ANNI ’70

Non chiedetemi perchè: ma stamattina stavo ripensando ai favolosi anni’70. Parlo dal punto di vista calcistico, visto che in quegli anni ho passato la mia infanzia. E’ vero: chi come me è nato a cavallo degli anni sessanta, ricorda lo scudetto e l’epopea di Bagnoli come gli anni che ne hanno segnato l’adolescenza.

Ma in realtà i miei ricordi più belli e più poetici del calcio risalgono agli anni ’70. E’ in quegli anni che facevo la raccolta delle figurine e in cui certi giocatori divennero dei miti. L’immarcescibile Zoff che costellò tutte le collezioni dai primi anni ’70 ai primi anni ’80. Ma soprattutto il suo introvabile vice: Massimo Piloni, diventato famoso per essere il 12 di Zoff, ma soprattutto una specie di graal per noi bimbi. Erano anche gli anni in cui si iniziava a guardare al calcio estero con crescente interesse. C’era una trasmissione, Eurogol, condotta da Martino e De Laurentis, in cui si vedevano questi gol favolosi, con tiri mirabolanti da fuori area, tanto che quei gol divennero proprio “eurogol”, per antonomasia.

Joahn Cruyff era il profeta del gol. Sandro Ciotti gli dedicò uno dei più bei documentari calcistici che io abbia mai visto. Cruyff era lo straordinario interprete di una squadra meravigliosa che non vinse nulla. Gli olandesi furono sempre battuti dai tedeschi, ma restarono per sempre nella storia. A quell’epoca odiavo i tedeschi. L’aplomb e l’eleganza di Beckenbauer, la freddezza di Gerd Muller, le parate di Sepp Maier. Li vedevo come usurpatori del mio sogno di bambino di calcio totale. In realtà erano immensi campioni.

Nell’Olanda c’erano anche Johan Neeskens, i gemelli Van Der Kerkhof, Willy e Renè e Van der Korput, baffuto jolly olandese che vestì anche la maglia del Toro nei primi anni ’80 e che immediatamente a noi bambini veronesi faceva venire in mente il Falqui e la dolce Euchessina che la mamma ci dava alla sera per essere “regolari” alla mattina.

E il Verona? Per me aveva un nome e un cognome: Gianfranco Zigoni. E’ difficile spiegare oggi che cosa rappresentò per noi Zigo-gol. Un campione della baruffa, un guascone, mai determinante in campo, eppure ci bastavano i suoi lanci, i suoi dribbling e i suoi (pochi a paragone della sua classe) gol, per farci sognare.

Oltre a Zigoni , ricordo con amarezza la tragedia dei fratelli Giacomi. Mario era il portiere del Verona. Un veronese tra i pali. Nato al Chievo (i casi della vita…). Morì nel 1977, con il fratello Gianni, uccisi entrambi dall’ossido di carbonio di una stufa. I ricordi di un bimbo che iniziava a diventare grande.

 

MANDORLINI, TECNICO COMPLETO

Mi pare giusto darvi le mie sensazioni dal ritiro di Bad Kleimkircheim. Sto seguendo il Verona giorno per giorno da quando è nata la nuova stagione. Ho visto molti allenamenti di mister Mandorlini e del suo staff e tutte le amichevoli.

E’ un Verona che lavora nei dettagli. In profondità. L’allargamento dell’equipe permette di fare lavori specifici che prima non erano immaginabili.

Mandorlini ha un eccezionale collaboratore in Nicolini. Suo vecchio amico nello spogliatoio dell’Ascoli, Nicolini è un uomo di grande gentilezza, intelligenza e spessore umano.

Vedo un Mandorlini meno teso e molto concentrato. Un grande allenatore. Ho seguito in questi anni di lavoro tanti tecnici. Bagnoli, Fascetti, Liedholm e Corso, Mutti, Perotti, Cagni, Maddè, Prandelli, Salvioni, Malesani, Ficcadenti, Pellegrini, Sarri, Remondina, Giannini. Alcuni grandissimi, altri molto scarsi. Credo di essere in grado di giudicare.

