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LA SICILIA DICE POCO, SU RENZI NULLA

La Sicilia, il voto alle regionali siciliane, ha distrutto il Pd e in particolare la leadership di Matteo Renzi, che ora se la sogna di potersi ricandidare a premier. Questa è la visione e la versione correnti.
Una visione, direi, alquanto miope: ridotta a guardare la pagliuzza, ignorando la trave.
C’è infatti una piccola trave europea, che riguarda la socialdemocrazia di tutti i Paesi del nostro continente: ovunque in caduta libera, ovunque ridimensionata, la socialdemocrazia, dalle urne.
Da quando infatti un welfare, per anni e sempre più generoso nelle elargizioni, ha dovuto fare i conti con la realtà di conti pubblici ormai insostenibili, da allora il modello storico della socialdemocrazia è entrato in crisi. E a tutt’oggi la socialdemocrazia non ha trovato una proposta di governo tale da convincere i suoi ex elettori a tornare a casa.
Il quadro generale è questo. Se lo teniamo presente diventa molto riduttivo, per non dire ridicolo, attribuire al voto siciliano i problemi del Pd e di Renzi. Senza aggiungere che, rispetto all’andamento della socialdemocrazia europea, quella nostra, il Pd Renzi o non Renzi, non se la cava proprio malaccio.
Al momento l’alternativa qual è? La nostra sinistra-sinistra che di governare, cioè di impegnarsi a dare risposte concrete, non si cura: le basta testimoniare la sua purezza teorica…e magari impegnarsi a far perdere la sinistra riformista. Obbiettivo questo appena raggiunto in Sicilia.
Quanto al resto le elezioni sicule poco hanno detto che già non si sapesse. Gli elettori dei 5 Stelle continuano a votare, qualunque cosa combinino gli amministratori locali pentastellato, perché la loro resta una scelta alternativa a tutto il resto del tanto detestato partitume.
C’è la ripresa del centrodestra. C’è. Ma con un piccolo problema: ha vinto in Sicilia dove la Lega è irrilevante. Mentre qui al Nord, nel nostro Veneto in particolare, la Lega c’è eccome; mentre irrilevante, o quasi, è Forza Italia…

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