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MAFIE E BANLIEUE, LO STATO NON C’E’

 

 

La prima cosa che colpisce in quanto accaduto a Milano in via Padova è che gli immigrati, in piena “capitale morale”, si comportano esattamente come i criminali nostrani nelle regioni dominati dalle mafie. In Campania, in Calabria, in Sicilia la giustizia fai da te è all’ordine del giorno: se ammazzi un picciotto del mio clan non ti denuncio ad uno Stato – che non c’è, che non riconosco, che non temo – ma mi vendico direttamente su un uomo del tuo clan.

Lo stesso è accaduto a Milano dove gli africani, dopo che uno dei loro era stato ammazzato dai sudamericani, hanno dato l’assalto ai negozi e cercato la vendetta su questi ultimi. Non uno che abbia pensato di andare al commissariato di polizia a denunciare l’accaduto. E qui va marcata la differenza. Contrariamente ai mafiosi e a questi stranieri, per quanto veneti, lombardi o emiliani siano stati trucidati e stuprati, mai un cittadino del Nord pensa di farsi giustizia andando lui a caccia dell’autore del delitto.

Noi deleghiamo questo compito allo Stato. Nella speranza, nell’illusione che questo Stato ci sia… Non certo per giustificarli, solo per capire, va aggiunto che con certi stranieri violenti lo Stato non c’è, non esiste. Passano alle vie di fatto, ritengono di potersi fare giustizia da se, perchè non sentono la presenza dello Stato, non lo temono; per loro è come se non esistesse. E purtroppo hanno ragione. Lo Stato non c’è a Milano in via Padova, come non c’è nelle regioni dominate dalle mafie.

Su una cosa maggioranza e opposizione concordano pur litigando: la Bossi-Fini ha fallito. La maggioranza dice per colpa dei magistrati che l’hanno sabotata, l’opposizione perchè la legge sarebbe sbagliata in se. Fatto sta che non è riuscita a governare i flussi migratori. Sarebbe utile che maggioranza e opposizione concordassero anche sui rimedi da adottare, partendo da un presupposto semplice semplice: uno Stato esiste solo se è in grado di farsi temere, di punire chi non lo vuole riconoscere. Questo vale in Calabria come a Milano. Dovrebbe valere per Maroni come per Bersani e Di Pietro.

Altrettanto chiaro è che la repressione non basta. E’ imprescindibile, ma non basta. Ci vogliono anche politiche di integrazione. Ed è molto significativo che proprio Maroni abbia riconosciuto i successi conseguiti da un avversario, il sindaco pd di Padova Flavio Zanonato, nello smantellare il ghetto di via Anelli.

E’ però del tutto inutile blaterale a vuoto di integrazione se non diciamo con chiarezza dove troviamo le risorse per finanziarla. I governi centrali non hanno stanziato una lira; i sindaci si sono ritrovati con le banlieue piene, i cittadini infuriati e le casse sempre più vuote. Chi paga le spesi ingenti per le politiche dell’integrazione? I contribuenti con un’apposita aliquota irpef? Le organizzazioni datoriali che assumono manodopera straniera? Gli stranieri regolari con le loro tasse? Chiariamolo una volta per tutte.

E, nel frattempo, consegniamo ad un silenzio di tomba quelle associazioni, religiose e laiche, che, sbandierando l’accoglienza, hanno lucrato stipendi e stipendiucci per i loro addetti e dispensato qualche briciola residua agli immigrati.


 

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