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CAMPIONI D’EUROPA…IN RETORICA

Dunque la Spagna ci ha fatto il mazzo: mai una finale dell’Europeo né del Mondiale era stata persa con un punteggio tanto netto ed umiliante. In compenso possiamo consolarci: abbia vinto alla grande l’europeo della retorica. Credo si debba tornare ai due mundial conquistati nell’era fascista per trovare un precedente degno di quanto è stato scritto ora dopo il 2 a 1 alla Germania.
Mi limito a citare quello che dovrebbe essere il più serio ed autorevole dei nostri quotidiani, il Corriere della sera, che sabato titolava così: “Quel bacio alla mamma Silvia più forte dell’urlo di Tardelli”. E metteva in bocca all’azzurro-nero la dichiarazione: ”L’ho capito tardi che la scuola è essenziale; ringrazio i miei genitori che mi hanno fatto prendere il diploma”. Come dire che Balotelli non è solo (innegabilmente) un grande calciatore ma, da scapestrato che era, si è adesso trasformato in figlio affettuoso e studente modello. Un esempio da additare ai nostri pargoli.
Nella stessa pagina Gian Antonio Stella affermava: “Mario, il razzismo e l’orgoglio dei nuovi italiani. Così Balotelli con la maglia azzurra ha spazzato via decenni di stereotipi”. Intanto andiamoci piano con gli stereotipi: metterei volenieri alla prova un campione autoproclamato dell’antirazzismo come Stella facendolo abitare qualche mese in uno di quei condomini multietnici dove non esitono regole e la convivenza quotidiana è un inferno… Voglio dire che tanti dei cosiddetti “pregiudizi” nei confronti degli stranieri derivano dall’incapacità di governare l’immigrazione tanto a livello nazionale che locale – scaricando i problemi sui cittadini – e non da razzismo apriori (che pure esiste).
Dopo di che giusto o sbagliato che sia, tanto chi considera gli stranieri una risorsa quanto chi li considera una condanna, ognuno è rimasto della sua idea. E i due gol di SuperMario alla Germania nulla hanno modificato. Ed è quindi ridicolo attribuire a Balotelli questo ruolo miracolistico nel mutare giudizi e pregiudizi degli italiani.
Può pensarlo solo chi ha un pregiudizio positivo verso i “diversamente bianchi” (come li ha definiti un nostro telespettatore), nel senso che attribuisce ai neri virtù che mai riconoscerebbe ad un bianco. Un po’ come si può tranquillamente insultare un eterosessuale, ma guai a farlo con un gay…
Oggi poi, lunedì 2 luglio, sempre sul Corriere è sceso in campo il campione dell’unità nazionale, Aldo Cazzullo, spiegando che “Questa squadra ci ha insegnato a essere più uniti” perchè in azzurro militano giocatori provenienti da società di tutto il Paese, dalla Juve al Bologna, dalla Fiorentina fino al Palermo.
E qui lo sbocco retorico sconfina nella parodia. Ci fu infatti un evento che – nella sua bestiale tragicicità – contribuì in effetti ad unire gli italiani: la Grande Guerra dove, per la prima volta, veneti e siciliani, calabresi ed emiliani, si conobbero combattendo e morendo assieme nelle trincee. Paragonarlo però al raduno degli azzurri, a tre settimane di campionato d’Europa è semplicemente vomitevole.
D’altra parte sempre Cazzullo scrive: ”Cesare Prandelli ha dato alla nazionale un gioco e un’etica”. Sul gioco possiamo anche essere d’accordo, sul fatto che sia la reincarnazione di Immanuel Kant un po’ meno…Ma quando si spicca il volo sulle ali della retorica il senso del limite e del ridicolo rimane sempre a terra.

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