è in difesa che il Verona è un disastro. Errori che si ripetono e difetti in cui l’esperto Chievo è andato a nozze. La palle da fermo sono una sentenza, il resto lo fanno giocatori che non sono abituati alla serie A. Ripeto ancora: non aiuta il girovagare senza meta di Pecchia che cambia interpreti troppo spesso generando confusione. Bisogna trovare al più presto stabilità, insistere nei ruoli, fare le mosse più logiche anche per non mettere in difficoltà i propri giocatori. Era una bestemmia partire con Romulo, Caracciolo, Caceres e Fares? Credo di no.

In questo momento il Verona si sta aggrappando al proprio orgoglio e al proprio carattere. E’ questo che ci ha fatto vincere contro il Benevento e non ci ha fatto sfigurare contro il Chievo, pur in una sconfitta meritata. E’ una base di partenza, non il punto d’arrivo. Se non sarà condita dal lavoro dell’allenatore non basterà.

 

IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO

Ma cosa ci raccontiamo? Che questi tre punti sono uguali agli altri? Dai, su non scherziamo. Questi punti ne valgono sei, ma forse sette o otto se pensiamo all’effetto benefico che avranno sul morale. Pecchia potrà barare finchè vuole, ma sa benissimo che stasera è iniziato il campionato del Verona. Battere il Benevento era fondamentale e ora sì, possiamo almeno affermare che il Verona può (sottolineo può) giocarsela per la salvezza. Se poi ce la farà non lo so, ma sicuramente a questa corsa ora ci siamo iscritti anche a noi.

All’allenatore va un merito: avere passato una bufera che ha rischiato di travolgerlo, ritrovando al contempo una squadra. Non è che ora i pericoli e le insidie siano finiti. Anzi: ce ne saranno ancora tantissimi, ma almeno possiamo sperare di non essere una comparsa che si vede solo nei titoli di coda del film.

Ha giocato bene il Verona? Boh, ni, ma è così importante? Credo che la cosa più importante fosse vincere e che per lo spettacolo (bello) si possa fare un salto in qualche sala cinematografica. Il Verona non è uno spettacolo, ma è emozione, passione, scintille. E per me stasera queste componenti ci sono state. Nei limiti tattici e tecnici di una squadra che, è bene ricordarlo, nelle promesse di inizio stagione ha detto di voler essere il Crotone e non il City. E allora, diamo atto a questi ragazzi di aver sputato sangue per vincere contro il modestissimo Benevento.

Il Verona ha gettato il cuore oltre all’ostacolo e per coerenza va applaudito, non solo per il successo, ma anche per la volontà di conseguirlo, in mezzo a tanta troppa confusione tattica. Il suo simbolo è “roller-coaster” Romulo, uno che quando prende velocità non sai mai quando si fermerà, ma intanto è uno che sa risolverti le partite con uno dei suoi fenomenali colpi dopo averti fatto imprecare per aver sbagliato un appoggio ad un metro mezzo. E grazie a Fares che pare aver trovato il ruolo che forse ne decreterà la grandezza, e poi Verde che quando è entrato ha dato la scossa come se fosse un filo scoperto dell’Enel. Menzione d’onore poi per Pazzini che sebbene non abbia segnato ha fatto capire che pure con le ginocchia malandate è uno che in campo ci deve stare sempre, almeno in questa squadra e in questo Verona. E grazie anche a Pecchia che ha preso più pugni di Rocky negli ultimi due mesi ma non è mai andato ko. Non l’ho sentito urlare Adriana, ma spero di non sentirlo dire che il derby con il Chievo è una gara come le altre…

NON PRENDIAMOCI IN GIRO: E’ LA GARA DELLA VITA

Per favore non prendiamoci (prendeteci) in giro. Sento gente, leggo interviste in cui questa gara con il Benevento è solo uno step, uno dei tanti di questo campionato. Balle: questa è una gara fondamentale, decisiva. E’ la gara della vita che ci dirà se il Verona quest’anno può lottare per la salvezza o se farà solo la comparsa.

Capisco la volontà di allentare la tensione. Ma questa tensione, purtroppo te la sei creata da solo. Se dici che il Verona partecipa ad un altro campionato e che certe partite le puoi perdere 2-1 ma anche 5-0, è chiaro che quando arrivano le partite del “tuo” campionato, non le puoi sbagliare, nè tantomeno puoi far finta che non sono importanti.

La gara con il Benevento vale doppio e vale anche per la panchina di Pecchia. Sappiamo benissimo come vanno queste cose: prima di un match così delicato non c’è dirigente che non giuri sulla “fiducia massima al nostro allenatore”, ma lunedì sera si conteranno morti e feriti e se il Verona dovesse perdere le analisi e la piazza costringeranno  a fare altre valutazioni a Setti.

Ovviamente lo stesso discorso vale anche per il Benevento.

Credo che il Verona sia comunque favorito. Gioca in casa ed è reduce dal pareggio contro il Torino che ha fatto capire, almeno, che la squadra non è morta. Quella rimonta è stata una scintilla e proprio recentemente a Gialloblu Live, Massimo Pavanel spiegava come su queste gare epiche si crei veramente l’alchimia di una squadra e anche la base per altri successi.

