Il contesto, esplosivo, è quello della crisi economica: licenziamenti nel settore privato, calo generale del tenore di vita, aumento della pressione fiscale, mancanza di prospettive di ripresa. E’ in questo contesto che esplode la rabbia contro gli stipendi dei parlamenari e dei consiglieri regionali, contro i soldi pubblici elargiti ai partiti e da loro utilizzati per fini diversi dall’attività politica. Da tutti loro. (Alzi la mano e scagli la prima pietra il partito che non ha la sua “casa di Montecarlo”).
La rabbia cresce, diventa vento impetuoso dell’antipolitica, quando i politici ciurlano nel manico e fingono di credere che i cittadini esigano controlli puntuali sull’utilizzo dei finanziamenti, quando è invece lampante che vogliono la loro totale cancellazione. Che non accettano più leggi truffa che cambino solo il nome da “finanziamento” a “rimborso”, per giunta aumentando l’importo come avvenne nel 1993…
Dopo di che va anche detto che sono cifrette. Cifrette i 289 milioni l’anno distribuiti ai partiti a fronte dei 40 miliardi di euro che, come spiegava Sergio Rizzo sul Corriere, potremmo risparmiare se solo la nostra burocrazia fosse contenuta nel numero ed efficiente come quella tedesca!
Voglio dire: che non venga fuori che gli unici sprechi di denaro pubblico sono quelli elargiti ai partiti! Che differenza fa con le decine di migliaia di stipendi inutilmente pagati ai dipendenti del Comune di Palermo? Oppure a tutti quegli insegnanti che hanno classi di 11-12 alunni? Oppure allo stuolo di magistrati che garantiscono la giustizia più lenta e sgangherata d’Europa? Oppure ai tutori dell’ordine delle varie polizie che sono il doppio dell’organico della Germania (con 80 milioni di abitanti)?
Carto: fa ridere la Pivetti, che non vuole rinunciare ai privilegi di remoto ex presidente della Camera, perchè dice di voler tutelare i posti di lavoro dall’autista, della scorta, della segretaria. Ma è esattamente per la cosiddetta “tutela del posto di lavoro” che continuiamo a pagare lo stipendio a metà pubblici dipenenti che – ragionassimo in termini di esigenze reali – potrebbero tranquillamente essere lasciati a casa. E allora perchè non tutelare anche il posto a qualche decina di migliaia di funzionari di partito continuando a foraggiare i partiti stessi? Dove sta la differenza?
Dopo di che è sacrosanto il risentimento nei confronti dei politici e dei partiti. Ma non per le cifrette che si pappano direttamente, bensì per le cifrone che continuano ad elargire grazie a scelte politiche dissennate. Cifrone che vangono a prelevare dalle nostre tasche con tasse dirette ed indirette sempre più asfissianti.
In conclusuone la soluzione non arriva certo da una riformetta e nemmeno dalla completa cancellazione dei soldi pubblici a qualunque titolo dati ai partiti. Ma solo da riforme strutturali, che investano tutto il pubblico impiego, così radicali che è difficile immaginare se, quando e a che prezzo (di sangue) potranno mai vedere la luce.
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