Lo dicevano già tanti anni fa gli amici veneziani: voja de lavorar saltime doso! E il fenomeno si diffonde sempre più…
Proprio perché siamo subissati dai dati drammatici sulla disoccupazione giovanile, è tanto più inquietante l’altra faccia della medaglia: giovani che rifiutano il lavoro che viene loro offerto.
L’ultimo esempio lo ha fornito, con una lettera-denuncia al Corriere del Veneto, l’imprenditore Riccardo Pavanato che opera nel settore della consulenza aziendale.
Cerca neo laureati, offre un impiego a tempo indeterminato, con uno stipendio d’ingresso di 26 mila euro lordi l’anno; più auto, pc e telefono gratuiti. Li cerca ma non li trova.
Ha fornito anche una spiegazione convincente del perchè la voglia di lavorare non “salta adosso” a tanti giovani: perchè – dice – hanno il timore di mettersi in gioco.
Già, comprensibile che abbiano questo timore. Chi mai infatti li ha educati a mettersi in gioco? Non certo noi genitori che serviamo loro la pappa fatta: paghetta, soldi per le vacanze, trattamento da enfant gaté. Naturale che vogliano restare gaté, cioè viziati: accetto di lavorare ma non troppo, senza sporcarmi le mani e con la garanzia di una retribuzione che mi consenta, appunto, i vizietti cui mi ha abituato papà.
Certo non li educano a mettersi in gioco insegnati che rifiutano loro per primi di mettersi in gioco: niente merito, niente stipendi legati ai risultati, niente test Invalsi che scoprirebbero “le vergogne” dell’insegnamento mancato.
Ma il punto cruciale è la cultura del posto di lavoro fisso. Lasciamo perdere tutele e sussidi, che dovrebbero essere rimodulati dando garanzie ma anche stimoli. Sotto il profilo psicologico è devastante: ho il posto fisso e quindi posso sedermi; posso scalare le marce in attesa che arrivino gli scattini di anzianità, i premi di produzione distribuiti anche agli improduttivi, la pensione.
Mettermi in gioco, provare a migliorarmi? E perchè mai se ho già quel che mi serve a sopravvivere?
L’ex ministro dell’economia, Padoa Schioppa, questi giovani li definì “bamboccioni”. Giusto. Ma non si riproducono per auto inseminazione. Noi li abbiamo creati, noi siamo i responsabili se la voja de lavorar non salta loro addosso.
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