Non è retorica. Non è una frase fatta. E’ proprio così. Non ci sono alternative. O si capisce questo concetto o il Verona non avrà futuro. I giovani, meglio se di talento, rappresentano il domani della nostra società. E’ l’indirizzo voluto da Setti e Sogliano. E a cui non c’è alternativa. Solo così il Verona potrà ritagliarsi un suo spazio nel mondo degli sceicchi, dei fondi d’investimento, delle multinazionali. Questo è la “mission” a cui l’Hellas si deve votare. Come ho già avuto modo di dire, questo implica un modo diverso di guardare la questione anche da parte di tutti noi. Lavorare con i giovani è una sfida bellissima e affascinante. Serve la pazienza, puoi ricevere mille, ma anche uno. La difficoltà sta nel capire quali sono i margini di crescita. Bisogna capire che si sconta sempre una maturazione. Ma, rispetto al passato, oggi questa maturazione la scontiamo pro Hellas Verona e non pro altre società (un caso su tutti fu Tachtsidis, in cui il Verona non riuscì a monetizzare l’incredibile valorizzazione). Ecco perché bisogna mettere una cintura di sicurezza attorno ai nostri ragazzi. “Bruciarli” sull’altare di giudizi affrettati è un esercizio inutile e anzi dannoso. Dire per un piccolo errore “non farà carriera” o “non è adatto alla serie A” o “è inguardabile” fa parte di una cultura vecchia e sorpassata. Pensate un po’ a quante volte abbiamo sbagliato nei giudizi in questi anni. Penso a Rafael, massacrato dopo la gara con il Portogruaro. O a Jorginho, massacrato quando Mandorlini lo mise in campo contro il Torino, o a Bianchetti, recentemente. In realtà, e in questo mi ci metto dentro pure io, serve maggior equilibrio. E maggiore maturità. I giovani ci servono, saranno la nostra linfa. Di più, sono il nostro patrimonio. Vanno sgridati, stimolati, educati, ma mai “ammazzati” (moralmente). Proprio come facciamo con i nostri figli.
LA VERITA’
Non si può morire perché si va in trasferta a seguire la squadra del cuore. No, non è giusto. Se poi si rischia di morire perché una porta di un bus cede, perché 130 persone vengono stipate in un carro bestiame, perché non si è in grado di organizzare una trasferta, è veramente uno schifo. Giorgio Leoni è un ragazzo, un uomo di 43 anni. E’ caduto da un bus fatiscente lanciato in una folle corsa verso lo stadio, non è stato nemmeno raccolto. Sta lottando tra la vita e la morte e ha due figlie. E’ tifoso dell’Hellas Verona e come noi ama follemente questa squadra. Spero che la verità venga a galla e che non ci siano coperture di sorta. Questo Stato, (lo scriviamo da cittadini ancora con la S maiuscola, nonostante tutto) proprio a Genova, in una scuola, ha scritto una delle pagine più vergognose, umilianti e inquietanti della sua storia. Ora di storia ce n’è un’altra, più piccola, meno importante forse. Ma noi non molleremo di un centimetro per sapere la verità. E intanto complimenti ai giornalisti del Secolo XIX, giornale genovese, che hanno raccontato e fatto vedere senza reticenze quello che è successo. Mentre altri hanno subito cercato di fornire notizie false per coprire all’italiana le solite responsabilità.
#forzaleo, non mollare.
DISTRAZIONI FATALI
A 22 punti istituire processi al Verona mi pare una follia. Soprattutto dopo una partita in cui dare un voto a Rafael é arduo.
Però qualcosa va detto dopo questo 2-0 che ha molte attinenze con la sconfitta di San Siro contro l’Inter. Lá furono mortali i tre angoli, ma almeno i gol arrivarono attraverso un lavoro anche dei nerazzurri(blocchi, schemi e bravura degli avversari). La partita di ieri e il gol dell’1-0, soprattutto, dice che a volte commettiamo errori imperdonabili e anche inspiegabili. Un episodio condiziona una partita a questi livelli. E accentua i problemi. Per esempio, dopo quel gol, si é visto che Iturbe non era in giornata, che Cacciatore ha bisogno di un po’ di riposo, che forse Moras, bravo sulle palle alte era la scelta migliore (la riprova non c’é e qualcuno mi dirá che Llorente ha segnato proprio di testa con Moras che lo marcava).
Colpa degli episodi, uniti al fatto che non ci é girata per niente bene, come altre volte é successo.
