LA SCELTA LOGICA

Ho atteso fino ad oggi per parlarvi della gara con la Juve. Volevo legare la firma del mister alla più bella partita di quest’anno.

Cosa ci ha detto quella partita? Semplicemente che Mandorlini è un ottimo allenatore quando vuole preparare bene una gara  e che il Verona non era così scarso come qualcuno voleva farvi credere e come forse anche Mandorlini pensava.

Ci sono state in questo campionato delle punte d’eccellenza che ci hanno fatto capire che questa squadra aveva un ottimo potenziale. Non completamente espresso. O meglio: espresso solo a sprazzi. Alcune gare sono state dei capolavori. Napoli, Juve, Cagliari. Altre delle ciofeche. Resto della mia idea: se tutti fossero stati convinti, più convinti,  questo campionato poteva avvicinarsi molto a quello della scorsa stagione. La gara con la Juventus è stata l’esempio più lampante.

Ora parliamo di Mandorlini. Resterà minimo due anni sulla panchina del Verona. E’ il contratto più lungo che Setti gli abbia mai fatto. Il presidente ha vinto tutte le sue perplessità e con una sana dose di pragmatismo, logica e anche un po’ di opportunismo, gli ha dato le chiavi tecniche del Verona.

Ha fatto bene. Nel calcio non ci sono i se e i ma. Comandano i risultati. Che a Verona sono tutti dalla parte di Mandorlini. Non c’è niente da fare. Può piacerti o non piacerti il suo gioco, il suo mono-modulo, il suo modo di gestire lo spogliatoio, ma Mandorlini ottiene risultati.

Ha guidato la squadra in B facendo un capolavoro, l’ha quasi portata in A, compiendo un mezzo miracolo, l’ha portata in A quando era costretto a vincere, l’ha quasi portata in Europa al primo anno di A, e si è salvato con grande anticipo quest’anno. Qualcuno si chiede che cosa possa fare di più adesso. Io credo possa migliorare ancora.

Mi dispiace però che nell’analisi venga fatta ricadere la colpa di tutti i gol presi a Roberto Bordin. Sarà lui probabilmente a rimetterci il posto. Non è giusto. Il responsabile, credo, sia sempre e solo il tecnico e il suo modo di intendere il calcio. Vedremo se con altro staff il Verona cambierà atteggiamento e si assisterà ad un altro tipo di gioco. Non ne sono convinto. Bordin mi pare più un capro espiatorio per i 65 gol presi quest’anno e quella difesa che si abbassa in maniera esagerata in alcuni frangenti della gara.

Dico ora quello che vorrei vedere il prossimo anno. Mi piacerebbe che Mandorlini tornasse quello della prima B, quando con una squadra mediocre dal punto di vista tecnico, immensa da quello umano, fece un grande calcio, giocando bene ovunque, attaccando, difendendo, senza paura, contro tutti. Quello è stato il Verona che più mi è piaciuto e che meritava l’impresa se solo l’imbelle Massa avesse concesso il rigore decisivo.

Vorrei anche che non capitasse più un caso Saviola. Non può esistere che un fuoriclasse del genere latiti in panchina. Una domanda che non avrà risposte è questa: ma se Saviola avesse avuto la stessa fiducia che Mandorlini ha riposto su Gomez, Tachtisidis, lo stesso Toni, siete sicuri che noi non eravamo anche quest’anno la sorpresa della A?

Ora in molti dicono: a Mandorlini bisogna dare gli uomini adatti. Dimenticandosi di come va il mondo. E’ impossibile, che una società come il Verona possa arrivare ad accontentare al cento per cento il suo allenatore. Non lo può fare la Juventus, figurarsi l’Hellas. Il mercato è fatto di opportunità, di occasioni, di casualità. Molto più di quello che ci vogliono far credere. Poi sta all’allenatore trovare il modo giusto di far rendere i giocatori. Spero che Mandorlini venga accontentato il più possibile, ma dubito che sarà così.

Il nuovo corso è partito e Mandorlini sarà la continuità. Il mister è atteso da un impegno titanico e quest’anno avrà ancora più responsabilità. Mai come stavolta questo sarà il “suo” Verona. Buona fortuna Andrea e che gli dei del pallone siano sempre con te…

 

 

SETTI 2.0

E’ nato il Verona 2.0. Come ogni buon imprenditore Maurizio Setti ha deciso di rischiare. Rompendo con Sogliano, dopo tre anni di successi e promettendo un “Verona ancora migliore”, il presidente si è preso un’enorme responsabilità

Dobbiamo riconoscere che legittimamente nessuno può imporgli scelte o persone. Il Verona è suo, è lui che ripiana i debiti, è lui che si gode (eventuali) onori. Ma il Verona non è un’azienda normale. Non si tratta di vestiti, nè di tortellini, nè di auto. E’ un’azienda che si basa sulla passione della gente, l’espressione di una città, anche se questa città nelle sue forze imprenditoriali non è che abbia mai guardato tanto al Verona e quando lo ha fatto lo ha fatto con fastidio, spesso sparando contro la sua tifoseria.

