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QUAL E’ IL VERO KNOW HOW FIAT

 

 

Per cercare di capire cosa abbia combinato la Fiat con Chrysler e cosa tenti (credo invano) di combinare con Opel, per cercar di capirlo bisogna partire dal suo know how. Si può forse sostenere che la capacità, la competenza dell’industria torinese, sia l’innovazione tecnologica? Si, in parte: il diesel common rail è un suo brevetto; ma è un ricordo degli anni Ottanta e la capacità di innovazione di Toyota o Audi negli anni è stata infinitamente superiore. La Fiat spicca forse per capacità di contenere i costi di produzione? Vi pare che abbia saputo mettere sul mercato auto competitive nel rapporto qualità prezzo? Nemmeno i suoi apologeti osano sostenerlo . L’autentico know how Fiat, sviluppato e affinato nei decenni, è un altro: arraffare denaro pubblico. In questo l’azienda torinese è maestra insuperata in Europa e nel mondo.

Sono stati anch’io fuorviato dai toni entusiasti con cui i giornali (con la Fiat sì proprio di regime) hanno salutato l’impresa americana del prode Marchionni: Davide che, generosamente, salva Golia. La rivincita del piccolo Paese, con le sue aziende piccole ma geniali, nei confronti del colosso americano; revanscismo e nazionalismo a palate. Sembrava quasi che avessimo rivinto i campionati del mondo di calcio. Ma come possiamo dimenticare, come potete dimenticare colleghi menestrelli della Fiat, che questo cadavere di azienda è rimasta in piedi solo grazie alle continue iniezioni di denaro dei contribuenti?

Era anch’io confuso e fuorviato finchè non ho letto questa dichiarazione del premier tedesco Angela Merkel la quale ha puntualizzato che il suo governo, per cercare una via d’uscita alla crisi Opel, “non intende spingersi in avventure finanziarie con i soldi dei contribuenti”. Chiarissimo: la Fiat in Germania non troverà denaro pubblico da arraffare, mentre lo ha trovato in America dove il presidente Obama proprio questo ha fatto, “si è spinto in avventure finanziarie con i soldi dei contribuenti”: cioè ha stanziato ingenti finanziamenti federali sia diretti che indiretti (intervenendo sulle banche usa perchè rinunciassero a riscuotere i crediti chrysel) mentre la Fiat non ha tirato fuori una lira. Esattamente come non l’ha mai tirata fuori qui in Italia, incassando contributi per aprire stabilimenti al Sud e rottamazioni varie sempre pagati dai soldi dei contribuenti.

Secondo il suo autentico know how, la Fiat intanto incassa poi si vedrà: nella fattispecie la scommessa punterebbe sul fatto che gli americani – con le loro strade, la loro dimensione e, se vogliamo, anche la loro megalomania – abbandonino i macchinoni per macchinette come la Cinquecento (che i colleghi menestrelli sono arrivati a chiamare “la nostra bambina di latta”). Quando vedrò i cow boy in sella agli asinelli sardi comincerò a crederci.

Ma intanto la Fiat incassa, arraffa, e non sborsa una lira. E anche per l’operazione Opel, fermo restando che la Merkel è molto più scettica di Obama e non da finanziamenti, dovremmo pensarci noi risparmiatori e fornire il carburante. Vi segnalo infatti il titolo di oggi su Repubblica: ”Un gigante a caccia di soldi in Borsa per piegare le resistenze di Berlino”. Le pecore sono avvisate, se poi si prestano all’ennesima tosatura Fiat, scelta e affari loro.

 

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