Fossi in Pecchia non speculerei su questa gara. Il Verona deve scendere in campo per aggredire l’avversario e spero che la squadra abbia una logica e per quanto possibile riproponga gli undici di Torino. La gara si giocherà a centrocampo dove uno come Bruno Zuculini mancherà tantissimo non essendoci in rosa nessuno con le medesime caratteristiche (ci sarebbe il fratello Franco, ma è durissima vederlo in campo ). Temo un Verona lento e compassato, che vada di uncinetto più che di fioretto, che faccia ricami e non gol. Ma avremo davanti la peggior difesa e il peggior attacco della serie A, non il Real Madrid. Per questo l’unico risultato contemplato è la vittoria.

 

CHI DEVE CREARE L’ENTUSIASMO?

C’è stato un momento di questo campionato in cui chiedevamo disperatamente alla squadra e a Pecchia un segnale. La famosa scintilla. Senza quella non si può creare entusiasmo. E quella deve arrivare solo ed esclusivamente dal campo. L’entusiasmo non si può creare artificialmente ma si può alimentare, questo sì. Come si poteva creare un minimo d’entusiasmo davanti alle prestazioni penose del Verona? La gara con la Sampdoria c’era sembrata buona come una Coca Cola ghiacciata nel deserto. Era stato un piccolo segnale, che avevamo tentato di tenere vivo come fanno i protagonisti dei reality di sopravvivenza quando tentano di creare il fuoco strofinando due legnetti.

Ma poi la gara insipida con la Lazio ci aveva di nuovo fatto affogare. Che entusiasmo puoi creare dopo una gara del genere? A cosa ti appigli? E’ evidente che oggi dopo la gara con il Torino, in straordinaria e generosa rimonta, argomenti ce ne sono.

Ora però bisogna evitare di esagerare dalla parte opposta. E cioè nel tentativo di creare entusiasmo dire che il Verona ha fatto una grande partita. Sarebbe un insulto alla verità. E’ vero invece che la squadra di Pecchia ci ha dato un segnale importante su cui adesso va costruito un campionato di sofferenza ma non da comparsa. Il mister ha insistito nel suo turbinio di scelte. Pecchia ha la necessità di fermarsi un attimo a ragionare se vuole dare un po’ di continuità a questa prestazione. Deve pensare a cosa è andato bene e a cosa è andato male. E insistere sulle cose positive, abbandonando quelle negative.

Ad esempio: a me è piaciuto molto Fares sulla fascia sinistra. Bene: ora si insista su di lui. Gli si dia fiducia, strumenti e conoscenza per diventare un buon terzino sinistro. Forse anche ottimo visto cosa c’è in giro.

Allo stesso modo: è indubbio che il Verona con Pazzini e Kean in campo è stata un’altra cosa. E’ un’evidenza così solare che non vederla vorrebbe dire essere autolesionisti. I due possono coprire assieme le personali deficienze (la tenuta fisica per il Pazzo, l’esperienza per Kean) e il risultato andrebbe a tutto vantaggio del Verona.

Il Verona adesso ha disperato bisogna di certezze. Pecchia deve finirla con gli esperimenti nel tentativo (comprensibile) di coprire le lacune della rosa che gli è stata messa a disposizione. E ora deve sfruttare il vento a favore che questo risultato riuscirà a creare. Il segnale è finalmente arrivato. Dal campo, laddove doveva arrivare.

ALLO SBARAGLIO

Dopo la grottesca conferenza stampa di Seung Lee Woo, in cui le risposte duravano tre minuti e la traduzione due secondi (ci resta l’enorme curiosità di sapere cosa abbia realmente detto…) mi viene solo una piccola riflessione. A prescindere dal valore del giocatore (che si scontrerà poi con una serie di variabili che appartengono al campo dell’ennesima scommessa), è un peccato che il Verona stia mandando allo sbaraglio i suoi giovani.

Non è così che si fa un progetto basato sui ragazzi. Non mettendoli in campo in partita impossibili per loro, caricandoli di responsabilità eccessive, paragonandoli a campioni le cui gesta non potranno mai raggiungere, sperando nella loro esplosione. Non è così che si fa e non si crea patrimonio societario in questa maniera.

Anzi: oggi Zaccagni, Fares, Valoti, Kean sembrano pulcini bagnati, mandati allo sbaraglio senza protezione alcuna. Mi diceva un amico allenatore qualche anno fa: i giovani sono straordinari, ma vanno mantenuti “vivi” nei risultati positivi. Se tutto va bene, il giovane migliora e con il suo entusiasmo ti porta alle stelle. Ma se precipiti in un gorgo negativo i giovani si fanno prendere dalla paura, ti trascinano in basso, recuperare è durissima.

E’ quello che ha detto Pazzini domenica scorsa. E’ quello che pensiamo tutti. A Verona si dice: “Non se ferma el tren col cul”. Aspettiamo la traduttrice sudcoreana per spiegarcene il significato.