Lo scorso fine settimana sono andato a Londra che è stata e resta la capitale del mondo; e che quindi continua a riunire il mondo. Là in un minuto vedi passare tanti tipi umani quanti a Verona o a Padova nemmeno in un anno: orientali di ogni nazione, ebrei ortodossi con cappello nero e i riccioli che scendono, donne arabe con giubbetti damascati, donne mussulmane completamente celate dal burqa integrale, donne che mostrano tutto o quasi, africani con gli sgargianti abiti tribali, inglesi senza calze e in maniche corte anche se soffia il vento, italiani vocianti a iosa
Manca una sola etnia, molto diffusa invece nelle nostre città: quella dei “portoghesi”, di chi sale a sbafo sui trasporti pubblici. A Londra non ne esiste uno che non paghi il dovuto. E senza bisogno di schierare l’esercito. Basta un autista che faccia il suo dovere, cioè che controlli chi sale sui famosi autobus rossi a due piani, verificando se striscia sull’apposito scanner il biglietto o la scheda dell’abbonamento.
Se non lo fa l’autista ferma il bus, non riparte. E, a quel punto, o il “portochese” mancato scende di sua iniziativa oppure lo fanno scendere (anche a calci nel sedere) gli altri passeggeri i quali, avendo pagato la corsa e dovendo recarsi al lavoro o altrove, non accettano che il mezzo pubblico resti fermo a tempo indeterminato per colpa di un furbetto.
In questo semplice modo Londra ha azzerato i “portoghesi”. Peccato che il metodo da noi non sia esportabile per almeno due motivi. Primo: i sindacati sosterebbero che l’autista, già stressato dalla guida, non può fare anche il controllore; minimo serve un integrativo aziendale…Secondo: i nostri passeggeri politicamente corretti inizierebbero ad inveire dicendo che è roba da razzisti pretendere che il povero immigrato, con tutto quello che già soffre, paghi anche il biglietto dell’autobus…
A Londra c’è il Mondo. Ognuno vive come vuole, si veste com vuole, prega chi vuole, inveisce contro chi vuole (allo Speaker’s Corner). Ma poi esistono le regole, e tutti devono rispettarle. Tutti devono lavorare. Tutti devono pagare le tasse e anche il (costosissimo) trasporto pubblico. Non esiste, tanto per fare l’esempio più banale, che uno straniero (o un inglese) metta i suoi panni ad asciugare davanti alla cattedrale di st. Paul, come accaduto a Padova sulla cancellata della Cappella degli Scrovegni.
A Londra c’è la libertà e c’è lo Stato. C’è l’anarchia controllata dallo Stato: che è la garanzia del massimo della tua libertà individuale finchè non va a confliggere con la libertà altrui.
Da noi -sulla carta – tutto è regolamentato e normato. Manuali e stuoli di burocrati spiegano e limitano anche l’utilizzo dei servizi igienici da parte dei cittadini. Risultato pratico: si evadono le tasse, si evade il lavoro, si aggirano infinite leggi, si può stuprare la convivenza civile nelle città; non si riesce nemmeno a far pagare il biglietto del bus.
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