Piaccia o anche no la politica è fatta di “do ut des”, di mediazione: se metti qualcosa su un piatto della bilancia non è che l’altro piatto rimane vuoto.
Fuor di metafora, il premier Conte ha messo sul piatto il sì Tav e non ha certo affondato i colpi sul Russiagate. Lo ha fatto convinto, non a torto, di evitare la crisi e garantire continuità al suo governo. Quale sarà a questo punto il “des” di Salvini, cosa metterà lui sull’altro piatto della bilancia? Pochi dubbi: il no all’autonomia di Veneto e Lombardia così come agognata da Zaia e Attilio Fontana.
Un colpo al cerchio, uno alla botte e avanti giallo-verdi (almeno per il momento).
Luca Zaia e Attilio Fontana non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire) che la loro grande battaglia autonomista era fin dall’inizio vintage. Perché Matteo Salvini aveva già archiviato la Lega partito del territorio, aveva già tolto Nord dal nome e dal simbolo…
Tanto per capirci. Se ti chiami Partito sardo d’azione, dici che vengono prima i sardegnoli. Ma, se diventi Partito d’azione e basta, i sardi sono come tutti gli altri italiani. Non ha più senso che li privilegi. Chiaro?
Ma la palla, anzi la pallona di cannone, adesso se la trovano in mano i due presidenti di Regione. Cosa farà, cosa dirà il nostro Luca Zaia? “Cari veneti, ho scherzato quando proclamavo autonomia o morte! Quando dicevo non firmerà mai una farsa!”
Farà e dirà così? Accetterà “l’autonomia light”, come l’ha giustamente chiamata il Fatto, cioè l’unica autonomietta oggi possibile? Oppure, in un sussulto di dignità, rassegnerà le dimissioni da presidente del Veneto e esorterà i veneti, leghisti e non, a ribellarsi contro la truffa autonomista ordita dal governo giallo-verde?
Staremo a vedere. Di certo c’è poco da invidiarlo per la rovente poltrona di Presidente del Veneto su cui siede ora dopo il do ut des tra Conte e Salvini…
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