Di fronte all’ennesimo scandalo che investe la gestione dei campi nomadi nella Capitale, immaginiamo di affrontare il tema dell’accoglienza e dell’integrazione degli islamici allestendo – col denaro pubblico – dei villaggi più o meno grandi dove collocarli; lasciando poi che li autogestiscano secondo uso, tradizioni e dettami coranici.
Cioè applicando la Sharia: bigamia liberamente praticata, donne che girano col burqa e rigidamente sottomesse all’uomo, ragazzine cui è vietata l’istruzione. E, se lo vogliono, una grande torre al centro del villaggio dalla quale buttare giù i gay.
Ovviamente gli appalti per costruzione e manutenzione sarebbero gestiti dai funzionari dei comuni, le bollette potrebbero non essere pagate senza rischio chiusura degli allacciamenti; istituendo in fine una ”Opera islamici”, dove i nostri volontari, molto sensibili alla tutela del diverso, siano impegnati a preservare integra la loro cultura.
Facessimo così con gli islamici, ripeteremmo semplicemente la formula che da decenni abbiamo applicato e continuiamo ad applicare con i campi rom. Unico Paese dell’Europa civile ad avere scelto questa soluzione.
Ovviamente non so cosa pensino i rom dei gay. Di certo non li buttano già dalle torri come in alcuni Paesi islamici. Di certo le donne sono libere di girare ovunque senza velo: che altrimenti come farebbero ad esserci i furti con destrezza ad ogni fermata dei mezzi pubblici della Capitale?…
Siamo giustamente indignati e sgomenti di fronte alla tragedia dei bambini migranti. Ma ci voltiamo dall’altra parte se i bambini dei campi rom non vanno a scuola e subiscono un’istruzione alternativa all’accattonaggio e al furto…
Con regole diverse, non islamiche, regole rom. Ma i campi nomadi sono autogestiti, al di fuori delle leggi vigenti, a prescindere dalla Costituzione “più bella del mondo”. Secondo ampia e consolidata tradizione di un Paese sfilacciato: la camorra si autogestisce Scampia, la mafia zone della Sicilia…
Un Paese civile, che ama i nomadi, che apprezza gli islamici, proprio per questo dovrebbe impegnarsi a farli vivere in modo civile. Non in ghetti autogestiti. Cominciando dunque a chiudere i campi rom, come chiede giustamente il quotidiano romano Il Tempo al neosindaco Virginia Raggi dopo l’ennesimo scandalo sugli appalti.
Tenendo presente che l’integrazione non è una cena di gala, dove inviti tutti e chi vuole viene, chi vuole declina l’invito. L’integrazione va imposta a tutti col bastone della legge.
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