L’UOMO CHE CI HA RIDATO LA DIGNITA’

Giovanni Martinelli è volato in cielo. E’ l’uomo che ha restituito dignità al popolo del Verona. Un piccolo, ma immenso personaggio al quale non si potrà mai finire di dire grazie.

Prima di lui la società era un ammasso informe e senza domani. Martinelli gli ha restituito l’onore e il futuro. Compiendo molti errori. Come è umano. Ma sempre con la buona fede di chi sapeva di avere davanti a sè un compito proibitivo. Pensava, all’inizio della sua avventura che la cosa migliore fosse unire le forze con il Chievo, per perseguire la strada della fusione. Ma si rese conto, prestissimo che quella strada che pervicacemente gli era stata messa davanti non era praticabile. Per fortuna. Martinelli ci mise poche settimane per innamorarsi del Verona e per capire che nulla, nella sua vita, dopo aver conosciuto l’Hellas e i suoi tifosi sarebbe più stato come prima.

Si mise a lavorare. Tantissimo. Mise a posto i conti (disastrati), pagò fornitori e creditori, costruì uno squadrone per uscire dalla serie C. Gli andò male e fu un colpo durissimo. Ma non si perse d’animo. Continuò, pagando di tasca sua, affidandosi a Mandorlini che con lui costruì un indistruttibile binomio. Conquistò la B, sfiorò la serie A. Il tutto in mezzo ad un cammino reso difficilissimo da interminabili operazioni, cadute e ricadute che avrebbero piegato un gigante. Ma non lui, il piccolo omino di Sandrà, che riusciva ad andare negli spogliatoi a spronare i suoi ragazzi anche dopo pochi giorni un intervento in cui aveva rischiato la vita.

Ha mollato quando ha capito che lui non avrebbe più potuto essere utile al Verona. Vi lascio in buone mani, aveva detto, affidando il Verona a Setti, a noi che avevamo mille dubbi. Se n’è andato dopo l’ultima impresa del nostro Hellas. E’ volato in cielo, ora che siamo la sorpresa del campionato. Dopo che, l’onore e la credibilità del Verona ci è stata restituita. Grazie, piccolo grande uomo. La terra ti sia lieve. Mandorlini e i tuoi ragazzi ti daranno ancora tante soddisfazioni.

LE DIFFERENZE

C’era un gioco sulla Settimana Enigmistica: trovate le differenze. Che differenza c’è tra il Bianchetti che viene paragonato a Thiago Silva dalla Gazzetta dopo un’esemplare gara con la maglia dell’Under 21 e il Bianchetti di Verona che in molti hanno frettolosamente “bollato” come brocco?

Non c’è nessuna differenza. Bianchetti è sempre lui. E’ un ragazzo del ’93 che ha giocato pochissime gare in serie A e che va seguito con affetto e senza mettergli addosso troppa pressione. Nel suo percorso di crescita c’è il Verona. Sconteremo i suoi errori, come in anni passati abbiamo scontato quelli di Gilardino, di Pegolo, di Dossena, di Cassani e Gamberini.

Spesso la fretta e la voglia di vedere sempre i nostri giocatori al top ci inducono ad un gioco al massacro che non ci aiuta. Se lavori con i giovani (e per il Verona non c’è altra via che questa se vuole avere un “ruolo” nel calcio di questo millennio…) devi avere pazienza. Si chiamino Bianchetti o Iturbe. Già, perché se è chiarissimo che l’argentino ha i crismi del fuoriclasse è altrettanto chiaro che non potrà essere sempre quello di Bologna. E allora che non salti fuori qualche genialoide con la penna caustica a dire che è un “fuoco di paglia” destinato a essere solo “un buon giocatore”. Aspettiamoli e godiamoceli. Almeno per un po’…

TORNIAMO A CORRERE

E’ stato bellissimo celebrare questa leggendaria vittoria di Bologna. E’ stato fantastico parlare di Iturbe, di Jorginho, di Toni. Ma dopo questa sbornia che ci siamo concessi, complice anche la sosta, è il caso di tornare in clima campionato. Un campionato che continua a essere durissimo e che non può tollerare pause o cali di tensione. Il Verona ha tredici punti che sono il frutto dell’umiltà e di un modo pragmatico di affrontare le gare. Chi parla di Uefa è un pazzo scatenato e non fa il bene del Verona. Continuo a pensare che ne mancano 27 alla salvezza. Solo dopo i 40 punti possiamo fare altri discorsi. Ora pensiamo al Parma, a come fermare una buonissima squadra, a preparare la gara come si deve. Non smarriamo questa strada per favore.

