Abdul Salama Guibre, cittadinanza italiana nato nel Burkina Faso, aveva la pelle nera ed è stato massacrato per aver rubato un paio di biscotti. Il veronese Nicola Tommasoli aveva la pelle bianca ed è stato massacrato per non aver offerto una sigaretta. Vale la perna di ricordarlo a quanti, come iene, hanno subito azzannato la tragedia di Milano per lanciare l’accusa di razzismo: si muore per il più futile dei motivi (il parcheggio, un litigio in discoteca, lo scippo di 100 euro) che innesca aggressività e violenza bestiali, a prescindere dal colore della pelle.
I carnefici di Tommasoli erano vicini all’estrema destra e non mancò il tentativo di trovare una matrice politica al massacro. Movente che però i magistrati hanno escluso; così come il pm di milano oggi ha contestato l’omicidio volontario di Abdul ma senza l’aggravante dell’odio razziale. Già ieri però, senza nemmeno aspettare i primi riscontri, il leader di Rifondazione Paolo Ferrero aveva sentenziato definendolo “un intollerabile atto di razzismo” collegato alle “campagne xenofobe e razziste” della Lega. Ed anche l’ex segretario Ds Piero Fassino non aveva esisitato a parlare di “un clima di intolleranza e di odio in cui ogni orrore può accadere”.
Non voglio nemmeno escludere che padre e figlio titolari del furgone bar, entrambi pregiudicati, una volta arrivati allo scontro e alle sprangate possano aver gridato “sporchi negri” in faccia ad Abdul e ai suoi amici (come riferirebbero alcuni testimoni). Ma non è stato il colore della pelle il fattore scatenante della rissa, bensì l’idea di aver subito il furto di qualche dolcetto. Così come si arriva alla follia di uccidere perchè qualcuno ha osato parcheggiare al mio posto o rivolgere un complimento alla mia ragazza o negarmi una sigaretta. Il “clima di intolleranza e di odio”, le “campagne xenofobe e razziste” – quando sono sul serio la causa scatenante – generano fenomeni ben diversi: squadre e squadracce che a freddo partono e vanno a pestare a morte il primo negro che capita o il primo ebreo o il primo avversario politico.
Stabilire poi una correlazione, come ha fatto Paolo Ferrero, tra l’aggressione di Milano e le parole pronunciate a Venezia dal ministro Maroni è semplicemente vergognoso. Maroni ha infatti solo ribadito l’esigenza di dare un giro di vite all’immigrazione clandestina. Esigenza condivisa da tutte le persone di buon senso a destra come a sinistra: perchè mettere un limite agli ingressi incontrollati è, al contrario, il primo rimedio contro le reazioni xenofobe e razziste che innevitabilmente si scateneranno se le porte del nostro Paese continuano a rimanere aperte a tutti. Questo governo vende fumo (federalismo) e lancia grida manzoniane (prostituzione) ma non orchestra campagne razziste.
I due che hanno massacrato Abdul per qualche biscotto rubato sono due animali. E tanto basta. Chi vuole presentarli anche come protagonisti di un’aggressione razzista rischia di diventare lui pure un animale, che sfrutta le tragedie per cercare di dimostrare i propri teoremi politici.
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