Che si voglia o no, Setti è per ora l’unica possibile guida della società scaligera. Non è un’ipotesi, ma la realtà. La storia è lì per essere letta e non dimenticata. E la storia ci ha raccontato che Piero Arvedi è stato isolato (anche per colpe sue) e che Martinelli, sano e coraggioso industriale con cui sarebbe stato possibile un dialogo e una collaborazione, non ha trovato uno straccio di socio per andare avanti. L’unico che ha acquistato il Verona è stato Setti ed è per merito suo se l’Hellas è tornato in serie A, e per il secondo anno consecutivo si è salvato. Chi lo critica pretestuosamente secondo me o lo fa per invidia o si è dimenticato di cosa è stato il Verona negli ultimi 20 anni. Questi sono fatti e non opinioni.

Ora arriviamo ai giorni nostri. E’ indubbio che il Verona ha voltato pagina. Credo che Setti abbia guardato al suo portafoglio e si sia accorto di aver speso troppo. Forse ha pensato che solo attraverso una gestione più diretta delle cose si possa resistere ancora in A. Conoscendo Sogliano, forse sapeva che non poteva ledere quell’autonomia che il ds richiede per lavorare. Forse, semplicemente il rapporto umano si era logorato. In questo senso ha vinto la linea Gardini. Toccherà al presidente dimostrare di avere un suo equilibrio e di non essere influenzabile.

Dopo la scelta di non continuare con Sogliano, Setti deve decidere se andare avanti con Mandorlini. L’idea di un biennale è sicuramente nella testa del presidente, che ha apprezzato del suo allenatore alcuni aspetti, ma non tutto. E’  chiaro che dopo aver contattato Guidolin a dicembre, Setti sta pensando anche di cambiare la guida tecnica.

Mandorlini gode del favore della piazza, ma Setti non è uno che si fa condizionare. Semmai pensa di più a quello che sono state queste due stagioni. E’ stato soddisfatto o no? Se si guarda al risultato non si può che essere felici. Ma Setti pensa anche al domani ad un Verona che lanci i giovani e che sfrutti al meglio la rosa a disposizione. Forse quest’anno non è sempre stato così.

Quello che rischia di più è sicuramente Mandorlini. Con l’addio di Sogliano si è chiuso anche per lui un ciclo, e pur con frequenti discussioni, i due hanno trovato un loro equilibrio. Ora Mandorlini deve resettare tutto e ripartire. Lo deve fare con un ds che non conosce e con un Setti più presente. Con una rosa più limitata e minore scelta. Forse lo farà con uomini più adatti al suo modulo, ma su questo non ci giurerei perchè neanche la Juventus acquista giocatori per fare contento un allenatore, figurarsi il Verona. Sicuramente dovrà inserire qualche giovane quando infortuni e squalifiche lo richiederanno.

C’è poi la questione dell’ingaggio che non è secondaria. Se le cifre trapelate sono vere si richiede al tecnico un “sacrificio”. L’amore per il Verona gli farà superare anche questo ostacolo oppure diventerà un macigno nella trattativa? Senza contare l’aspetto dello staff tecnico, altra questione “spinosa” da trattare. Mandorlini è affezionato ai suoi collaboratori, ma in società vorrebbero un ricambio.

Il Setti 2.0 sta per partire e per il presidente sono scelte decisive. Mai come oggi un nuovo ciclo è all’orizzonte. Ma Setti lo deve affrontare senza nuvole e con chiarezza. Continuare con Mandorlini se non è pienamente convinto può diventare il suo errore fatale. Se scegliesse ancora di andare avanti con lui dovrà accettare tutto. Nel bene e nel male. Come marito e moglie.

 

BUON VIAGGIO, VECCHIO ORSO

L’addio di Sean Sogliano a Verona apre una nuova pagina. Sogliano che non ama giornali e ribalta mediatica, ha affidato ad uno scarno comunicato verbale il suo addio. La sua commozione, a stento trattenuta (e per un vecchio orso come lui significa che se ne va col cuore spezzato…), dice che non è stato facile prendere questa decisione. Ma Sean è stato coerente con se stesso. “Se non sento la piena fiducia del presidente e se non ho un feeling completo non posso lavorare”. Nel calcio di oggi è destinato a ricevere molte amarezze.