Ps: Bagnoli parlava di salvezza anche nel 1984-’85…

LE SCORCIATOIE SERVONO (ECCOME…)

Sannino prima della Juve diceva: Io non prendo scorciatoie. Non so se si riferisse alla marcatura che Mandorlini tre giorni prima aveva riservato a Pirlo. Di certo c’è che Sannino non prende scorciatoie ma c’è il rischio che a Genova, se perde, prenda direttamente la via d’uscita.

Parto da qui per dire che proprio il Chievo ha indicato una strada in questi anni: le salvezze si costruiscono con tanto pragmatismo e anche con qualche “scorciatoia”. Quante partite ha vinto il Chievo giocando chiuso, buttando un pallone là davanti e sperando che Pellissier la imbucasse? Un’infinità. Un atteggiamento di umiltà sportiva che ha pagato. Ora non so, e non me ne importa più di tanto francamente, perchè il Chievo quest’anno abbia praticato altre vie.

La cosa che mi piace di più è vedere che quell’atteggiamento lì ce l’ha il Verona. Non sempre, per la verità. A Bologna la partita è stata sontuosa e il giro palla dell’Hellas dopo il gol del 2-1 nella metà campo avversaria è da manuale del calcio.

Quello che voglio dire è che il Verona ha affrontato questo campionato con la mentalità giusta. Le gare “sofferte” con Sassuolo e Livorno che hanno fatto storcere il naso a qualche filosofo per caso, sono state la base per costruire la gara con il Bologna. Altre, spero, ne vedremo. Ma senza dimenticare che non sarà sempre rose e fiori. E che è più facile soffrire come col Sassuolo che non ripetere Bologna. Le scorciatoie, caro Sannino, sono riconoscere che l’avversario è più forte. E combatterlo con le armi a tua disposizione.

Ora, amici dell’Hellas, si farà ancora più dura. Il fatto che ci siamo un pochino scoperti, per merito della nostra classifica, cambierà anche l’atteggiamento degli avversari. Potete scommetterci che Donadoni, tecnico del Parma, guarderà bene il dvd con la nostra gara del Dall’Ara e prenderà le contromosse. Iturbe avrà sempre un raddoppio, Toni, una marcatura ancora più asfissiante.

Per questo il Verona non deve assolutamente abbandonare questo atteggiamento e questa mentalità da “battaglia” che lo ha portato a questo exploit. Se lo facessimo, prenderemmo (stavolta sì…) una scorciatoia. Sbagliata. E chissà come finirebbe.

CI STIAMO DIVERTENDO

Che bella sensazione… Vedere il Verona vincere fuori casa, vedere Mandorlini prendersi la grande rivincita sul calcio italiano che troppo presto lo aveva etichettato e accantonato, vedere Luca Toni che pensa al mondiale, vedere Sogliano in panchina gongolare mentre in campo una sua scoperta, Iturbe, sparigliava i valori, vedere Setti e Gardini in tribuna sorridere con discrezione mentre il povero Guaraldi veniva sotterrato dai fischi del Dall’Ara.
Non sono abituato francamente a tanta grazia. La verità é che ci stiamo divertendo dopo una lunga rincorsa che non finiva mai, mentre eravamo inghiottiti dalle paludi della Lega Pro e il Portogruaro festeggiava la B in casa nostra. Uno dei tanti momenti su cui abbiamo costruito la nostra rimonta, perché tutto é partito da là e se oggi siamo di nuovo la sorpresa della A é perché abbiamo attraversato il nostro deserto, levandoci di torno quell’assillo che é stato lo scudetto, meravigliosa e irripetibile favola del nostro passato.
Oggi c’é un presente da onorare ma ricordandoci sempre dell’inizio di tutti nostri mali, quel 2002 in cui crollammo sotto una serie impressionante di errori, con una società latitante, giocatori senza dignità e conduzione tecnica come minimo poco concreta. Anche allora eravamo così felici e mai avremmo pensato di finire in B a fine stagione.
Da quel giorno ne sono successe di tutti i colori, ne abbiamo passate di ogni sorta, ci hanno illuso con decine di progetti, il più perverso prevedeva anche la fusione con conseguente sparizione del nostro Hellas. Per questo, proprio per questo, ci stiamo divertendo. Ma per questo, proprio per questo ricordiamoci che ne mancano 27. Di punti. Alla nostra salvezza. Primo e unico obiettivo di questo nostro ritorno in serie A.

