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BERLUSCONI E’ GIA’ PROCESSATO

 Fosse anche istantaneo questo rito immediato chiesto dai pm milanesi per Berlusconi, arriverebbe comunque in ritardo. Nel senso che lo abbiamo già processato e, a seconda della nostra scelta di campo politico, già condannato oppure già assolto.

Innocentisti e colpevolisti, sia chi lo considera un puttaniere oppure un perseguitato, almeno su questo dovremmo tutti concordare: che è un anomalia che non ci sia in pratica nemmeno un cittadino (politicizzato) che abbia sospeso il giudizio in attesa del processo, della sentenza, della verifica o meno delle accuse.

Invece il processo deve ancora iniziare e noi abbiamo già emesso una sentenza inappellabile. Nulla e nessuno più potrà farci cambiare idea. Come mai? Ma perchè siamo stati sommersi dalle carte processuali, dalla marea di intercettazione che ha offerto a ciascuno di noi il materiale per trovare ciò che cercava: ossia la pistola fumante in mano al premier o in mano ai pubblici ministeri, la prova della colpevolezza del Berlusca o dell’accanimento della Ilda.

Senza questa marea di documenti pubblicati da tutti i giornali, non avremmo potuto improvvisarci commissari tecnici della Giustizia. E magari avremmo avuto la prudenza e il buon senso di tenere in sospeso il giudizio.

Solo nelle repubbliche delle banane, solo nei Paesi sudamericani vengono pubblicate così tante intercettazioni. Calma, Evor: non sono io a dirlo. E’ – udite, udite – Luciano Violante intervistato oggi dal Corriere. Un intervista che il corrierone, prudentemente, mette defilata nelle pagine interne. Ma dove l’ex magistrato, che il centrodestra accusava di essere addirittura il capo del partito delle toghe, sviluppa una tesi molto interessante.

Violante spiega cioè che la visione di tutto questo materiale è servita solo a farci confondere il piano del giudizio penale con il giudizio morale e politico. Piani che invece andrebbero e vanno tenuti ben distinti, anche per non scambiare un peccato con un reato.

Ma – soprattutto – l’ex presidente della Camera dice che “c’è un intreccio malato tra indagini e informazione”. L’anomalia cioè non è tanto dovuta al numero delle intercettazioni, effettuate ormai a raffica anche in altri Paesi dove però “questa è la differenza – sottolinea Violante – le intercettazioni non finiscono sui giornali”.

Di conseguenza i primi responsabili della barbarie del processo mediatico, che tutti noi abbiamo già celebrato anche con Berlusconi, non sono tanto i magistrati quanto i giornalisti. Replica puntuale di quanto già accaduto con tangentopoli, quando lo scempio non furono le indagini più che doverose bensì le notizie sulle indagini. Notizie messe in pagina come sentenze di colpevolezza.

 

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