CASSANATA

Parlare di Cassano a quattro gare dalla fine del campionato di B con la serie A ancora tutta da conquistare pare un esercizio totalmente privo di logica. Però Cassano si propone al Verona e da quello che sappiamo c’è stato già anche un contatto. La notizia quindi c’è, è reale, è vera e non è solo una suggestione. Ora dire se Cassano sarà sicuramente al Verona nella prossima stagione è impossibile. Però certamente Cassano piace al Verona e il Verona piace a Cassano.

Il fascino di avere un giocatore simile è pari al rischio di averlo in rosa. Cassano è famoso per le “cassanate” e spesso diventa un soggetto da emarginare nello spogliatoio. E’ indubbio che classe e talento non si discutono al pari dell’impatto mediatico che un ingaggio del genere si porterebbe dietro. Innamorati da sempre di Zigoni, i veronesi potrebbero trovare in Fantantonio un nuovo idolo da adorare.

Ma Cassano non deve diventare una foglia di fico da tirare in faccia alla gente per nascondere una campagna acquisti di basso cabotaggio. In caso di A, credo che ognuno di noi ne sia conscio (speriamo lo siano anche i costruttori della prossima squadra), il Verona avrà bisogno di pesantissimi ritocchi. Servono giocatori veri, adeguati alla A e anche una revisione del progetto “tecnica-tecnica-tecnica” con importante immissione di massa muscolare. Dalla difesa all’attacco, il Verona ha bisogno di quattro, cinque, qualcuno dice sei, sette, nuovi acquisti. E di questi, Cassano può solo rappresentare la ciliegina sulla torta, non il fumo da seminare per nascondere altre deficienze.

 

GHE LA FEMO?

Chi non avrebbe firmato prima di queste due trasferte per avere quattro punti? Dai siamo seri: Bari e Perugia erano due avversari durissimi e il Verona ne è uscito alla grande. Se rimpiangeremo qualcosa alla fine di questo campionato non sarà sicuramente per il pareggio del Curi. Anzi: magari il Verona ne avesse raccolti prima di questi punticini persi per strada (Latina? Avellino? Giusto per ricordarne un paio).

Il Verona è in questo momento in vantaggio sul Frosinone che ha tutta la pressione addosso. Certo, anche noi ne abbiamo e dobbiamo cercare di non sbagliare la fondamentale tappa del derby. Vogliamo parlarne? Per favore: dimentichiamoci contestazioni e fischi e stiamo accanto al nostro Verona per questa partita che è fondamentale e che naturalmente riveste l’importanza che deve avere un derby. Da Bari e Perugia torna un Verona che si è ripulito nello spirito e che è secondo in classifica, in piena corsa promozione.

A Frosinone da un po’ di tempo succedono cose strane: rigori regalati, gol non convalidati agli avversari: non è un bel clima per giocare le ultime quattro partite che si spera siano il massimo della limpidezza e della regolarità. Delle tre di testa, l’Hellas è stata la più penalizzata dagli arbitri fino ad oggi. Abbiamo visto un museo degli errori da far saltare la mosca al naso. Si spera che sia finita perchè ora la posta in palio è veramente alta e di fischietti pessimi ne abbiamo visto fin oltre misura.

Potremo star qui a discutere un anno sui cambi di stasera, sul gesto di Pazzini, sul muso lungo di Luppi. Ma servirebbe a qualcosa? Francamente chissenefrega. L’importante è che il Verona sia lì, nonostante tutto, nonostante tutti. Come sempre ci sarà da soffrire. Ghe la femo?

SQUADRA VERA AL MOMENTO GIUSTO

Chapeau. Il Verona è tornato grande quando il campionato lo richiedeva. Le insidie che nascondeva questa trasferta in terra pugliese erano immense, ma, come si dice, quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E il Verona ha giocato e vinto. Uno strappo decisivo verso la serie A, che scaccia fantasmi e mugugni. Il Verona è rinato e lo ha fatto con la forza del proprio spogliatoio, superando a piedi uniti il momento più basso e complicato della stagione, quella serataccia con lo Spezia, in cui un’attonito Pecchia pareva arrivato al capolinea.