Volessimo vederla in modo positivo, la sconfitta ci fará arrivare un po’ piú incazzati al derby…
GAME, SETTI E MATCH…
Una volta si diceva che il pesce puzza dalla testa. Mai cosa fu più vera. Oggi potremmo dire che profuma dalla testa. La testa è quella di Maurizio Setti, il presidente dell’Hellas Verona. Sono le sue scelte che hanno reso il Verona così vincente e sorprendente. Non suoni questo post come un’ode al numero uno del Verona. E’ solo una constatazione, credo oggettiva.
In questi anni a Verona ne ho viste di tutti i colori. Ma soprattutto ho visto l’incapacità di molti dirigenti di circondarsi delle persone giuste. Setti lo ha fatto e non è cosa da poco. C’è chi, soprattutto nei “self made man”, ama circondarsi di mezze calzette. Mangiastipendi e signorsì, capaci solo di annuire al proprio capo. E’ un riflesso naturale del padrone che si è fatto da solo. Non ama che il proprio parere venga messo in discussione. Non capendo che questo alla fine, sarà la morte della propria azienda. Setti, in realtà, conosce una parola straordinaria che è “delegare”. Spiego meglio: cosa fa un grande imprenditore? Sceglie i propri collaboratori e crea loro un’area di indipendenza nelle scelte. Alla fine analizza il risultato. Se non è buono, si cambia. Se è buono si continua. Setti mi ha sorpreso in questo. Non so se anche all’interno delle sue aziende si comporti così. Se lo fa si merita grandi fortune. Di certo lo ha fatto nel Verona. Ha scelto Sogliano, poi Gardini e ha dato loro autonomia, dentro un programma e un budget. Questo è importante. La squadra è figlia di Sogliano, ma è soprattutto figlia del presidente che non mette mai becco in questioni tecniche, ma che ha una sua idea calcistica e anche molto raffinata.
Ecco: altro dato da apprezzare: Setti sa di calcio. Tanto. Conosce alla perfezione meccanismi e dinamiche. Ha anche ottime conoscenze tecniche e questo gli permette di analizzare freddamente e con obiettività i fatti.
Non credo che sia stato scandaloso dire che il Verona della scorsa stagione poteva avere cinque sei punti in più in classifica e che poteva andare in A senza soffrire troppo. Setti lo disse e non è vero che era in conflitto con Mandorlini. Era una posizione condivisibile dal suo punto di vista. Certo, vincere non è mai facile ma sono strasicuro che quello è stato un pungolo eccezionale. E i grandi capi sanno essere anche di stimolo per i propri collaboratori anche a costo di sembrare antipatici e dire cose che sono contro il sentire popolare. Non è il gradimento che deve inseguire Setti. Ma il risultato. E’ quello che fa la differenza.
Se ricordate, poi, Setti (accusato spesso di aver voluto cambiare Mandorlini) disse anche un’altra cosa: disse che il tecnico romagnolo e il suo calcio avrebbero trovato maggiore consacrazione, paradossalmente, proprio in A. Possiamo dire che aveva torto?
Ammettiamo comunque che Setti volesse cambiare Mandorlini. Come mai il tecnico è rimasto? Semplicemente perché Setti ha applicato la sua categoria: la delega. Ha lasciato che sia Sogliano, giustamente, a sbrogliare la matassa tecnica e quando Sogliano ha chiarito quello che aveva da chiarire col mister, Setti lo ha appoggiato in pieno. La differenza, credetemi, sta tutta in questo passaggio. Il resto è logica conseguenza. Ogni scelta è stata fatta per il bene del Verona e per il risultato finale. Tutti consci che perseguire il bene del Verona porta vantaggi all’intero ambiente. Spesso in passato abbiamo assistito ad assurdi personalismi.
Pastorello fece una scenata di gelosia quando la piazza diede i meriti della promozione a Prandelli. Purtroppo spesso nell’Hellas abbiamo vissuto queste situazioni. In cui un direttore sportivo si armava per far fuori un allenatore e viceversa e dove c’era un presidente che ascoltava i più disparati pareri, cambiando idea ogni tre per due. Per nostra fortuna, tutto questo, con Setti ha finito di esistere. Oggi c’è solo il Verona. E viene prima di tutto…
CARO CESARE, NON PUOI NON ACCORGERTI DI UN TONI COSI’
Ne esiste un altro del genere? Francamente in questo momento mi viene in mente solo Klose della Lazio (con caratteristiche comunque diverse) e Gomez della Fiorentina. Ma un altro come lui non c’è. Non esiste. E’ l’ultimo reduce di una generazione di attaccanti alti, forti fisicamente, che come si diceva qualche anno fa, “fanno reparto da soli”. Merce rara oggi. Non ne fanno più così. Tanto che per variare il menù, alcuni “creativi” si sono inventati il “finto centravanti”. Che altro non è che ammettere che gente come Luca Toni non esiste più. Toni, prima di tutto, è unico. Mica poca roba. E’ uno che semplifica il lavoro di qualsiasi allenatore. Perchè quando hai uno come lui le cose ti vengono molto più semplici. Sei in difficoltà? Salti il centrocampo e metti la palla lunga e Luca ti da sempre una mano. Toni ti permette di giocare sulla “seconda palla”, quindi di rimbalzo, permettendo ai due laterali di entrare e anche ai centrocampisti di andare al tiro. Fa assist, ma ha il senso della porta (e qui scatta l’istinto del bomber). Vedasi il gol di ieri: Luca sbaglia il primo tiro (più semplice) e azzecca il secondo (molto più difficile) infilando l’angolo sinistro (e solo lì la palla passava).
