Altrochè Cartagine. Roma delenda est! Dovrebbe essere distrutta questa capitale che ogni anno accumula centinaia e centinaia di milioni di debito con la pretesa che siano gli altri a pagarlo. Tutti noi attraverso la fiscalità generale.
Ma cosa crede Roma di essere Venezia? Tanto per ricordare che, quanto a debito, anche noi abbiamo la nostra Roma; che si chiama Venezia, appunto.
Distruggerla, ovviamente, è un sogno non realizzabile. Consoliamoci con le cose precise che ci insegnano le vicende della capitale.
Primo. Il colore dei sindaci non conta nulla (come quello dei governi nazionali): prima Veltroni, poi Alemanno, ora Marino. Tutti uguali, nessuno ha combinato nulla. La differenza non è tra destra e sinistra, ma tra chi fa le riforme e chi tira a campare col clientelismo.
Secondo. Basta con i piagnistei (Renzi dixit), nessuno che si assuma le proprie responsabilità, tutti a prendersela con chi sta sopra. Chi se la prende con la Ue e la Merkel, ignorando le riforme che i nostri governi non hanno mai fatto. Ignazio Marino, incapace di ridurre la spesa del suo comune, se la prende con il governo che non vara il “salva Roma”. Zaia, incapace di utilizzare meglio il cospicuo bilancio regionale (ad esempio tagliando i finanziamenti ai corsi di formazione professionale fasulli) se la prende anche lui con il governo che non gli finanzia le opere di salvaguardia dall’alluvione. Tutti con la scusa buona per nascondere la proprie pecche.
Terzo. C’è una differenza precisa. Da noi, a Padova come a Verona, le ex aziende municipali sono una risorsa. Hanno utili di bilancio e danno una mano ai magri bilanci dei comuni. A Roma sono la causa prima del dissesto del bilancio della capitale; perchè hanno una funzione precipua: erogare più stipendi possibili ai clientes. E nessun sindaco romano interviene.
Quarto. C’è la responsabilità precisa dei cittadini elettori. Nel 2002 l’illustre medico Ignazio Marino fu cacciato a pedate dall’University of Pittsburg Madical Center perchè truccava le note spese. Un imbroglio così evidente che Marino controfirmò la lettera di licenziamento e tolse il disturbo senza tentare alcuna difesa. E questo imbroglione confesso la maggioranza dei romani lo hanno eletto ad amministrare la loro città.
Che Marino la faccia morire. Che gli strangoli con le tasse locali. E’ quello che i romani si sono cercati e si meritano.
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