In realtà, come spesso lo sport ci insegna, quello che sembrava il momento della disfatta, è stato il momento dell’unione. Da lì il Verona è risorto, pur senza incantare, ma con maggiore concretezza. Così ha pareggiato a Novara, ha vinto con il Cittadella, e, adesso, ha vinto con il Bari.

Nulla è ancora conquistato, e questo è bene metterselo in testa: a Perugia sarà un’altra battaglia terribile, da superare con la stessa gioiosa forza che l’Hellas ha messo in campo a Bari. Nel frattempo il Frosinone è crollato, non solo è stato risucchiato dalla squadra scaligera ma ora dista a tre punti che in realtà sono quattro visto lo svantaggio nello scontro diretto. Solo la Spal sembra veleggiare con tranquillità verso la A, ma ancora tutto può accadere.

Il Verona di Bari ha avuto ancora un difetto su cui farebbe bene meditare. Rispetto alle occasioni create non è riuscito a chiudere il match in anticipo. Un male che oggi la vittoria per 2-0 rende meno visibile ma purtroppo c’è ed è congenito in questa squadra che ancora non ha imparato a capitalizzare quanto costruisce.

Infine un sincero applauso a Pecchia: qualcosa ha sbagliato anche lui, senza dubbio. Ma non è certo il coglione che qualcuno ha voluto dipingere in questi mesi.

O CONTESTATE PECCHIA O CE L’AVETE CON SETTI

Logica stringente: chi contesta Pecchia lo fa perché evidentemente ritiene il Verona uno squadrone capace di ammazzare il campionato. Quindi ritiene il lavoro della società ineccepibile e i soldi del paracadute ottimamente spesi.

Chi contesta Setti, invece, non può avercela con Pecchia. Perché vuol dire che non ritiene la squadra all’altezza e ciò significa che Pecchia sta facendo un ottimo lavoro visto che la squadra è seconda e oggi, virtualmente in serie A.

Non si può però contestare Pecchia e avercela anche con Setti.

Io credo che il Verona sia stato assemblato in qualche maniera a luglio, vendendo tutto ciò che c’era da vendere e scommettendo su un sacco di giocatori. Alcune di queste scommesse sono state vinte, altre clamorosamente perse. Pecchia ha una squadra che vale le altre che sono in corsa ed infatti è in piena lotta per la A. La società è colpevole per aver volutamente sottovalutato il mercato di gennaio dove si imponeva un’azione di rinforzo molto più profonda di quella che Fusco e Pecchia hanno avvallato.

Colpevolizzare Pecchia significa guardare il dito che indica la luna (Quando il dito indica la luna, lo stolto guarda il dito. Vecchio proverbio cinese).

SINDROME DA TAFAZZI

Potremmo star qui un anno intero a discutere sui fischiatori. Il mio pensiero l’ho già espresso ma evidentemente c’è chi pensa di essere utile a tifare in questo modo: insultando e fischiando la propria squadra durante (durante, badate bene, non dopo, quando è più che legittimo esprimere il proprio disappunto) la partita. Un clima masochistico che osservatori neutrali come Riccardo Trevisani di Sky hanno sottolineato. C’è una cappa sul Verona, su Pecchia e Fusco che grava da qualche mese, forse dall’inizio del campionato. Si fischiò dopo l’1-0 con l’Entella quando il Verona era ancora primo con molti punti sulla seconda, poi si è continuato. Non tutto lo stadio e i distinguo vanno fatti. Ognuno avrà il suo buon motivo: e bisogna dire che il Verona e le sue recenti prestazioni non hanno certo aiutato.

Non voglio nemmeno pensare che ci sia chi fischia, insulta e mugugna in modo strumentale perchè attaccato al precedente allenatore: sarebbe veramente la fine di tutto, forse dello stesso essere tifosi del Verona. Mi piace pensare però che la squadra si sia tirata fuori da sola da questa situazione;  che Souprayen, subissato di fischi per un retropassaggio a dieci secondi dalla fine del primo tempo, abbia guardato fiero la tribuna e poi abbia giocato la sua miglior gara; che il Frosinone abbia perso con il Novara rivalutando quel pareggio; che il Verona stasera sia virtualmente di nuovo in serie A; che tutto sia ancora apertissimo.

