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ALLA SAPIENZA E’ SEMPRE ’68

 

 

All’università romana della Sapienza è sempre ’68. Non è mai finito. Cinquant’anni dopo è tutto uguale. Ed anzi gli studenti “democratici” del collettivo della facoltà di Lettere hanno festeggiato il cinquantenario nel migliore dei modi: cioè con l’assalto squadristico al preside della loro facoltà, Guido Pescosolido. Davvero un gesto simbolico, emblematico, perfetto per ricordarci com’è nato il ’68, cos’è stato e in che modo ha distrutto la scuola italiana.

Questo povero professore assediato nel suo ufficio, col terrore che la teppa riesca a buttar giù la porta, salvato in extremis dalla polizia, abbandonato da uno Stato incapace di arrestare subito i colpevoli e sbatterli in galera, cosa può fare mai? Deve frequentare un corso di difesa personale? Lui è un docente non è mica un Rambo. E quindi non può che calare le braghe annunciando le dimissioni, come ha fatto; anche perché – spiega – teme per l’incolumità dei suoi stessi famigliari.

Ma ci rendiamo conto? Un professore universitario ridotto come un pentito di mafia, che dovrebbe essere messo sotto protezione assieme a tutta la sua famiglia…Qui il problema non sono le sprangate che i collettivi “democratici” si sono scambiate con quelli di Forza Nuova. Il problema sono le sprangate che – agli uni e agli altri – dovevano dargli fin da piccoli i loro genitori per insegnare il rispetto della legge e dell’autorità.

Tornando a Pescosolido, è la perfetta reincarnazione di tutti quei docenti universitari e delle superiori che, cinquanta anni fa, erano la struttura portante della nostra eccellente scuola pubblica: autorevoli, anche autoritari, di certo mediamente molto preparati. Ma anche loro furono lasciati soli dallo Stato. E anche loro non poterono che calare le braghe di fronte alla violenza squadristica di quei sessantottini che volevano il voto politico, il voto collettivo, la promozione garantita. Che pretendevano di stabilire loro programmi e piani di studio; faccio un esempio con la mia vecchia facoltà di Lettere e Filosofia: basta Dante, basta Pascal, vogliamo studiare il Mistero Buffo di Dario Fo’ e l’Uomo a Una Dimensione di Marcuse.

Arrivarono così le promozioni di massa, saltarono i programmi ministeriali, ebbero via libera i mille corsi sperimentali grazie ai quali oggi ognuno può insegnare ( o fingere di insegnare), studiare (o fingere di studiare) ciò che preferisce. Ma con i risultati che tutti vediamo: la nullificazione della scuola italiana. E tutto iniziò con l’intimidazione squadristica di un corpo docenti abbandonato dal suo Stato, come ci hanno tanto efficacemente ricordato e riproposto nel cinquantesimo del ’68 gli studenti “democratici” della Sapienza.

 

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