Farfugliando, come sempre, e mostrando il medio, come sempre, Umberto Bossi ha detto che Mario Monti rischia la vita, che se viene qui al Nord gli sparano. Il ministro Cancellieri lo accusa di “istigare all’eversione”.
Non scherziamo. Magari (da un certo punto di vista) fosse eversivo… Perchè dovrebbe essere vivo e vitale. Oggi invece Umberto Bossi istiga, non all’eversione, ma solo alla compassione: è vergognoso, è osceno, vedere i resti di quello che fu un grande uomo politico lasciato ancora libero di farfugliare qualunque sciocchezza; libero di guidare il più grande partito del Veneto e (quasi) dell’intero Nord.
Altrochè comandante Schettino! Qui abbiamo un disabile grave, una persona seriamente malata, e quindi non più nel pieno possesso delle sue facoltà, al timone della Costa Concordia-Lega Nord. Ce lo lasciamo per avere la certezza che porti il suo partito al naufragio, ad infrangersi sugli scogli elettorali?
Dovrebbero chiederselo anzitutto quei dirigenti leghisti del Veneto, in primis il presidente Luca Zaia, che non si schierano, che pensano di restare alla finestra per vedere quale cadavere passerà sotto, se quello di Tosi o quello di Gobbo. Non capiscono che l’unico che vedranno passare sarà il cadavere della Lega (con appesa anche la loro poltrona).
Il problema è uno solo: firmare il Tso, il trattamento sanitario obbligatorio, ad Umberto Bossi che lo costringa ad abbandonare la scena politica e a concentrarsi sulla sua salute.Ovviamente non ci pensano le donne e gli uomini del “cerchio magico”; i quali non guardono più in là del loro naso perchè sanno che, uscito di scena il Senatùr, loro sono tutti a casa. Ma qualcuno deve farlo, proprio per rispetto al Bossi che fu.
Quando vedo il Trota e/o la Martini far da stampella ad un Umberto che avanza tremebondo, mi vengono in mente le ultime apparizioni sul palco dello zombie di Leonid Breznev, ormai ridotto ad un vegetale, distrutto dalla malattia…Tale e quale: lo stesso terrore, non della secessione ma della sucessione!
Nella storia politica italiana esiste un preciso precedente, quello di Antonio Segni, il padre di Mariotto, uno dei grandi leader dc del dopo guerra.
Nel 1962 Segni viene eletto Presidente della Repubblica. Due anni dopo, il 7 agosto del 1964, è colpito da ictus cerebrale. Anche lui, proprio come Bossi, non vuole mollare, vuole restare al Quirinale. Perchè i malati gravi nemmeno si rendono conto del loro stato, restano aggrappati al ruolo come alla vita. Ma – recita la biografia di Antonio Segni – “il 6 dicembre del 1964 fu costretto a dimettersi”
Non so se fu la Dc, se furono le Istituzioni, se fu la seconda carica dello Stato, l’allora presidente del Senato Cesare Merzagora: fatto sta che il Tso a Segni qualcuno lo firmò. Lasciò il Quirinale, divenne senatore a vita e morì 8 anni dopo nel 1972.
Oggi direi che il coraggio di mettere la firma sul Tso per Bossi spetta anzitutto a Roberto Maroni. Se davvero ama il suo capo, il suo antico compagno di avventura politica non può lasciarlo là, esposto, in balia dei corvi e delle iene che lo spolpano.
Costringere Bossi a ritirarsi è doveroso come rispetto, dicevo, per quel grande uomo politico che – dal nulla, avendo contro i media e l’intero establishment – seppe dare uno sbocco politico alle istanze del Nord e portare la Lega a conquistarsi un ruolo e uno spazio precisi. Il suo ricordo e le sue gesta non consentono un viale del tramonto tanto indecoroso, avvilente per lui utile solo alle iene che lo circondano.
Lascia un commento