Inutile, persino poi parlare delle doti umane. Qui passiamo al capitolo “ragazzi perfetti, campioni veri”. Toni è umile, lavora, si diverte. E il suo sorriso è contagioso, aperto, simpatico (niente a che vedere con l’accigliato Balotelli in guerra con il mondo anche dopo un gol). Un ragazzo della bassa padana, un emiliano lavoratore, onesto e senza fronzoli. Sono doti che a una nazionale possono fare molto comodo.
Ricordo che il mio amico Cesare Prandelli, con cui ho scritto un libro biografico, avrebbe fatto carte false in quella stagione veronese per avere uno come Toni. Aveva Cammarata e siccome Cesare è un grande tecnico riuscì lo stesso a far girare la squadra e a far segnare dodici gol a Fabrizio.
Ma adesso uno come Toni lo può portare al mondiale. Sono sicuro che sono considerazioni che non possono sfuggire a Prandelli. Considerazioni tattiche ancora prima che umane. In mezzo a tante mezze calzette (giovani) diamo una chance a questo campione vero, anche se ha 36 anni.
DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE…CON LA SAMPDORIA L’E’ UN PAREGGIO SCRITTO
Questa vittoria é dedicata a tutti quelli che “con la Sampdoria l’é un pareggio scritto…”.
Ma anche a quelli che… ” Halfreddson non é da A”
E quelli che “Gomez l’é inguardabile”.
E anche po’ a quelli che “Maietta puó giocare solo in B”.
E non ci si puó dimenticare di quelli che “Mandorlini non é in sintonia con Sogliano”.
Ma anche a quelli che “Toni é bollito”.
Va dedicata anche a quelli che “la maietta nera non la me piaze e con la nike avemo perso identitá”
E a quelli che ad ogni sconfitta scrivono “Svegliaaa”
Tre punti anche per ricordare quelli che “l’é colpa de bianchetti”. Anche se Bianchetti non ha giocato.
SERATA STORTA
Ci sta di perdere. Per caritá. Non muore nessuno e nulla é compromesso. Dispiace solo che i quattro gol dell’Inter siano stati praticamente regalati e che non é stato il miglior Verona quello che é sbarcato a San Siro.
Come se all’appuntamento con una bella donna avesse preso il due di picche, o peggio ancora, come se l’avesse portata a letto e poi fatto cilecca.
Il rammarico é questo: non aver visto il miglior Verona, se non nell’ultimo quarto d’ora. Ci sta. peró dagli errori si deve imparare e non si possono regalare all’Inter tre gol su angolo e un atteggiamento troppo da ballerina e poco da gladiatori. Abbiamo preso sedici gol fino ad oggi con questi quattro e peggio di noi ci sono solo Sassuolo e Bologna. Non é un allarme, ma una riflessione. E a proposito. Alla salvezza ne mancano sempre 24. E con Sampdoria e Cagliari, non possiamo sbagliare.
