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L’IMU E IL GIOCO DEI BUSSOLOTTI

Convinto di lenire il “prelievo” dell’Imu che stiamo subendo in queste ore, il governo Monti – anche su ispirazione dei partiti che lo sostengono – ha annunciato che, dall’anno prossimo, il gettito della nuova tassa sulla casa andrà completamente a beneficio dei comuni; resterà sul territorio senza più andare a Roma. Siamo al gioco dei bussolotti o, se preferite, delle tre carte.
Posso infatti capire che gioiscano dell’annuncio i sindaci e gli amministratori locali (di fronte alla prospettiva i poter tornare a spendere a piene mani, o a mani meno vuote degli ultimi anni). Ma a me cittadino – proprietario di casa o di bottega o di capannone o di studio professionale – non ne può fregar di meno di sapere che i miei soldi resteranno tutti in periferia invece che andare in buona parte al centro come nell’anno in corso.
Per me la differenza davvero significativa è una sola: pagare l’Imu o non pagarla. E, dal momento che la pagherò anche nel 2013, per me cittadino non è cambiato assolutamente nulla. Si è aggiunto solo l’ennesimo tentativo di confondere le acque fiscali.
Senza dire che il gioco dei bossolotti è tale per una ragione evidente: il governo centrale rinuncia ad incassare buona parte dell’Imu, la lascia tutta ai comuni, ma, in compenso, annulla i trasferimenti ai comuni stessi. Perchè può annularli? Perchè c’è il gettito Imu. E che differenza fa per il governo incassare l’Imu o non dover più sborsare i trasferimenti? Nessuna: per lui i conti tornano sempre, per noi cittadini non tornano mai.
In teoria esiste il comandamento del federalismo fiscale:” Pago, vedo, voto”. Dovrebbe comportare una maggior attenzione nei confronti delle tasse pagate e reinvestite sul territorio. Della serie: nel mio comune posso vedere se il sindaco e gli assessori girano con l’auto blù, se è una Limusine o una Panda, e regolarmi di conseguenza nell’urna. Mentre a livello nazionale nemmeno capisco in quale voragine finiscano i miei soldi.
Dipende però dalla cultura politica applicare o meno questo comandamento. Per applicarlo ci vorrebbe la cultura politica dei repubblicani usa (che nemmeno i democratici possono ignorare, come dimostra la marcia indietro di Obama sulla riforma sanitaria) così riassumibile: pretendo anzitutto di pagare meno tasse possibili, non mi faccio sedurre dall’offerta di servizi perchè so che sono a mie spese.
Da noi la cultura politica è opposta: pretendo dal mio sindaco quanti più servizi possibili (perchè non ho ben chiaro che sono molto cari e totalmente a mio carico) e lo voto solo se li me li garantisce: se mi garantisce gli asili, lo scuola bus, la pulizia del marciapiedi davanti a casa, i servizi sociali, i trasporti pubblici a prezzo politico, etc. ect.
Con questa cultura politica corrente, che è la nostra cultura politica corrente, l’autonomia impositiva in periferia, il federalismo fiscale, non può che generare la moltiplicazione delle tasse. Perchè ogni sindaco sa che, se vuole sperare di essere rieletto, deve spendere sempre di più; deve comprarsi i voti con i servizi erogati.
Non serve quindi essere l’Oracolo di Delfi per vaticinare che l’Imu tutta ai comuni comporterà la sua applicazione alle aliquote massime. Finiremo così col rimpiangere perfino Tremonti (horribile dictu) che aveva provato a mettere gli enti locali a pane e acqua, magari per non tagliare i ministeri. Almeno con lui la spesa pubblica locale era (un po’) sotto controllo. Mentre adesso rischia di tornare fuori controllo tanto alla periferia quanto al centro.

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