Mandorlini a livello di didattica, idee, costanza e applicazione lo metto tra i grandissimi. Come lui (non penso ai risultati che sono un’altra cosa), metto Bagnoli, Prandelli, Malesani e Ficcadenti.

Tatticamente, sono sincero, non lo pensavo così bravo. Invece è davvero un gusto vederlo allenare. Duro quando serve, ma bravo quando deve dare una pacca sulla spalla. Molto coinvolgente quando spiega. Come quei bravi professori che a scuola ti facevano passare in un battibaleno l’ora di lezione.

Mandorlini sta insegnando il 3-5-2. O se volete il 5-3-2. Un divertimento. Mandorlini è davvero un tecnico completo e sbaglia chi crede che si sia fossilizzato solo sul 4-3-3. Ci saranno sorprese in questo senso. Credo che come Mourinho, Mandorlini abbia solide basi tattiche ancora prima che motivazionali. Ha un calcio in testa, il suo, fatto di equilibrio, ma anche di molta precisione e applicazione. Oggi il mister è molto più attento di prima al dialogo e al confronto. Sa che questa, come per tutti, è una stagione fondamentale per lui. Non ha perso la voglia di andare in guerra. Ha solo affinato il suo modo di allenare.

Ho visto una seduta in cui si sono provati fino alla sfinimento i movimenti ad uscire con la palla dalla difesa. Movimenti e situazioni che coinvolgono tutta la squadra, non solo i tre difensori.

Il 3-5-2 offre a Mandorlini tanti vantaggi. Squadra con le linee più strette, centrocampo folto e combattivo, e tante variabili in attacco. Credo che lo vedremo spesso. E sarà, come sempre, uno spasso.

ALLARME? NO, SOLO SANO REALISMO

La sconfitta col Levante non deve alzare l’allarme. É pur sempre calcio d’agosto e qualcosa di buono comunque s’é visto. Il Verona ha perso per colpa di un generoso rigore e una punizione pennellata da Ivanschitz. É pur vero che qualcosa va detto perché non tutto funziona alla perfezione. Ci sono problemi nel giocare bene la palla a terra, nel costruire una manova fluida, nell’alzare il ritmo. A vederla dal vero l’Hellas sembra sempre troppo compassata, con quella lunga fase di attesa in cui il pallone gira e gira e spesso non approda a nulla. Ho detto ieri sera al mister che forse ci ha abituato troppo bene negli anni passati, perché ci aspettiamo sempre delle giocate precise e soprattutto delle ripartenze veloci. Il miglior Verona é quello che tiene la palla e poi riesce a esplodere, mentre questo, qualche volta, sembra piú implodere. A mio avviso é anche colpa di una struttura piú massiccia che é stata data alla squadra. Per dirne una: se scegli Jankovic che ha due querce al posto delle gambe non puoi pretendere (ad agosto) di avere velocitá e rapiditá in fascia.
Il Verona mi é piaciuto alla ricerca della concentrazione e della compattezza. Meno quando si tratta di recuperare palla e di ripartire. La miglior gara, in questo senso, é stata quella col Feyenoord, quando forse anche le motivazioni erano massimali.
Vorrei dire che ci manca qualcosa (esperienza, classe?) e che mi aspetto dalla societá un paio di acquisti che ci facciano fare il salto di qualitá. Ma questo é scontato. Prima di me, di noi, lo sanno Sogliano e Setti. E questo, anche paragonato al passato, é confortante.
Col Levante siamo tornati tutti con i piedi sulla terra. Se ce lo eravamo scordato, ci sará da lottare. E nessuno a questo livello ti regala niente. Anzi, a volte, come ieri sera, con certe squadre, gli arbitri ti tolgono qualcosa. E devi essere piú bravo e piú forte anche di questo.