Per quanto ho visto io e per come l’ho conosciuto, Sean Sogliano è stato uno dei migliori dirigenti mai passati da Verona. Il suo modo da fare un po’ naif, nasconde in realtà intelligenza e fiuto. Sean gioca d’istinto, spesso tentando l’affare clamoroso, qualche volta sbagliando.

Su una cosa non si discute. La sua onestà. Sean è onesto, non fa creste sulla spesa, puoi affidargli il portafoglio senza temere che te lo porti via. E poi è un vincente. Lo capisci da come vive le sconfitte, anche quelle più stupide. Non è mai “pacificato”, appena terminata una partita vorrebbe che fosse già martedì per tornare sul campo. Tra l’altro è incapace di godersi le vittorie.

Essendo onesto e coerente, non tradisce. Mandorlini lo dovrà ringraziare in eterno. Se in questi tre anni avesse trovato un altro ds, (inutile fare nomi sapete a chi mi riferisco), sarebbe stato esonerato e con lo spogliatoio contro, magari sobillato proprio dal direttore sportivo.

Invece Sogliano è stato una preziosa stampella per l’allenatore, che non a caso, in questi tre anni ha ottenuto i migliori risultati della sua vita. Sean non gli ha mai risparmiato critiche, nè confronti. Ma lo ha fatto per il bene del Verona. E questo gli deve essere riconosciuto per sempre e se anche non lo facessero i diretti interessati, lo farà sicuramente la storia.

Il capitolo che si apre è un capitolo tutto nuovo. Setti ha deciso di cambiare, convinto ancora di poter migliorare il Verona. Il presidente ritiene, ed è legittimo che lo faccia, che sia finita la “fase di attacco” e che sia l’ora dell’organizzazione e della razionalità. Chi arriva dovrà confrontarsi con questo passato vincente, ma sarebbe ingiusto e sbagliato nei confronti dell’Hellas fargli pagare questo. Il calcio è una meravigliosa materia perchè il giudice supremo sono i risultati, come è stato per Sogliano. Saranno i risultati a stabilire se Riccardo Bigon è stata una scelta giusta. Ma dobbiamo per onestà morale, lasciarlo lavorare senza preconcetti.

Al vecchio orso che se ne va, un grazie particolare. Per averci dimostrato che nel mondo del calcio le brave persone e i professionisti seri esistono ancora. Buon viaggio Sean.

IL PLENIPOTENZIARIO GARDINI

Dunque, si è capito perchè Setti l’ha tenuta tanto lunga. Il presidente ha deciso di voltare pagina. In maniera clamorosa. Liquidando il suo braccio destro e cambiando in pratica una parte del management sportivo. Via Sogliano, dentro Bigon.

L’idea di Setti parte da lontano. Da dicembre. Quando i rapporti idilliaci che il presidente ha sempre avuto con il suo ds si sono improvvisamente “raffreddati”. Sogliano era stata la miglior intuizione del presidente di Carpi quando era arrivato a Verona. La diffidenza che aleggiava attorno al suo nome, unita alle referenze non proprio “cristalline” in fatto di rapporti interpersonali che arrivavano da Bologna sul conto del nuovo proprietario, inducevano ad andare molto calmi con le lodi. Ma il nome di Sogliano fu il miglior lasciapassare per lo sbarco di Setti a Verona. Figura onesta e cristallina (uno dei pochi…), giovane e rampante, con le idee chiare e con un suo giro di mercato, Sogliano era il puledro giusto su cui puntare. Setti e Sogliano formavano una coppia perfetta. Visione, ambizione e voglia di vincere. Gardini venne solo dopo, quando fu necessario dare anche una verniciata al Palazzo Verona dal punto di vista “politico”.

Per tre anni questa coppia ha funzionato benissimo. Poche materie come il calcio non temono smentite: contano i risultati. E i risultati conquistati dal Verona sono stati eccezionali. Serie A arrivata al primo colpo, 54 punti ed Europa sfiorata l’anno scorso, salvezza abbondante con possibile enorme rimpianto a fine di questa stagione (pensate se si arrivasse a 50 punti quanti bocconi amari dovranno digerire le “cornacchie” che hanno gracchiato sulla debolezza della squadra per molti mesi di quest’anno…).

Ora il presidente cambierà. Un cambiamento repentino che ha pochi eguali nel calcio. Squadra che vince, dice il proverbio, non si cambia. Invece Setti, a meno di clamorosi ripensamenti dell’ultima ora, ha deciso di affidarsi ad altri uomini. Il feeling con Sogliano non c’è più. E sarebbe da chiedersi perché, e state certi che lo chiederemo martedì quando il presidente sarà ospite nei nostri studi.