Non è finita ragazzi e se tutti vogliamo la stessa cosa è necessario che ognuno faccia la sua parte. Quando il Bentegodi ha alzato i decibel nel secondo tempo, pareva che la squadra fosse lavata da una pioggia benefica che lavava via ogni scoria mentale. Quando c’è quella compattezza lì, non esiste impresa che a Verona non sia possibile, come storicamente dimostra la nostra piazza, una vera e propria maledizione per gli squadroni.

Ogni tanto prevale però il nostro spirito tafazziano: ci diamo martellate da soli sugli zebedei, provandone enorme gioia. E poi, toccato il fondo, ci piace riemergere tornando ad essere una meravigliosa e straordinaria tifoseria.

 

 

IN ATTESA

L’affascinante capitolo dell’attesa resta uno dei grandi temi della letteratura. Tanto da indicare non uno stato del tempo, ma uno stato dell’anima. Si aspetta l’amore, spesso intersecandolo con la morte, nel binomio eterno di Eros e Thanatos. I Romantici ne hanno scritto capitoli indelebili, ma è Dino Buzzati che ne traccia il capolavoro più significativo nel Deserto dei tartari.

Ogni tanto, parlando del Verona, mi capita di scriverne. Mi sembra incredibile che questo libro possa tracciare perfettamente lo stato di una squadra di calcio. Ma non trovo nulla di più calzante per parlare della situazione dell’Hellas.

Siamo in attesa che il Destino si compia. Un’attesa che non smette di roderci l’anima. Aspettiamo un cambiamento, forse un nemico, un evento. Ma restiamo lì a tutela e a difesa della nostra posizione, del nostro fortino, mentre la vita passa e la serie A diventa una chimera da inseguire.

Quale sia questo evento non lo sappiamo. Speravamo in una vittoria, ma anche stasera il Verona non ha vinto. E allora si spera nella società, che magari riesca a cambiare il corso della Storia, cambiando il tecnico. Sempre meglio che morire illudendoci di potercela fare.

Se mi chiedete un parere non so darvelo: e non perchè sono un paraculo, ma perchè davvero non saprei che fare e che dire in questo momento. Il Verona si è perso, vedere o sforzarsi di vedere dei miglioramenti è un esercizio troppo difficile anche per un fedele della Chiesa gialloblù quale mi ritengo.

La svolta, quell’evento auspicato, non riesco a scorgerlo. Ancora una volta ho visto una squadra incapace di chiudere la partita, incapace di avere abbastanza personalità per reagire, senza identità. Una squadra che al primo stormir di fronde va nel panico, in cui ogni pallone dentro l’area diventa una grottesca palla gol per gli avversari.

Una squadra che gioca mezz’ora e poi palleggia in orizzontale, una squadra che si sta facendo scappare la serie A. E allora aspetto, un rigore, un arbitro decente, un presidente che mi faccia sentire la sua voce di speranza, un allenatore che abbia un sussulto di maleducazione. Invece no: tutto è sempre uguale a se stesso, le stesse partite, le stesse dichiarazioni, la stessa vuota professione di ottimismo perché in fondo siamo ancora a tre punti. E allora aspettiamo. Qualcosa succederà. O magari no.

 

VI SIETE ARRESI?

L’incapacità di spiegare una sconfitta del genere, la mimica facciale tra il rassegnato e il deluso, la voce flebile: il dopo partita di Verona-Spezia è stato, se possibile, anche peggio della gara.

Pecchia e Pazzini erano un monumento alla resa. A otto giornate dalla fine non un grande segnale. Ci diranno poi se questa sensazione era solo un falso messaggio dato dalla rabbia della sconfitta. Ma noi analizziamo ciò che vediamo. Primo: Pecchia ha cambiato ancora formazione, non ha avuto coraggio di tenere fuori un giocatore come Romulo che oggi non solo non fa la differenza ma rappresenta un problema e infarcisce la squadra di mezzepunte, rivoluzionando la difesa dove uno pratico, concreto e di carattere come Caracciolo viene fatto accomodare in panchina.

Secondo: durante il match cambia uomini, cambia moduli, cambia posizioni ai giocatori come neanche il kamasutra. Forse il disperato tentativo di defibrillare una squadra con l’elettrocardiogramma piatto, forse solo l’assenza di un progetto tattico, sperdutosi dopo il 4-0 con il Novara. Se è così, allora Pecchia è ad un passo dalla resa.