NON INTERROMPIAMO QUESTA EMOZIONE
Immaginatevi quell’onda calda, forte vibrante che guida la squadra nei momenti difficili… quell’urlo incessante che prende per mano uno ad uno i nostri giocatori e li porta a vincere le partite… C’è un perché dietro i successi del favoloso Verona di Mandorlini. Si chiama tifo. Passione. Calore. Quella passione e quel calore che altrove nemmeno sanno cos’è. C’è gente che se lo sogna di avere uno stadio del genere. Pietro Leonardi, dg del Parma è uno di questi. Tanto da dire che gli arbitri sarebbero condizionati da tutta questa gente… Giocatori che non vedono l’ora di correre sotto una curva così. Adesso immaginatevi per un istante che il Verona giochi a spalti deserti. E che stia perdendo come è successo domenica scorsa per 2-1 contro il Parma. Chi aiuterebbe la squadra? Chi la condurrebbe alla vittoria? No, non è possibile, non è proprio possibile che l’Hellas e il suo tifo meraviglioso possano interrompere adesso questa emozione così forte, questo legame eccezionale che ci sta portando così in alto. Per questo, ragazzi, lo dico chiaro e forte, dobbiamo essere intelligenti (come lo siamo spessissimo) ed evitare a Milano ogni provocazione. Gli altri stanno facendo adesso battaglie che noi, da soli, abbiamo fatto anni fa. Ora noi ci siamo spostati. In avanti, come sempre. E come sempre restiamo al fianco della nostra squadra. Le battaglie, di retroguardia e francamente fuori moda, lasciamole fare agli altri…
GRAZIE A DIO SONO DELL’HELLAS
Non finiró mai di ringraziare chi mi ha fatto tifare per l’Hellas Verona. Non so se io ho scelto l’Hellas o l’Hellas ha scelto me. So che nessuno al mondo mi sa regalare queste emozioni, queste gioie, ma anche sofferenze, tristezza, rabbia. Il Verona é unico, non ce n’é un altro così. Capace di lottare per non andare in C2, capace di issarsi ai vertici della serie A, in pochi anni, tutto e il contrario di tutto, in mezzo a lutti e tragedie, tragicomiche, telenovele, farabutti, ladri, grassatori, truffatori, salite e discese, progetti e controprogetti.
Sembra un film. Invece é tutto vero. Come se tutto fosse disegnato nel cosmo, come se il nostro kharma avesse un preciso destino: mai essere normali o banali. Siamo l’unica squadra provinciale scudettata, abbiamo vissuto una gioia irripetibile come quell’annata tricolore, raccontata ai nostri bimbi, definita irripetibile. Abbiamo ammirato le nuove generazioni che s’innamoravano dell’Hellas che giocava a Manfredonia, spiegavamo loro come guerrieri dell’Iliade reduci da Troia che noi eravamo a Bergamo, a Stettino, a Utrecht, a Brema, luoghi mitici di una mitologia che pareva affondare le radici proprio ai tempi di Omero il cieco, tanto si stava allontanando nel tempo.
Ed ecco all’improvviso Mandorlini e i suoi ragazzi, una meravigliosa truppa che pare essere tornata a farci rivivere quelle vecchie emozioni che parevano finite e sepolte.
Non so come finirá questo campionato. Sicuramente ne mancano 24 a Itaca, che poi sono i punti che ci dividono dalla salvezza. Ma di certo, giá ora ringrazio questa favolosa squadra che mi sta regalando emozioni che mi riportano alla mia felice adolescenza. E agli dei che decisero che la mia squadra sarebbe stato il pazzo Verona dico che Penelope non ha ancora finito di tessere la sua tela. Altre avventure mirabolanti ci aspettano…
LA PATENTE
C’è un fatto di cronaca nera che avviene lontano dallo stadio, lontano da ogni gara, di notte in città. Quattro delle persone coinvolte, probabilmente i presunti carnefici (accertare i fatti è doveroso, finchè si è in uno stato civile) frequentano a titolo personale lo stadio Bentegodi. Come migliaia di altre persone in questa città. Se colpevoli sono delinquenti comuni. Non capisco, perché venga abbinato il fatto che siano frequentatori dello stadio. E soprattutto cosa c’entra che siano tifosi del Verona. E’ un’aggravante? E’ legato il fatto che siano tifosi del Verona al loro delinquere? Può darsi che abbiano frequentato le Giovani Marmotte in gioventù: per lo stesso concetto bisognerebbe titolare “Esponenti delle Giovani Marmotte picchiano di notte in città”?
Pensate un po’ se i due aggrediti (non lo so, lo dico così per fare un esempio..) fossero anche loro tifosi del Verona… Non mi pare un’ipotesi remota… A quel punto come la metteremmo? “Ultras del Verona picchiano tifosi del Verona”? No mi spiace, la notizia è che quattro scalmanati ubriachi e fatti di cocaina picchiano due poveri malcapitati (ripeto, se accertati i fatti).
Che ruolo avevano in Curva o in generale nella tifoseria dell’Hellas questi quattro? Non mi risulta che ci siano ruoli o che la Curva abbia un’organizzazione (le Brigate si sono sciolte anni fa). Il fatto che vadano allo stadio prescinde dal fatto che siano delinquenti e picchiatori. Mi pare che siano più i mezzi d’informazione a dare un ruolo a questi delinquenti che non quello che loro realmente hanno. Le responsabilità penali, anche per i daspo, sono individuali. Se sono colpevoli devono pagare. Carissimo e salatissimo. Come delinquenti comuni.