TIFARE LA MAGLIA (SEMPRE). MA SONO I CAMPIONI CHE CI FANNO INNAMORARE

Prendo spunto dalla discussione che è nata in coda al post precedente. La domanda che qualche tifoso si fa è questa: è giusto tributare un coro a Iturbe alla prima partita con la maglia del Verona senza che abbia fatto niente (se non il proprio dovere che fino a prova contraria è “sputare l’anima per l’Hellas Verona”)? In molti, avete detto di no. Il Verona viene prima di tutto. Si tifa la maglia che rappresenta la nostra città. In linea di principio sono molto d’accordo. E’ un atteggiamento e una linea di condotta che marca fortemente la differenza tra noi e gli altri. Avessimo tifato la categoria, i campioni, le campagne acquisti, di certo non saremmo stati in undicimila in C, in cinquemila a Busto, in ventimila col Portogruaro…

Lasciatemi però dire che certi atteggiamenti di Savonarola nostrani, tutti cilicio e sofferenza non mi piacciono. Il calcio resta un gioco. Splendido coinvolgente, fantastico, totalizzante: ma è un gioco. E questa parte ludica non può essere dimenticata mai. La gioia dopo un gol, nel rispetto dell’avversario, è un toccasana per il pallone, uno sfogo per il calciatore, una festa per i tifosi. Così come ho visto tifosi che si sono buttati a pesce dall’ultimo gradino di una tribuna e sono arrivati in qualche modo al primo dopo un gol della nostra squadra, capisco benissimo alcune esultanze (Cacciatore con la Juve, Malesani con il Chievo) e non ci trovo nulla di male.

Io mi sono innamorato del Verona a dieci, undici anni quando vidi giocare Zigoni. Facile direte voi, Zigo è Zigo, Elkjaer è Elkjaer. Non si può fare di tutta un’erba un fascio. E’ indubbio però che il fascino di un campione su un bambino è eccezionale. E se quel campione, la storia di quel ragazzo, coincide con quella della mia squadra, ecco che la magia è raggiunta. Il Verona è il Verona anche perchè ci hanno giocato Clerici, Zigoni, Luppi, Mascetti, Penzo, Dirceu Briegel, Galderisi (cito a caso…). E questi grandi giocatori hanno fatto la storia del Verona e giustamente a loro tributiamo onori per le emozioni che ci hanno dato e i successi che ci hanno fatto raggiungere. Non ci vedo nulla di male, insomma se un ragazzo di Desenzano viene applaudito dopo aver segnato una tripletta al Bentegodi e dopo aver calciato un rigore col cucchiaio e se domenica il buon Iturbe è diventato il beniamino del Bentegodi per aver tirato una punizione fantastica. E’ quell’entusiasmo popolare che ci ha portato a trionfare in un campionato straordinario di quasi trent’anni fa. Non credo che perdiamo la nostra identità per questo. Non prendiamoci in giro.

In questo senso, dico, non demonizziamo applausi e cori verso chi, adesso, in questo momento lotta per l’Hellas Verona. Non vorrei che a forza di stigmatizzare i comportamenti altrui e predicare la povertà delle emozioni, i Savonarola restassero con un cerino in mano. Lo stesso che portò al rogo frà Girolamo…

PER FORTUNA DECIDE MANDORLINI

Oggi è stata una delle poche volte in cui non ero d’accordo con Mandorlini. Avrei voluto vedere in campo Cirigliano, Iturbe, Martinho, tutti assieme. Avrei dato un turno di riposo a Hallfredsson, avrei cambiato qualcosa e magari lanciato Marques quando si è infortunato Moras. Per fortuna, lo dico sempre, io non sono l’allenatore del Verona. L’allenatore si chiama Mandorlini. Lui conosce la squadra meglio di tutti noi, lui sa come metterla in campo, lui da tre anni vince sempre. La classifica è sontuosa, il Verona è la sorpresa del campionato. Ma il passato ci dice quanto effimero sia questo campionato e quanto è difficile salvarsi. Ne mancano trenta alla salvezza. Questo e basta ci deve interessare.

