Una versione di Bandiera Rossa (primi Novecento) diceva: “Avanti popolo, alla stazione! Rivoluzione, rivoluzione!”. Oggi, Ottobre 2014, siamo ancora fermi là: portiamo gli operai della Ast di Terni ad occupare la stazione Termini che così risolviamo i loro problemi.
Del tutto secondarie le polemiche sull’operato della polizia. Quando i no global tentarono di occupare la stazione di Padova, la celere li respinse a manganellate; e nessuno (tranne loro) ebbe qualcosa da recriminare. A Roma gli operai doveva essere lasciati liberi di occupare la stazione? Benissimo. Ma il punto è un altro: occupassero anche tutte le stazioni d’Italia non avrebbero risolto alcuno dei loro problemi.
Queste azioni servono solo ai Masaniello di turno (Maurizio Landini) per farsi belli usando come marionette gli operai e il dramma della perdita di posti di lavoro.
Le questioni strutturali sono due. E le ha spiegate Dario Di Vico sul Corriere. Da un lato tutte le acciaierie europee subiscono la concorrenza della siderurgia asiatica che produce a prezzi nettamente inferiori. Dall’altro l’antitrust europea si è opposta alla cessione della Ast ad un gruppo finlandese per evitare che quest’ultimo assumesse una posizione dominante nella Ue.
Mi pare chiaro che i posti di lavoro dell’acciaieria di Terni dipendono da complesse trattative europee ed internazionali: barriere doganali nei confronti delle produzioni asiatiche, revisione dell’antitrust Ue. Per non parlare della produttività poco competitiva di tante nostre aziende…
Ma il compagno Landini finge di non saperlo. Lui risolve tutto al grido: “Avanti popolo, alla stazione!”
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