UNA FOLLIA CREARE IL DUALISMO CACIA-TONI

Pensieri d’estate: ma se gioca Toni, Cacia s’intristisce? Credo che Luca Toni nelle prime due amichevoli sia andato ben oltre ogni più rosea previsione. Ha smentito tutte le cassandre che ne parlavano come di un giocatore in declino o finito. Toni sarà una preziosa risorsa per il Verona che torna in serie A. Ma il Verona non potrà prescindere dal suo bomber principe. Cacia ha segnato la bellezza di 24 gol nell’ultimo campionato. Se il Verona ha raggiunto la A è anche grazie a queste reti. Le prime amichevoli non devono trarre in inganno. Cacia sarà tirato a puntino per l’inizio del torneo. E segnerà anche in serie A. Non c’è dubbio. Alimentare un dualismo tra i due è deleterio. Saranno utili alla causa, sia che giochi uno, sia che giochi l’altro, sia che giochino assieme (Mandorlini non l’ha escluso rispondendo a una mia precisa domanda a Trento).

Io la vedo così: Luca sarà utilissimo contro le grandi. Quando il baricentro si abbasserà e bisognerà iniziare a difendere partendo proprio dall’attacco. Come tiene palla lui non lo fa nessuno. E quando sei in difficoltà uno come Toni con centimetri e potenza sarà manna dal cielo.

Daniele giocherà contro le altre, quando bisognerà cercare la profondità per andare a vincere.

E poi i due, così diversi nel modo di giocare, offriranno a Mandorlini una varietà di soluzioni che possono sorprendere anche gli avversari. Per una volta che ne abbiamo due forti là davanti, per favore non facciamolo diventare un problema.

PS. Il rinnovo di Cacia è un falso problema. DC8 resterà e a settembre gli verrà proposto un buon contratto. E come a lui ad Hallfredsson, un altro che come Maietta,  ha sposato il Verona in Lega Pro. Da questi due, non si prescinde.

QUANDO NON ESISTEVA FACEBOOK

Certe volte mi piace fare un giochetto: pensare a cosa si sarebbe detto negli anni ’80 se ci fossero stati anche allora i social network e i blog… Chissà… Chissà cosa avrebbe scritto qualche fenomeno all’arrivo di Volpati… Forse che era a fine carriera? O bollito? Pensate un po’ che il dottor Volpati racconta ancora oggi che prima di arrivare a Verona aveva fatto un pensierino a dedicarsi solo agli studi di medicina e chiuderla con il calcio. L’avesse fatto non avremmo ammirato uno dei migliori centrocampisti mai sbarcati a Verona. Ma certamente, su Facebook (lo prendo come esempio del nostro modo di vivere 2.0) ci sarebbe stato chi avrebbe scritto che Volpati era solo un dinosauro a fine carriera, uno che non avrebbe dato nulla al Verona.

E che dire di Pietro Fanna? Pierino era stato scaricato dalla Juventus, chiuso da Causio e Marocchino. Venne a Verona quasi come uno scarto, poi divenne Pietro Fanna. I commenti (sempre dei sotuttomi) sarebbero stati sicuramente negativi: scarto della Juve, immagino, il più scontato.

Anche Galderisi era solo un ragazzotto di belle speranze che aveva segnato qualche golletto alla Juve (mi pare una tripletta…) e nulla più.

Garella era famoso per le papere alla Sampdoria (le garellate) e naturalmente sarebbe stato battezzato come un portiere che non dava nessuna sicurezza.

Andrei avanti all’infinito con gli esempi: Elkjaer era arrivato dallo sconosciuto Lokeren (e cos’è? una fabbrica di gelati?), Penzo non aveva mai segnato in serie A, Di Gennaro era stato scartato dalla Fiorentina, Ferroni dalla Sampdoria, e via di questo passo.

