Si credono, pretendono di diventare “todos caballeros”, diceva Indro Montanelli ironizzando sull’eccessiva autostima di tanti suoi connazionali.
Da todos caballeros siamo passati a todos premier, come emerso nell’ultimo fine settimana: da Salvini a Berlusconi, da Luigi Di Maio a Matteo Renzi, passando per Giuliano Pisapia , senza dimenticare l’ambizione evidente di D’Alema né quella latente di Romano Prodi…
L’età, la competenza, il passato che mai ritorna, bagatelle che non contano. Una legge elettorale che farlocca è dir poco, e che tassativamente esclude l’elezione diretta del premier. Sondaggi che, presi con ogni beneficio di inventario, escludo che qualunque partito o movimento possa raggiungere la fatidica soglia del 40% (oltre la quale scatterebbe il premio di maggioranza). Tutto questo non conta, la realtà politica non conta, l’importante e dare sfogo alle proprie ambizioni.
Quello che ci manca non è una legge elettorale tedesca. E’ il senso di responsabilità tedesco che ha dato vita a quelle grosse coalizioni guidate dalla Merkel che hanno saputo affrontare e risolvere, non a chiacchiere ma nei fatti, i problemi di questo Paese.
Da noi invece solo chiacchiere mescolate magari all’autolesionismo puro, incarnato da articoli e gruppetti a sinistra del Pd che hanno il principale obiettivo di far perdere il Pd stesso, per dare un aiutino, per far da Viagra al centrodestra…
Buon senso dice che, non prima del voto di Aprile, ma solo ad urne chiuse si cercherà di mettere assieme coalizioni risicate, solide – per citare Ungaretti – “come d’autunno sugli alberi le foglie”.
Tre ipotesi sul tappeto: alleanza Salvini-Berlusconi- Meloni, alleanza Grillo-Salvini, alleanza Renzi-Berlusconi.
A questo punto delle tre preferisco la seconda: con un premier pentastellato, Di Maio, telecomandato da Grillo-Casaleggio, e un Salvini vicepremier e ministro degli interni (magari pure della Giustizia).
Lo dico perché, a questo punto, se vuoi sperare di rinascere, devi morire. Ci vuole cioè un fallimento totale per poter ricostruire il Paese dalle fondamenta. E le fondamenta può gettarle solo una nuova assemblea costituente che mandi in discarica la “Costituzione più bella del mondo”.
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