Sean che è abituato a sentire sulla pelle l’entusiasmo della proprietà ha capito che non è più aria. L’imbarazzo di Setti e il trascinare all’infinito questa trattativa era solo una strategia per “stufare” Sogliano che di certo non ha la pazienza tra le sue doti? Probabilmente sì, visto l’epilogo. Poi magari c’è stata anche la trattativa (smentitissima, fin troppo) con gli americani a trascinare la questione.

Ora scatterà la gara a dire chi ha abbandonato chi. Setti dirà che è stato Sogliano e in molti seguiranno questa linea. I fatti dicono che Sogliano ha rifiutato il Milan (il Milan, non lo Spezia o l’Atalanta…) per restare a Verona. Anche questa una decisione coerente con il personaggio. “Non vado a fare il cameriere di Galliani” disse l’anno scorso rivendicando la sua autonomia di pensiero. Sono certo che se ci fossero state le condizioni, Sogliano sarebbe rimasto.

Gli uomini passano le società restano. Un leit motiv che si sentirà spesso da qui in avanti. Personalmente la ritengo una cavolata. Le società sono fatte di uomini e le qualità professionali e morali di una persona al servizio di una società sono fondamentali. La Apple senza Steve Jobs rischiò di sparire, il Verona di Cannella non è il Verona di Sogliano. Se permettete. Nessuno meglio di noi veronesi sa quanto sono importanti gli uomini in una società. Se non fosse arrivato Mandorlini al posto di Giannini saremmo ancora in Lega Pro. Giusto per fare un esempio.

Veniamo al prossimo Verona. Al posto di Sogliano è stato scelto Riccardino Bigon, nato a Padova e dirigente del Napoli. Non mi permetto di dare un giudizio sul personaggio non conoscendolo. Anche qui, come sempre, sarà il campo a dare il responso. Diciamo solo che Bigon arriva da una stagione fallimentare con il Napoli fuori da tutto ed enorme delusione del campionato. C’è anche da dire che negli anni passati il Napoli ha anche vinto ed è stato per certi versi una società modello. Arrivare da Napoli e lavorare nel Verona non sarà facile. Ma in questo calcio ormai sono sottigliezze. Anche se a Verona hanno ancora un peso.

Quello che importa è sapere perchè Bigon arriva. Ed eccoci alla questione finale. Bigon arriverà perchè a chiamarlo e a volerlo è stato Giovanni Gardini, il “cardinale”.  Abituato a lavorare sottotraccia e dietro le quinte, Gardini ha convinto il presidente che la gestione sportiva di Sogliano non era più adeguata. E ha suggerito il nome di Bigon a cui è legato da una grande amicizia.

Quello che nasce, dunque, è il Verona di Gardini. Mai come in questo momento della sua vita e della sua carriera, il “cardinale” del Verona ha avuto tanto potere in mano. Le sorti dell’Hellas passeranno dalle sue decisioni e dalle sue scelte. Si confronterà con il passato vincente, di cui anche lui ha fatto parte, ma stavolta con un ruolo morale e politico tutto diverso. Bigon sarà un suo fido scudiero e con lui dovrà lavorare uno molto refrattario ai cambiamenti come Mandorlini che tutto sommato aveva trovato con Sogliano un feeling. Giustamente, come ha detto Setti, Mandorlini non aveva mai ottenuto simili risultati in serie A. E per quello che abbiamo visto noi, l’opera di Sogliano in questo è stata fondamentale. Anche come ombrello per le critiche e davanti ai tifosi. Ora di chi sarà la colpa se le cose andassero male? Mandorlini rischia di diventare un perfetto capro espiatorio.

Ci aspettano mesi duri, difficili, ma anche esaltanti. Il Verona per il terzo anno consecutivo giocherà in serie A. Una A che certamente avrà un livello ancora più basso di quello di questa stagione (con Carpi e Frosinone già promosse…) ma che potrebbe riservare sorprese. Se tutti dicevano che il secondo anno è il più duro, io dico che la vera incognita è la terza stagione, come purtroppo riscontrato nell’anno horribilis 2002. Buon lavoro quindi, lo auguriamo soprattutto a Giovanni Gardini per quella che è la sfida più importante della sua vita.

QUELLE FAVOLE CHE VIVI UNA SOLA VOLTA NELLA VITA…

Avevo 20 anni e forse è per quello che mi pareva tutto bello. Lo stadio, la gente, i giocatori. Ma forse era veramente tutto più bello. E me ne accorgo 30 anni dopo quando vedo Galderisi e sento Elkjaer sul palco. Gli eroi dello scudetto non sono stati eroi per caso.