Cosa voglio dire? Voglio semplicemente dire che a volte rimpiango quegli anni, in cui non si giudicava un giocatore per la faccia, senza conoscerlo, per il gusto di dare un giudizio. Ci si fidava allora, di Bagnoli, di Mascetti, della società. E grazie a quel clima di entusiasmo e fiducia il Verona vinse poi lo scudetto…

NON TUTTE LE BANDIERE SI AMMAINANO

E’ vero che la maglia, il simbolo, i colori sono più forti di tutto e di tutti. Ma le maglie, i simboli e i colori non sono nulla senza gli Uomini che ne scrivono la Storia. E’ ineluttabile e inconfutabile che la Grande Storia dell’Hellas Verona si intreccia perfettamente con quella dei giocatori che l’hanno scritta. Ognuno di noi, nel proprio cuore, ha un un suo eroe a cui è particolarmente legato. Zigoni, Elkjaer, Briegel, Nanu Galderisi e poi via via su, ognuno con il proprio colore gialloblù e il proprio ricordo. Non è tanto che il giocatore sia più importante dell’Hellas è proprio che in un certo momento, in un certo spazio, quella persona, vestendo la maglia del Verona si identifica in essa fino a diventarne parte.

Il lungo preambolo è per parlare di Nicola Ferrari che ho ribattezzato Iron Nick, Nicola d’acciaio, per quel carattere tutto trentino di non mollare mai, di non arrendersi, di risorgere anche davanti ai terremoti della vita. Nicola Ferrari è un buon giocatore. Non è un fuoriclasse. Ma è stato il simbolo del Verona che è risorto dalle ceneri della Lega Pro. Un Verona che non mollava mai, un Verona disperato, un Verona avvilito eppure mai sconfitto. Nicola lo abbiamo amato per questo. Vedevamo in lui la grinta della nostra squadra, l’incredibile capacità di rialzarsi sempre. So con quanto dolore e quanta tristezza Ferrari abbia vissuto questo periodo. Avrebbe pagato di tasca sua per fare anche un solo minuto in serie A con la maglia del Verona. Ho persino evitato di sentirlo in questi giorni. Ne ho avvertito lo sguardo pieno di dolore e forse rabbia sabato al raduno. Qualche minuto fa gli ho mandato un’ sms.

Credo che Nicola abbia fatto la scelta giusta. A 30 anni, è giusto che un ragazzo come lui abbia scelto di andare allo Spezia dove l’attende un biennale utile per se e per la propria famiglia. Nicola non ha mai raccolto quanto meritava nel calcio. A mio avviso tecnicamente valeva più di quanto ha dimostrato. La sua generosità lo ha sempre portato a sacrificarsi e sarà per questo che ha sempre fatto le fortune di chi giocava al suo fianco. Avesse segnato di più, avrebbe guadagnato molto di più. Ma non sarebbe stato Nicola Ferrari d’acciaio.

Nel Verona che se ne va a giocare finalmente in serie A, ci sarà molto di Nicola Ferrari. Perchè alcune bandiere non si ammainano mai.

IL PRIMO GIORNO

E’ come se fosse il primo giorno di scuola. C’è sempre un filo di emozione. Che poi, per noi tifosi, è anche qualcosa di più. Un misto di aspettative, tensione, voglia che si ricominci.

La stagione è ripartita, il Verona affronta la serie A dopo 11 anni allucinanti, in cui è successo di tutto e in cui, serve sempre ricordarlo, siamo stati ad un passo dalla scomparsa.

Undici anni che sono serviti a tutti per capire che i fasti dello scudetto sono lontani anni luce, che si può gioire anche per una salvezza in C1, che non importa in che categoria si gioca perchè tanto il Verona non perderà mai i suoi tifosi.

Devo essere sincero: mi piacerebbe vedere più entusiasmo in questo ritorno in serie A, proprio per tutto quello che abbiamo passato. Ieri ne parlavo con alcuni colleghi e amici. Sento troppi mugugni, troppe polemiche sterili, un piccolo rumore di sottofondo che rischia di guastare l’atmosfera di entusiasmo che sarà una delle nostre armi per il prossimo campionato.