Terzo: la squadra è costellata di giovani che non brillano di personalità. Nelle difficoltà si nascondono, altri spariscono. Neanche il ritrovato amore con il pubblico di Verona ha fatto il miracolo. Il Verona è di nuovo affondato nell’abulia, nella mediocrità, nella mancanza di cattiveria agonistica che a volte compensa, eccome se compensa. In questo la responsabilità della società è enorme. Il Verona, come più volte scritto, non è un’ammazzacampionato. E’ una gigantesca scommessa che in mezzo alla mediocrità generale, si trova nelle prime tre della serie B. Ma ben altro si chiedeva ad una proprietà che è naufragata in B nel peggior campionato di A della storia del Verona e che ha incassato, comunque, un ammortizzatore economico da far impallidire qualsiasi avversario in B. Se a luglio Fusco aveva edificato una casetta abitabile ma non lussuosa, la stessa casetta avrebbe avuto necessità di un importante restauro a gennaio quando nel frattempo tutte le altre si erano rafforzate. Invece il Verona si è illuso di essere una corazzata e ora si è incartato.

Detto tutto ciò, stasera mi chiedo: vi siete per caso arresi? Prestazioni e dichiarazioni post gara ce lo fanno pensare. Se non è così dimostratecelo. Subito.

“Posso accettare la sconfitta, ma non posso accettare di rinunciare a provarci.” (MICHAEL JORDAN)

 

VERONA 2.0

Senza suonare eccessive fanfare (non è il caso) la vittoria con il Trapani può diventare fondamentale per il Verona. Il cambio di modulo, di atteggiamento e di pelle della squadra di Pecchia è evidente. Per la prima volta contro i siciliani il Verona ha perso la sfida del possesso palla, ma ha vinto la partita. Il calcio orizzontale ha lasciato il posto al calcio verticale, più generale l’Hellas è più pratico e equilibrato.

Pecchia ci è arrivato alla fine di un processo di maturazione (anche personale) che è stato forse un po’ lungo. Ma alla fine ci è arrivato. Così il Verona rischia meno e in queste gare in cui il punteggio è fondamentale l’importante è solo mettere in saccoccia i tre punti.

Attenzione però: l’evoluzione ha rinnegato alcuni concetti ma ne ha tenuti altri ben presenti. Tipo l’aggressione alta e la gestione del pallone nei momenti cruciali della partita. Le difficoltà hanno cementato la squadra scaligera e ora l’entusiamo può fare la differenza. Entusiasmo, sia chiaro, non euforia che non deve prevalere per non far perdere di vista l’obiettivo, ancora lontanissimo dall’essere raggiunto.

Per l’ennesima volta e alla faccia dei soliti gufi, il Verona ha ripreso Spal e Frosinone, dimostrando che il campionato è ancora apertissimo e soprattutto è solo nelle nostre mani e non in quelle degli avversari.

Paradossalmente la giornata ci restituisce un quesito intrigante: senza Romulo (che con Pazzini è il gioiello del Verona) è una squadra migliore? Anche qui dipende: se Romulo è quello delle ultime settimane, anarchico e arruffone, si può anche fare senza. Ma io non ci credo. In serie B, in questa serie B, la qualità fa sempre la differenza, come anche Siligardi ci sta dimostrando alla fine. E Romulo ha tantissima qualità. Solo che la deve mettere al servizio della squadra e ritrovare quell’umiltà che ne aveva fatto un grande giocatore nel primo anno di A con Mandorlini. Umiltà significa anche fare un assist per un compagno meglio piazzato.

In mezzo a tanti sorrisi, un unico dispiacere: Franco Zuculini si è rifatto male. Un trauma distorsivo al ginocchio destro la cui gravità la capiremo nei prossimi giorni. Una sfortuna immensa per un giocatore bravo e generoso quanto bersagliato dagli infortuni. Un forte abbraccio al guerriero argentino. Sperando che il Verona abbia ereditato almeno un po’ del suo spirito.

SERVE SOLO RISPETTO

Ce lo ricorderemo a lungo il signor Rapuano… Quasi come Massa… Il rigore c’era, era lampante,  acclarato. Non è un alibi, è la motivazione che spiega il pareggio di oggi. Al netto di tutti i distinguo. Poi si dirà: se eri 3-0 l’episodio era meno grave. Certo, verissimo. Ma il calcio non è materia così lineare.