Lo sono diventati perchè erano uomini eccezionali che hanno fatto un’impresa memorabile. Il 1985 è l’anno che ha segnato la mia gioventù. Eravamo spensierati ma anche impegnati, eravamo dignitosamente poveri e c’erano i dignitosamente ricchi che non erano sfacciatamente ricchi perchè c’era ancora un piccolo senso del pudore nel mostrare la ricchezza.

Non c’erano Iphone e Ipad ma c’erano orologi col pac-man e il Mario Bros del “Florida” che occupava le nostre mattinate lontane dalle aule di latino e greco. E c’era Tricella che abitava vicino al Maffei e quella sera, il 19 maggio 1985, andammo sotto a casa sua a rompergli le balle: “Noi vogliamo Tricella in nazional” e restammo lì finchè lui si affacciò dallo scuro verde della sua casa.

Ci salutò, lo salutammo e felici come bambini che giocano in mezzo alla Nutella andammo in Piazza Bra. E poi a casa. Eravamo campioni d’Italia e quella sera ognuno di noi si appuntò un ricordo per raccontarlo trent’anni più tardi, quando ormai sulla strada dell’anzianità ci siamo resi conto che certe favole vengono vissute una volta sola nella vita.

SE E’ TUTTO FALSO, MANDORLINI, TONI E SOGLIANO DEVONO FIRMARE SUBITO

La notizia che il Verona piace agli americani non arriva improvvisa. Era annunciata. Dopo tre anni di “sviluppo” e “programmazione” suonava troppo strano questo impasse in cui il presidente Setti aveva messo la società.

La “fibrillazione” non è nata per caso, nè perchè a Verona siamo masochisti. Era dettata dal fatto che l’Hellas ha una dirigenza (e un allenatore) completamente a scadenza. Non è un fatto secondario. Ma comprensibile oggi che la notizia ha fatto capolino.

Fatti alcuni accertamenti e rilevato che “dove c’è fumo c’è arrosto” e quindi che una trattativa (più o meno avanzata, più o meno credibile, vedremo con il passare dei giorni questi contenuti…) esiste (e forse più d’una ma questo è in corso d’accertamento…), si capisce perchè Setti non abbia ancora iniziato (yes, iniziato…) a parlare con i suoi dirigenti.

Ieri la società ha smentito la notizia che in questo campo è una prassi a cui nessuno crede più. Lo hanno fatto tutti (ricordate il Milan, quando le prime indiscrezioni vennero a galla?) e i comunicati lasciano il tempo che trovano. Le trattative sono sempre delicate, ci sono domande e offerte e controfferte.

Far uscire una notizia è sempre un momento in cui si rischia di far crollare tutto. Se dopo quattro mesi qualcuno degli americani ha voluto venire allo scoperto è perchè, evidentemente, sa che non c’è più tempo da perdere. Legittimamente, invece, Setti cercherà di strappare il massimo dall’affare, magari proponendo un prezzo più alto (molto più alto?).

Ma per un attimo ammettiamo che la società e Setti, veramente non siano in vendita. Quale migliore “fatto” per verificarlo, al di là dei comunicati, che far firmare immediatamente i rinnovi ai tre pilastri del Verona vincente di questi tre anni?

Già lunedì, mi aspetto che Mandorlini, Toni e Sogliano firmino i loro rinnovi, magari pluriennali, come meriterebbero. Miglior smentita agli americani non ci sarebbe.

 

GIALLOBLU SUPERSTAR

Trent’anni dopo che cosa significa lo scudetto dell’Hellas Verona? Su quella pagina di sport veronese sono state scritte migliaia di parole, si sono fatte analisi, si sono sprecati gli elogi. Mai abbastanza comunque. La frase più profetica la disse Domenico Volpati, il “dottore”: “Solo tra qualche anno capiremo che cosa abbiamo fatto”. La cosa incredibile è che più passa il tempo più lo scudetto conquistato dal Verona prende valore.

Quel campionato non fu vinto in un torneo che valeva poco (tipo quelli di oggi…), ma nel momento di massimo splendore del calcio italiano. In Italia c’erano tutti i più grandi, come se oggi Messi e Cristiano Ronaldo giocassero qui da noi e il Verona vincesse lo scudetto. E non è vero che allora il gap con le grandi era minore di quello di oggi. La Juventus vinceva sempre, come oggi, poi ci furono, certo, le eccezioni: Torino, Roma, Napoli, Sampdoria. Ma il Verona (mi piace chiamarlo così, perché alla fine per me, per noi, la squadra di Verona era solo e semplicemente il Verona, senza quel suffisso Hellas che successivamente venne a marcare più la differenza con il Chievo che nel frattempo aveva assunto nella propria denominazione anch’esso il nome Verona…), fu l’unica vera provinciale a conquistare lo scudetto.