Pare che qualcuno si diverta a criticare a prescindere tutto e tutti. Qualsiasi cosa si faccia diventa negativa. La crociera, le magliette, lo store, gli abbonamenti. C’è un’incapacità congenita in alcuni di noi di godersi la vita, di prenderla con filosofia, dopo aver appurato (io personalmente l’ho fatto) che questa società è qui per crescere e per fare il bene dell’Hellas.

Gli errori ci stanno e si può fare sempre meglio, per carità. Ma questa marea di lamentele non fanno bene al Verona. Arriva un anno, un campionato e una stagione in cui bisogna veramente stare tutti uniti e navigare verso l’obiettivo. Questo non significa non criticare e non far notare quello che non va. Ci mancherebbe. Ne andrebbe anche del mio ruolo di giornalista. Ma quando si critica bisogna farlo a ragione veduta.

Ultimo pensiero, stupido forse: ieri sera quando sono entrato nello store dell’Hellas Verona a due passi da Piazza Bra, quando ho visto gli stemmi, l’atmosfera, la gente in attesa, l’Arena sullo sfondo ho ripensato a questi undici anni. E mi sono sentito orgoglioso di tifare Verona.

 

DUE O TRE COSE SUL DERBY CON IL CHIEVO

L’errore più grande che il Verona possa fare il prossimo campionato è di inseguire il Chievo. E’ un errore fatale che abbiamo già commesso con Malesani e che mai si dovrà ripetere. Mi dispiace ma per me le due gare con il Chievo rappresentano solo due partite contro una diretta concorrente per la salvezza. Importantissime in questo senso, quindi. Sono convinto che non rifaremo questo errore che fu, tra gli altri, responsabile di quella retrocessione. I tempi sono profondamente cambiati. Oggi l’outsider (auzzaider) è il Verona. Il Chievo, dopo 12 anni di serie A, è una società che conosce perfettamente i meccanismi della categoria. Persino in certi pareggi incolori ma efficaci per la classifica e per la salvezza c’è da imparare. Anche se da tifoso del Verona mi auguro di non vederne, perchè, diciamoci la verità, quella è la morte del calcio. Ma alla fine, contro l’Empoli, punto che valeva la serie A, nessuno si è sognato di protestare per una gara all’acqua di rose.

Il Chievo in questi anni è diventata l’espressione del potere cittadino. Campedelli ha sfruttato il vuoto dirigenziale del Verona occupando spazi che altrimenti non gli sarebbero stati concessi. Persino il più importante istituto bancario cittadino ha snobbato in questi anni l’Hellas Verona (qualcosa è cambiato solo recentemente…) per appoggiare il Chievo. La vicenda dei simboli e dei colori (scale, Cangrande, il gialloblù) è stata la negazione della storia (meravigliosa) del Chievo per inseguire una storia che non gli apparteneva. Una scelta deleteria per il Chievo. Noto con dispiacere che anche quest’anno Campedelli non ha inserito nessuna maglia con i colori biancoazzurri, i colori originali.  La Diga, il simbolo che compariva sui gagliardetti del Chievo, è sparita dalla circolazione. Per qualcuno possono essere dettagli insignificanti. Ma io credo che con queste cose non si scherza. Non si parla qui della legittimità o meno di prendersi i simboli e i colori che più piacciono. Ma solo di opportunità. Il Chievo in questo senso ha fallito. E’ diventato una brutta copia dell’originale. Mentre doveva rafforzare la propria (meravigliosa, ripeto) identità di squadra di quartiere che è arrivata in A. Non ho capito la scelta. Anzi, forse sì: era una scelta di marketing adottata quando pareva che la fusione fosse cosa fatta. Una follia.

