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DAL SANTO AL SACCO DI ROMA

 

 

Per cercar di capire l’ennesimo sacco di Roma, come mai un’orda di nuovi barbari abbia potuto mettere a ferro e fuoco la Capitale, bisogna partire dal Santo. Dalla Basilica del Santo di Padova dove le telecamere hanno pizzicato un albanese che rubava dalla cassetta delle offerte.

Il rettore del Santo, padre Enzo Pojana, pur essendo un francescano aperto, moderno e progressista, ha subito dichiarato: “La povertà non giustifica il gesto. Chi sbaglia paghi”. Non poteva che dire così perchè, se avesse cominciato a giustificare il furto con la povertà, il giorno dopo ne avrebbe trovati altri dieci di poveri, stranieri e veneti, a far man bassa delle offerte. Sarebbe stata un’istigazione a delinquere.

Esattamente quello che fa una classe politica ambigua che, da un lato condanna ogni violenza, dall’altro però però ricorda che c’è il disagio sociale, che ci sono i tagli alla cultura, che ci sono i rifiuti a Terzigno oppure i terremotati ancora senza casa all’Aquila. E’ esattamente come ricordare che c’è la povertà. Cioè è dare una giustificazione alla violenza. Mentre tutti dovrebbero dire e ribadire che non c’è né povertà né montagne di monnezze, ne tagli né licenziamenti o qualunque altra calamità che, in un Paese civile, possano rendere tollerabile il ricorso alla violenza.

Dopo di che tutto resta pura filosofia se non seguono risposte adeguate. Assai più importante di quanto ha detto padre Pojana, è che i carabinieri arrestino il ladro e i magistrati lo condannino (senza l’attenuante della povertà). Che altrimenti i furti si moltiplicheranno di certo.

Esattamente come non è mai stata estirpata la protesta violenta perchè non è mai stata punita adeguatamente. I mitici poliziotti inglesi girano disarmati perchè tutti sanno che colpire un poliziotto significa incorrere nel massimo rigore della legge. Da noi invece colpirli e bersagliarli è uno sport nazionale: anche ieri a Roma ci sono stati più feriti tra le forze dell’ordine che tra i nuovi barbari.

Si parla di infiltrati, di qualcuno che li organizza e li usa. E può darsi che sia anche così. Ma al fondo del sacco di Roma c’è la certezza dell’impunità, confermata dall’esperienza che risale al ’68 e arriva al 2010: quando mai chi lancia cubetti di porfido, chi spacca vetrine, chi incendia blindati o compattatori o auto, ha subito una seria condanna scontata in carcere? Mai è accaduto.

E allora è come quando compri un cucciolo, un cagnetto o un gattino. Lo porti a casa e lui regolarmente la fa sul tappeto. Dopo dipende solo da te: se lo sculacci e gli ficchi dentro il musetto, lui impara a non farla più. Se invece lo lasci continuare impunemente, lui continua a farla; non solo sul tappeto ma anche sul divano e sul letto.

Questo è il nocciolo del problema: ai “cuccioli” dei centri sociali e affini nessuno ha mai ficcato il muso nei loro escrementi di violenza.

 

 

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