La modernità di quella squadra, la bravura di Bagnoli non hanno oggi paragoni. Quando si parla di “maghi”, di Pep Guardiola e di scuole di pensiero, ci si dimentica troppo spesso di quello che Bagnoli ha rappresentato per il calcio. Solo Sconcerti, recentemente, fine conoscitore, ha riconosciuto al Mago della Bovisa i meriti che gli vanno dovuti.

La modernità di quella squadra è oggi ancora più evidente. Tricella, il libero che diventa un attaccante aggiunto, la spinta sulle fasce, Fanna e Marangon, il regista play-maker, le punte assortite, il tedesco caterpillar che spaccava con i suoi cingolati (Valentino Fioravanti, dixit) le squadre avversarie. Una squadra fantastica, assemblata da un meraviglioso allenatore, la cui immagine e le cui gesta, mai potranno essere paragonate a nessun altro tecnico veronese. A volte mi diverto a pensare che cosa farebbe Bagnoli con Saviola… Vabbè, lasciamo perdere.

Il Verona vinceva e divertiva, più in generale era Verona che in quel momento conosceva una vivacità che forse oggi gli è sconosciuta. Non che i problemi non ci fossero. Vi invito a vedere il bellissimo spettacolo teatrale scritto da Matteo Fontana e messo in scena da Ermanno Regattieri e Andrea De Manincor. Lo scudetto è sullo sfondo, ma Verona è in primo piano. Con gli omicidi, i rapimenti, le vicende oscure, l’eroina che uccise una generazione. A volte si uccidevano i figli per ingrassare i padri.

Verona fu anche questo e non soltanto lustrini e paillets e i gol di Briegel ed Elkjaer. Ma era una città brillante, vivace, ospitale. L’inebriante profumo dello scudetto, la festa del Bentegodi, l’atmosfera di perenne sagra paesana, sono i ricordi della mia adolescenza. Sono stato fortunato a vedere all’opera quella squadra e ho cercato, nel mio piccolo, di trasmettere quelle emozioni a chi non ha potuto vederle.

Quel Verona oggi è anche un monito a chi ci lavora e al rispetto che questa maglia merita sempre e ovunque. Come il Torino si fonda, purtroppo, sul mito della grande squadra scomparsa a Superga, così il mito fondante del Verona, quello più forte, è il legame con quello scudetto. Questo lo devono tenere presente tutti. Presidenti, giocatori, allenatori che passeranno nella nostra società. Verona non è e non sarà mai una piazza “normale”. Anche se è stata calpestata e a volte sfruttata sia dai politici sia da semplici “grassatori”. Il Verona è un patrimonio sociale che Verona purtroppo a volte fa finta di non conoscere. Resteremo per sempre unici, perchè unica è stata quell’impresa. Non bisogna avere pudore a festeggiare quello scudetto. E’ il nostro orgoglio. Gialloblù superstar.

PS. Del derby non parlo. Dico solo che l’unico senso che ancora può avere questa stagione è vedere all’opera qualche giovane. Così, giusto per capire se può essere utile per il prossimo anno. Su Agostini, invece, ci contiamo ad occhi chiusi.

IL DERBY PER NON ESSERE CONDANNATI ALLA MEDIOCRITA’

E’ innegabile che Cervellera sia un arbitro scarso. Ha sbagliato su tutti gli episodi dubbi. Due mani in area, un fuorigioco sul gol dell’Udinese, l’espulsione di Sala, l’espulsione di Marquez. A guardare l’elenco degli ammoniti più gli espulsi sembra sia stata una terribile battaglia. Invece Verona-Udinese è stata una noiosa gara di fine campionato, la terza partita in una settimana, giocata a ritmi blandi, in cui i calciatori più che pedate si sono scambiati abbracci e sorrisi.

Incredibile come Cervellera sia riuscito a rovinare la partita. Tanto che i dietrologi hanno visto dietro questa direzione, una sorta di “compensazione” all’Udinese, defraudata tre giorni prima contro l’Inter. Un’ipotesi che nel momento stesso in cui l’hai pensata fa schifo. Ma a tanto ci hanno portato “Moggipoli” e “Scommessopoli”. Non c’è tifoso che non guardi alle gare bruttissime del campionato italiano senza ipotizzare complotti. E noi che siamo saliti dalla melma della Lega Pro e che abbiamo visto Massa e compagnia, non ci stupiamo di nulla.