Aggiungo che il Verona sta ritrovando una dimensione importante dopo che Martinelli ha affidato il timone al signor Maurizio Setti. Un imprenditore slegato dalle logiche salottiere veronesi, che probabilmente ha tolto il guinzaglio con cui il Verona è stato tenuto in questi anni. La visione di Setti è molto elevata. E forse, ora, si capisce che cosa voleva dire quando appena arrivato, parlava di una realtà troppo provinciale. Io ero tra quelli che non lo avevano capito perfettamente: pensavo alla nostra provincialità come ad una forza che ci aveva salvato dal fallimento. Setti, invece la intendeva come un freno al nostro sviluppo. Ha ragione lui. Il problema è che noi non siamo abituati a ragionare avendo dall’altra parte una “società normale”. Per noi la normalità erano i fratelli Carino, Cannella, i teatri di Pastorello, Farina alle Torricelle, Galli e Lancini, il truffatore che aveva la salsa di pomodoro scaduta in cantina. Setti, Gardini Sogliano ci stanno facendo riapprezzare il senso della normalità. Per questo il derby col Chievo è una bella pagina di calcio. Non facciamolo diventare la disfida di Barletta. Sarebbe troppo provinciale. E noi abbiamo altro a cui pensare, francamente.

LUCA TONI, FINALMENTE

E’ arrivato. E mentre guardo il primo sms del mio cellulare (“Ti ricordi quando presentavamo Morante?), mi appresto a fargli la prima intervista. E’ simpatico, disponibile. Come tutti i grandi campioni. Ha gli occhi emozionati. E si vede.Mi basta per dire che può essere un buon acquisto. Toni è tutto quello che ci serve adesso. Un ragazzo serio, di grande esperienza, che può darci una mano tatticamente, nello spogliatoio, in campo. Mediaticamente è un colpo divino. Non dico che è alla pari di Cassano a Parma, ma quasi. Toni è un campione del mondo. Non credo venga a Verona a svernare. Non mi pare il tipo. Certo, solo il campo ci potrà dire se è stato un colpo di mercato. Ma sulla carta Toni ci può far sognare. Qualcuno si lamentava che il Verona non si stesse muovendo sul mercato. Beh: dopo aver confermato Martinho, Laner e Agostini, aver preso Donati e Alejandro Gonzalez e praticamente preso Pablo Gonzalez, ora, con l’arrivo di Toni, mi pare che ci stiamo divertendo. In fondo qualche anno fa presentavamo Morante…

SBATTI IL MOSTRO IN PRIMA PAGINA

E’ sempre stata la regola del giornalismo spazzatura. Prendi il mostro e sbattilo in prima pagina. Poco importa che sia vero. Basta farlo credere. E ripeterlo. Ossessivamente. Leggo oggi una domanda a Sannino, il neo allenatore del Chievo,  in un’intervista della Gazzetta: “Chievo-Verona invece promette bene. Un allenatore nato in provincia di Napoli contro uno famoso per un coro contro la gente del Sud”. Domanda evidente capziosa. Cattiva. Subdola. Coro contro la gente del Sud? Ma di che parliamo? Della canzoncina degli Skiantos cantata da Mandorlini dopo le botte prese a Salerno, dopo il piscio tirato in testa ai tifosi, dopo che il presidente Martinelli ammalato e debole fu costretto a lasciare la tribuna stampa perchè minacciato?

E il derby di una città del nord, una città di provincia che ha due squadre in serie A, l’unica città che ha vinto uno scudetto, merita davvero una domanda del genere? Con tutto quello che si poteva chiedere a Sannino (i rapporti con Sogliano, le vittorie a Varese, come ha intenzione di far giocare il Chievo…) la cosa importante e basilare per la Gazzetta è questa. E’ un piccolo esempio. Ma pensate quante trappole dovremo schivare quest’anno. Già me le immagino certe trasmissioni Rai a fine gara, con i collegamenti dagli spogliatoi… E le provocazioni in settimana… Prepariamoci. Noi siamo i mostri da sbattere in prima pagina. E loro non vedono l’ora di farlo. Ma forse possiamo sorprenderli.