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SERMONI IN ITALIANO CONTRO LA JIHAD

La cosa certa è che i terroristi islamici sono presenti anche nel nostro Veneto. Reclutano e addestrano uomini che poi magari vanno a morire in Siria come l’imbianchino bosniaco di Ponte della Alpi.
Reclutano e addestrano anche italiani e veneti convertiti all’islam che ( come tutti i convertiti) sono i più “entusiasti”, cioè fanatici.
Di fronte a questa realtà drammatica ed inquietante, il presidente veneto Luca Zaia vuole due cose: stop a nuove moschee e obbligo per gli imam di predicare in italiano.
C’è il precedente dell’imam di San Donà, espulso per un sermone dove chiedeva ad Allah lo sterminio di tutti gli ebrei. Ma è un caso limite. Più un pirla che un terrorista.
I terroristi veri, infatti, dissimulano: si atteggiano a moderati dialoganti mentre preparano la Jihad. Non la predicano di certo pubblicamente in moschea per poi invitare i fedeli a passare in sacrestia per il reclutamento…
D’altronde cosa facevano i nostri terroristi? Aprivano forse le sezioni delle bierre appendendo fuori i moduli per il reclutamento?…
Lo stesso Zaia spiega qual’è il vero problema quando dice che i veneti non hanno alcun timore se i buddisti aprono nuovi templi. Forse perchè i buddisti pregano (o meditano) in italiano? Non direi. Il punto è che la loro religione non contempla la guerra santa contro gli infedeli. Contrariamente alla religione islamica.
Arriviamo così al nocciolo della questione: l’accoglienza indiscriminata che stiamo praticando con persone che arrivano anche da Paesi – come la Siria, la Libia ed altri – dove la presenza dei fondamentalisti è sempre più pervasiva.
Non abbiamo la più pallida idea di chi e con quali obiettivi arrivi in Italia. Ci sono, certo, tante persone che vengono per sfuggire dalla morte e dalla fame in cerca di una nuova vita. Ma quanti sono tra di loro i terroristi infiltrati? Nessuno lo sa. Nessuno ha messo in atto strumenti per saperlo.
Ci sorregge una speranza. Che ci scelgano come luogo di transito e di addestramento per poi andare a colpire altrove: in Oriente o a Londra, a Parigi, risparmiando un Paese tanto insignificante da non meritare un attentato…
Negli anni Ottanta la speranza era una quasi certezza: si vociferò infatti di un accordo segreto del governo italiano con i terroristi palestinesi che garantiva loro il transito indisturbato in Italia in cambio dell’impegno a non compiere attentati nel nostro territorio.
Tipica soluzione italiota, ma soluzione. Oggi invece c’è solo la speranza. Con la ciliegina dei controlli nelle moschee e dei sermoni in italiano.

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