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EBOLA, O TUTTI O NESSUNO

Abbiamo dato prova di un’efficienza sorprendente: un aereo attrezzatissimo che va in Africa a prendere il medico contagiato da Ebola e la porta allo Spallanzani di Roma. Teche di vetro, scafandri e tute da astronauti. Pareva un film di fantascienza.
Resta una domanda. Come mai questo medico, al pari dei suoi colleghi americani e spagnoli, una volta contagiato rientra precipitosamente a farsi curare qui?
La questione è stata sollevata da un lettore di Italia Oggi che ha scritto questa lettera: “Il medico di Emergency infettato da Ebola come mai deve rientrare in Italia? Era in Africa proprio per affrontare questa emergenza in un centro specializzato di Emergency, sapendo i rischi che correva e, come esprime in un comunicato la stessa Emergency, rispettando tutti i protocolli…Non sono preoccupato del rischio in Italia, anche se esiste, ma il famoso protocollo di Emergency e di altre associazioni simili dovrebbe prevedere il “non rientro” dei sanitari e volontari che si recano in zone infette. A meno che in Africa li curino male, quindi in Italia le cure sono migliori?…la differenza umanamente tra il medico (bianco) e i suoi pazienti africani (neri) qual è? La nazionalità (il colore)? Bello spirito umanitario Emergency! Umanamente e cristianamente, sarebbe bello vedere arrivare anche gli altri pazienti. Tutti o nessuno”.
Tutti nel modernissimo reparto infettivi dello Spallanzani non ci stanno. Però si potrebbe pensare ad un sorteggio dei posti disponibili. Magari per evitare le discriminazioni razziali.
Quelle discriminazioni che indignano Emergency e Gino Strada se è l’italiano qualunque a dire: ho diritto di essere curato io per primo in ospedale! Ho diritto io per primo alla casa pubblica! Non che vengano primi i neri, gli stranieri!
Con una differenza. Il cittadino comune lo dice che vorrebbe esserci prima lui dei neri. Il medico di Emergency l’ha fatto.
Facile essere contro le discriminazioni a parole. Ma quando si scende al concreto, e magari si rischia la propria pelle…

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