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CARNEFICE CONTIGUO A ENNIO E ROSINA

Il luglio scorso Ennio e Rosina, due coniugi ultraottantenni che vivono soli e isolati nel loro casolare a Piacenza d’Adige nella bassa padovana al confine con la provincia di Rovigo, vengono rapinati e pestati a sangue. Lei, Rosina, viene torturata con un ferro da stiro rovente.
I carabinieri – onore al merito – individuano e arrestano i responsabili di un crimine così efferato: due marocchini.
Rosina ed Ennio restano a lungo in ospedale, non solo per le cure necessarie ma anche perché non possono tornare nella loro abitazione rimasta sotto sequestro per le indagini.
Quando finalmente tornano a casa scoprono che uno dei due criminali è già libero, cioè ai domiciliari. Non solo: domiciliari di “vicinato”, cioè a soli cinque chilometri da dove abitano loro!
(Libero di fatto, perché non esiste che le forze dell’ordine stazionino h24 davanti all’abitazione a controllare che il marocchino non esca).
I due sposi sono terrorizzati. L’incredibile vicenda finisce sulle reti nazionali, dove Rosina compare impugnando un forcone e accusando Renzi di non proteggere lei e suo marito.
Colpa del codice penale, colpa della discrezionalità del magistrato? La cosa certa è il risultato: i domiciliari di vicinato tra carnefice e vittime.
Pensando a questo ed altri casi avevo chiesto al ministro della Giustizia Orlando (ospite ad una festa del Pd) se non fosse il caso di riformare la legittima difesa. Il ministro l’ha escluso spiegando che, dove si diffondono le armi e si spara aumentano solo i morti non la sicurezza, e che deve essere lo Stato a garantire la difesa dei cittadini.
Assolutamente d’accordo in linea di principio. Peccato che poi, all’atto pratico, il nostro Stato i suoi cittadini li difenda come ha difeso Rosina e Ennio. Cioè piazzando il carnefice a cinque chilometri da casa loro.

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