Le colpe di Cervellera sono così evidenti che persino azzardare una critica al Verona è inutile, tanto l’arbitro ha condizionato la partita. Il risultato più giusto era evidentemente uno 0-0, il Verona aveva giocato senza infamia e senza lode.

Cervellera però ha fatto di più. Ha condizionato anche la prossima gara, il derby con il Chievo. Il Verona non avrà a disposizione per responsabilità dell’arbitro uomini importanti come Sala e Marquez. All’andata il Chievo vinse per un gol in evidente fuorigioco di Paloschi, un’altra gara che era destinata allo 0-0.

Detto ciò, il Verona non dovrà crearsi un alibi per queste assenze. Anzi, sulla rabbia per quanto è avvenuto contro l’Udinese, dovrà costruire il proprio derby. Quello che si chiede al Verona è una partita cattiva, giocata con agonismo. Il Chievo, proprio perchè Campedelli ha detto che non gliene importante niente, vuole arrivare davanti all’Hellas e mettersi una piccola-grande tacca onorifica.

La squadra di Maran è rognosa, compatta, non prende gol da 195 minuti, è l’esatto contrario del Verona di Mandorlini. Il derby può dare un senso diverso al campionato gialloblù. Oppure condannarlo inesorabilmente alla mediocrità.

L’IMPORTANZA DEL DOLCE

Qualsiasi buon ristoratore sa che ci sono due regole fondamentali per soddisfare un cliente. L’accoglienza iniziale e il dolce finale. In mezzo ci può anche stare un pranzo così così, ma chi frequenta il ristorante sarà colpito più da come è stato accolto e porterà nella memoria l’ultima cosa che ha mangiato (il dolce).

Mandorlini sembra attenersi a questa aurea regola della ristorazione. E’ partito benissimo in campionato e ora lo sta finendo in maniera molto positiva. In mezzo c’è stata tanta mediocrità e momenti di paura vera.

Sogliano ha voluto “punzecchiare” allenatore e squadra qualche settimana fa, e immediatamente il mister, toccato nell’orgoglio e con il contratto in scadenza ha raddrizzato la baracca. Il Verona abulico che ha incassato tre gol con l’Inter ha lasciato il posto a una squadra piena di carattere che ha steso la Fiorentina a Firenze, ha battuto in dieci il Sassuolo e ora, con cerotti e squalifiche, ha preso un punto d’oro a Genova.

Onore al merito. L’ultimo Verona è piaciuto più di quello di tutto il resto del campionato, dimostrando non solo di essere una buona squadra dal punto di vista qualitatitivo (a Genova ha giocato persino con le terze linee), ma anche di avere imboccato finalmente la strada della continuità.

Abbandonata la litania dell’ “abbiamo cambiato tanto” ripetuta anche a dicembre, Mandorlini ha confermato di essere un ottimo allenatore. Quando il mister la smette di essere un testone e fa “sua” la squadra (processo che Mandorlini “digerisce” in qualche mese, per restare in tema…), è un’assoluta garanzia e a Verona lo sappiamo bene.

Siccome, al contrario dei suoi presunti aedi-amici (pronti a incensarlo ma mai a difenderlo in prima persona quando le cose vanno male), noi vogliamo bene veramente ad Andrea, lo sproniamo a dare il meglio di sè. Dire che sa solo fare il 4-3-3 non è fare il suo bene. Anche perchè non è vero. Dire che la squadra è scarsa per tre quarti del campionato non è fare il suo bene. Evitare di parlare dei gol presi non è fare il suo bene. Metterlo contro il direttore sportivo e il presidente non è fare il suo bene. Le critiche fanno crescere se poste nel modo giusto e non strumentale e il mister, che pure ha “rimediato” molte sue spigolosità caratteriali, dovrebbe riflettere su questo. Per quanto mi riguarda credo che Mandorlini abbia inesplorate risorse che una componente caratteriale (“è fatto così…”) limita in modo penalizzante.

Tanto per essere chiari: potrebbe allenare una grande squadra, invece di lui non si parla mai come possibile candidato di certe panchine. Altri allenatori molto meno bravi di lui, dimostrano più intelligenza e furbizia nel proporre meglio il proprio prodotto e il proprio modo di essere.

Aggiungiamo a chiosa, che in taluni ristoranti, dopo il dolce, arriva anche uno splendido e avvolgente caffè, con a ruota deliziosi cioccolatini fondenti che ti scaldano l’anima e ti fanno per sempre dire che quel ristorante è il migliore del mondo. Ne arrivasse uno il 10 maggio (ora di pranzo) quel ristorante sarebbe per noi (lo è già, state tranquilli…) il migliore del mondo.

