Dopo aver visto la D’Addario ad AnnoZero sputtanare il premier in tutta libertà, faccio fatica a pensare che siamo al regime; non ho mai visto un dittatore sputtanato dalla televisione di Stato del suo Paese. Il grande, il grandissimo Michele Santoro (il più grande di tutti, come certifica la dura legge degli indici d’ascolto) non ha dovuto difendere gli studi della sua trasmissione, col machete campesino in pugno, dagli assalti squadristici di Scajola e Cicchitto: dopo la solita manfrina di pareri legali e diffide, AnnoZero è andato tranquillamente in onda nel tripudio guardone di oltre sette milioni di italiani (me compreso) ansiosi di sbirciare sotto le lenzuola del Cavaliere.
Condivido in pieno quanto scritto da Antonio Polito, direttore del Riformista: il conflitto d’interessi di Berlusconi pesa eccome, il premier tenta di condizionare anche la Rai (come chiunque vinca le elezioni), ma la libertà d’informazione in Italia ha conosciuto tempi assai più cupi. Quando esisteva un unico canale televisivo pubblico (e nessuno privato) controllato totalmente dalla Dc che censurava qualunque notizia sgradita, che licenziava in tronco Dario Fo e Franca Rame da Canzonissima perchè si erano permessi di ironizzare sul governo (e nessun magistrato di sognava di sentenziare la loro riassunzione). Allora anche tutti i quotidiani erano filogovernativi e l’opposizione comunista trovava spazio solo sull’Unità.
Ma erano enclave chiuse, riserve di caccia esclusive, anche i tre successivi canali Rai rigidamente lottizzati tra Dc, Psi e Pci. I radicali di Pannella, tanto per dire, non avevano spazio alcuno. E ciò non ostante il referendum sul divorzio vinse con un clamoroso e del tutto inaspettato 60%, a conferma che il controllo dell’informazione conta ma non è tutto.
La libertà d’informazione arrivò con quelle che, non a caso, furono chiamate le radio e le televisioni “libere”. Cioè arrivò quando il privato spezzò il monopolio pubblico. E tanto maggiore sarebbe questa libertà se venisse privatizzato il carrozzone Rai ed affidato ad editori puri (razza quasi inesistente nel nostro Paese).
Oggi l’informazione è un po come…la D’Addario. Nel senso che è lo specchio fedele di una società e di una democrazia italiana che – sempre Polito – ha definito “casinara e chiacchierona quante altre mai”. Io sarei un tantino più esplicito: siamo un po’ un puttanaio. Sembra cioè essersi verificata la profezia di quei galantuomini che, in perfetta buona fede, nel 1958 erano contrari alla chiusura delle case perché ritenevano che servissero a tenere circoscritto il fenomeno. Se chiudiamo i casini – dicevano – sarà l’Italia a diventare tutto un casino…
Guardando ieri sera AnnoZero, e assistendo alla sfilata della D’Addario e delle sue amiche, ascoltando con che disinvoltura parlavano di tariffe, di prestazioni, di contropartite, non potevo non pensare che fino al 1958 stavano in casino mentre adesso vanno in onda su Rai due. Tutto si può pensare di loro: che si vendono, che sono interessate, che mentono, che recitano una parte, che hanno secondi fini. Tutto. Ma non che non siano libere. Lo stesso dicasi per l’informazione italiana, che ha anzi toccato una nuova frontiera: la libertà di sputtanare.
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