Succede che domini e gli avversari ti puniscono nell’unico tiro in porta. La tua colpa è non aver chiuso prima la gara e nell’aver preso un gol evitabilissimo. Ma succede. Io ho visto tante cose positive nel Verona di oggi. E mi spiace che il risultato condizionerà quanto di buono ha fatto la squadra di Pecchia. Le due punte, la difesa a tre, la ricerca di giocare anche sulla ribattuta degli avversari, il recupero alla causa di uno come Siligardi che sarà importantissimo.

Non facciamoci ingannare solo dalla delusione del pareggio. Non sarebbe giusto. Una partita così non la pareggi mai neppure se la giochi altre cinquanta volte. Il Pisa ha costruito il suo campionato difendendosi. Lo ha fatto anche oggi, persino sull’1-0. Però è successo e dobbiamo cercare di non rovinare tutto adesso. C’era entusiasmo prima di questa gara, si sentiva nell’aria, lo sentivi quando andavi al bar alla mattina. Verona era di nuovo vicina alla propria squadra. Ora siamo arrabbiati e delusi per il risultato, io per primo. Ma sarebbe sbagliato ora far mancare quell’entusiasmo. Abbiamo dieci partite da vivere a cannone, proviamoci davvero fino in fondo e poi vediamo come va. A Setti dico: va bene venire davanti ai microfoni, va ancora meglio bussare alle porte giuste per chiedere una cosa sola: rispetto. Il Verona non ha bisogno di nessun favore, ma solo di non essere penalizzato.

ABBIATE FEDE (SE NON L’AVETE PERSA…)

La fede è l’atto di credere in qualcosa anche in assenza di prove concrete che questo qualcosa esista. Mi chiedo stasera perchè devo credere che il Verona andrà in serie A. Quali segnali concreti ho e ha un tifoso del Verona per sperare in questo avvenimento? Dopo la gara con la Pro Vercelli, zero. Il Verona è tornato ancora una volta indietro dal punto di vista del gioco, ha rischiato di perdere e ha pareggiato solo in extremis. Nel frattempo le altre squadre che il mercato di gennaio ha attrezzato con giocatori determinanti, se ne stanno andando.

Perchè dovrei credere ancora nel Verona, dunque? E’ la domanda che vorrei fare anche a Pecchia, a Fusco, a Setti e a tutti i giocatori. In questo momento solo un atto di fede può darmi delle speranze. E siccome credere non costa nulla, crediamoci.

Però è durissima. Francamente. La gara di oggi è stata un impasto di anarchia tattica, di svogliatezza e di mancanze di idee che ha pochi paragoni. Nascondere la polvere sotto il tappeto oggi non serve a niente. L’evidenza è sotto gli occhi di tutti. Il Verona è una squadra senza grinta, senza mordente ma quel che è peggio è anche involuta tatticamente. Ormai non c’è più traccia del bel Verona che aveva illuso un po’ tutti.

Il mirino della critica è puntato su Pecchia. Forse è giusto così, ma non mi è mai piaciuto sparare sul pianista. Penso che Pecchia, aziendalista come lo è un allenatore giovane, non riesce più a trovare il bandolo di una matassa in una squadra dove abbondano le scommesse. Qualcuna l’ha vinta (Pazzini) altre le sta clamorosamente perdendo. Ma non è solo colpa sua. Purtroppo le responsabilità della società che ha voluto lesinare gli investimenti con il quasi immobile mercato di gennaio sono pari a quelle del tecnico.

La serie A ci sta scappando ne siamo tutti consci. Perché non vediamo nessun buon motivo per essere ottimisti. Il gioco non c’è, i risultati mancano, le altre viaggiano. Ricreare l’entusiasmo dopo la vergognosa stagione scorsa e l’inizio esaltante di quest’anno è durissima se questi giocatori non ci danno una mano.

Chiudo dicendo che non sarebbe male che Setti si facesse vedere e sentire ogni tanto. Così, giusto per sapere che cosa pensa e se è il caso di avere ancora fede. A meno che non l’abbiate già persa…