 

L’ORA DELLE DECISIONI

L’unico a sgombrare il campo dai dubbi è stato Mandorlini. “Fosse per me rimango a Verona”, Mandorlini è stato chiaro. Se Setti deciderà di tenerlo lui è disponibile. Ma ancora non si sa nulla di tutto il resto. E le parole del presidente di questo pomeriggio non è che abbiano fatto chiarezza. Il Verona è un cantiere aperto. Di sicuro (almeno su questo Setti ha sgombrato il campo), il Verona non sarà ceduto.

Pur essendo una “società appetibile” (parole del presidente) il Verona resterà nelle sue mani. Ma con chi lavorerà Setti non si sa. Tranquillizzando la piazza il presidente ha detto: “State certi che ci saranno un direttore generale, un direttore sportivo e un allenatore”. Ma non si sa ancora se queste figure saranno Gardini, Sogliano e Mandorlini.

Il presidente ha annunciato da adesso in poi una riflessione (ma fino ad oggi che cosa ha fatto?) che dovrebbe condurre alla chiarezza. Dato scontato il confronto giornaliero con Gardini per l’ordinaria amministrazione e ricevuta la disponibilità a restare di Mandorlini, il presidente si riferisce evidentemente a Sogliano, il suo cavallo di razza. C’è poco da girarci attorno. E’ Sogliano l’uomo in bilico oggi nel Verona.

La figura di Sogliano è centrale. Dalle sue scelte e dalla sua autonomia, dalla capacità di Setti di interfacciarsi con lui e di delimitare le competenze, dipende il Verona del futuro. Solo attraverso questa primaria scelta si potrà conoscere che Verona verrà fuori.

La scelta dell’allenatore dipenderà da questa mossa. Setti e Sogliano hanno composto una coppia tra le più affiatate del calcio italiano. Sufficientemente pazzi e visionari hanno disegnato questo Verona vincente. Sogliano ha rappresentato un punto di riferimento anche per Mandorlini e lo spogliatoio. Sogliano però non si può imbrigliare. Essendo un cavallo di razza va fatto agire e anche sbagliare. Tanto alla fine i vantaggi saranno sicuramente più degli svantaggi come dimostrano i colpi a ripetizione fatti in questi anni.

Sogliano è una certezza, questo Setti lo sa. E lo è a maggior ragione Mandorlini con cui il presidente non ha mai veramente legato. I due si sono sopportati, ma non sono mancate le frecciate da ambo le parti. Tra loro ha vinto la ragione di stato, per fortuna, e quindi il bene del Verona. Ma a Setti il Verona timoroso e che difende a ridosso dell’area non è mai piaciuto, mentre Mandorlini non sopporta le “frecciate” del presidente.

Più in generale questo gioco delle parti, anche stucchevole ha stufato e non potrà reggere un’altra stagione. Se Mandorlini vuole restare, lo deve fare sapendo come agisce la società. Che, alla pari di Fiorentina, Genoa, Sampdoria e persino il Milan, non può nel calcio di oggi permettersi di non cedere i pezzi migliori e di non cambiare interpreti ad ogni anno.  E se Setti tiene Mandorlini lo deve fare veramente convinto, non per “scaricare” sempre la colpa sul mister o per fare la bocca storta davanti al gioco del Verona.

Se Setti, quindi, ricomincerà da Mandorlini (a prescindere da Sogliano) lo dovrà fare non tanto perchè “costretto” dalla piazza, ma perchè realmente convinto. Mandorlini non ama cambiare, sposa alcuni giocatori, altri li rende inservibili. I giovani li lancia con calma, perchè un giocatore diventi un “suo” giocatore serve almeno una stagione (vedi Jankovic).

Mandorlini però vince, centra gli obiettivi, permette al Verona di restare in serie A. Questo è inconfutabile. E non costa poi moltissimo rispetto ad altri suoi colleghi più blasonati (e forse meno vincenti…). Ha però bisogno di essere “pungolato” “stimolato” e quest’opera (a volte anche logorante) l’ha fatta Sogliano. A volte esternamente (conferenza pre Firenze), più spesso internamente.

L’ago della bilancia è proprio il presidente. Decidesse di “sposare” altre vie, il rischio è altissimo.

Setti tutto questo lo sa e sa anche che cambiare anche una virgola di un Verona che in tre anni ha vinto molto può costare tanto. A lui e al Verona.

Buona decisione, presidente.