Siamo alla farsa della sceneggiata napoletana: il governo offre una nuova rottamazione alla Fiat, Marchionne (incredibile a dirsi!) rifiuta gli incentivi, ma il governo insiste e lo prega di accettare. Magari fosse una farsa. Purtroppo è la realtà, con l’aggravante che il capo di questo governo non è Mario Merola ma uno che è un imprenditore, che non perde occasione per dirsi liberale, e che quindi dovrebbe conoscere e rispettare il mercato. Soprattutto dovrebbe sapere che l’assistenzialismo, l’elargizione di denaro pubblico, non hanno mai risolto un problema economico. Anzi: l’hanno sempre aggravato, perchè hanno rimandato nel tempo la ricerca di soluzioni vere.
Mettiamo una pietra sopra al passato, cioè a tutte le regalie fatte per decenni alla Fiat. (Con buona pace di quello spudorato mentitore di Montezzemolo che proprio oggi vuole farci passare per fessi affermando di non aver “mai ricevuto un euro dalla Stato”). Prendiamo atto che oggi l’amministratore delegato non ci sta’ a distruggere ulteriormente l’azienda che è chiamato a risanare. Non vuole più la rottamazione alla luce di un ragionamento cristallino: ci sarà comunque una forte contrazione nella vendita delle auto, drogare il mercato con gli incentivi serve solo a vendere qualche macchina in più oggi per venderne comunque molte meno domani, e inoltre si ritardare l’avvio di una drastica riconversione che resta comunque l’unica soluzione; quindi è solo un danno, perchè fa solo perdere tempo.
E nulla dimostra e conferma l’assunto meglio della tragedia del nostro Mezzogiorno. Dove decenni di assistenzialismo dissennato, che oggi Luca Ricolfi è arrivato a quantificare in 50 miliardi di euro l’anno saccheggiati alle regioni del Nord per trasferirli in quelle del Sud, è servito solo a rinviare alle Calende greche il decollo di un’economia autosufficiente del Meridione (che cinquant’anni fa poteva partire, mentre oggi è 50 volte più arduo). Con l’aggravante che là non c’è ancora un Marchionne che dica basta. Là abbiamo uno Schifani che invoca ulteriori e massicce dosi di coca per tenere in vita Termini Imerese…
Ma immaginiamo, per un attimo, un Raffaele Lombardo che avesse la lungimiranza di Marchionne e dicesse basta droga! Basta con l’assistenzialismo che distrugge la Sicilia! Sarebbe concepibile un Formigoni che replicasse dicendo no? Insistendo perchè la Lombardia continui a dissanguarsi inutilmente? Inimmaginabile. Mentre proprio questo sta facendo il governo Berlusconi con la Fiat: insiste per continuare a drogarla a spese della collettività.
Senza aggiungere che Termini Imerese, con i suoi 1.370 dipendenti, è solo la minima parte di un problema ben più vasto che ci mostrano le tabelle pubblicate in questi giorni da molti quotidiani: la Fiat in Italia ha 22 mila dipendenti che producono 6 mila auto l’anno, mentre negli stabilimenti polacchi lo stesso numero di auto viene prodotto da soli 6 mila dipendenti, meno di un terzo di quelli italiani! Il che significa che tutti gli stabilimenti italiani hanno una produttività talmente bassa che non consentono all’azienda di essere competitiva sul mercato mondiale dell’auto. E quindi il problema non è chiuderne uno, ma tenere ancora aperti gli altri.
Il costo del lavoro come “variabile indipendente” era uno slogan, una bestemmia economica, del sindacalismo sessantottino che tutti, anche i sindacati, hanno fratto finta di aver archiviato. Invece è la realtà operante da decenni nella nostre grandi aziende. Perchè aver ignorato i seri controlli di produttività, il raffronto con quella degli altri Paesi industriali, ha significato proprio questo: trasformare il costo del lavoro in una variabile indipendente. (A prescindere dall’entità, modesta, dell’importo che va in tasca al lavoratore).
Questo dovrebbe avere il coraggio di denunciare Scajola, questo dovrebbe dire un governo guidato da un imprenditore. Invece abbiamo un governo, peggiore della Fiat, che vuole continuare a drogarla; illudendosi di così di sviare la protesta popolare di chi perde un posto di lavoro indifendibile.
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