UNDICI ANNI FA… AVREMMO TENTATO DI VINCERLA E L’AVREMMO PERSA

Ripensavo ieri sera al Verona di undici anni fa, quello di Malesani. Cosa avrebbe fatto Malesani a Torino? Sicuramente avrebbe tentato di vincerla. Avrebbe messo Iturbe, alzato il baricentro, tutti avanti. Bellissimo, splendido, applausi. Ma a Torino avremmo perso. Magari con un contropiede di D’Ambrosio e gol di Ciro Immobile all’ultimo secondo. Come avvenne tante volte quell’anno. Con la Lazio, con la Roma, a Milano con Milan e aggiungete voi gli altri esempi. E noi andammo in serie B. Fantacalcio? Provate a pensarci…

GIU’ LE MANI DA JORGINHO

Conte ha detto che se Pirlo fosse andato in bagno, Jorginho lo avrebbe seguito anche là. Mughini ha paragonato la marcatura del brasiliano dell’Hellas a “quella di Claudio Gentile o Pasquale Bruno”.

Mi pare che sia un tentativo (riuscito, sono bravi a cambiare la realtà eh…) di celare il vero problema: il capolavoro tattico di Mandorlini ha eliminato dal campo il miglior uomo della Juventus, uomo che in questo momento ha grossi problemi con Conte, con lo spogliatoio, con la società (contratto?). Affari loro. Però non si può mistificare l’oggettivo responso del campo. Pirlo è stato eliminato perchè ha trovato un avversario bravissimo, diligentissimo, intelligentissimo. Che non lo ha solo seguito ma che per tre volte è andato in area avversaria e solo per sfortuna/stanchezza non ha trovato il gol. Jorginho è un campioncino che ha dimostrato di essere all’altezza di Pirlo, mentre Mandorlini ha aperto una via per bloccare la Juve. E forse questo ha dato fastidio a qualcuno.

IL RISCHIO DI “BRUCIARE” I NOSTRI GIOVANI

Ecco, c’è un giochetto a cui mi sottraggo volentieri: quello di tirare la croce addosso a Matteo Bianchetti. E’ un atteggiamento autolesionista e sbagliato. Matteo ha giocato oggi contro un attaccante fuori dalla sua portata, è evidente. Ha compiuto un paio di sbavature, diciamo pure un errore gravissimo, ma è restato in partita. Uno l’ha compiuto anche Moras macchiando una gara eccelsa. Eppure nessuno gli ha tirato la croce addosso. E’ profondamente sbagliato a mio avviso mettere sulle spalle di questo ragazzo, capitano della nazionale under 21, la responsabilità della sconfitta con la Juventus.

D’altro lato, non sopporto neanche questa litania sui giovani che devono essere fatti giocare per forza. Attenzione: l’ho scritto e detto per primo che il futuro del Verona saranno i suoi giovani. E’ vitale per la società che giustamente vuole valorizzarli. Valorizzarli appunto e non buttarli allo sbaraglio con il rischio di bruciali. Materia difficile da trattare. I giovani vanno aspettati, plasmati, preparati. Mandorlini sa come si fa. Se Bianchetti ha compiuto un errore, tutto giovanile, è stato di avere fretta. Quella maledetta intervista gazzettiera, rischia di nuocere terribilmente alla sua carriera. Avrebbe giocato lo stesso, sia con il Sassuolo, sia con la Juventus. E forse avrebbe oggi meno pressione addosso e meno sensi di colpa.

Al di là di questo, la vicenda serva un po’ come lezione. Lo dico anche a chi invoca (da una parte) a gran voce i giovani in campo. E poi (dall’altra) è pronto a massacrarli con un giudizio su un blog o con un fischio allo stadio. Per i giovani serve pazienza, calma ed equilibrio. Doti che ha Mandorlini e che purtroppo mancano a qualche tifoso.