Secondo alcuni Sergio Marchionne è l’uomo nero, il manager che non mantiene le promesse e non investe più negli stabilimenti Fiat i 20 miliardi promessi con Fabbrica Italia. Ma, se esiste la logica, la conclusione dovrebbe essere diversa, anzi opposta.
Marchionne infatti vende molto in Usa, America Latina e altri Paesi emergenti (oltre 4 milioni di vetture Crysler-Fiat) garantisce profitti (superiori ai 3 miliardi di euro) e quindi posti di lavoro stabili. Sempre lui, qui in Italia, ha migliaia di operai in cassa integrazione, non vende neppur i nuovi modelli sui quali ha investito (800 milioni sulla nuova Panda, ma solo 120 mila auto venute a fronte delle 200 mila ipotizzate) e accumula debiti per 700 milioni di euro.
Il manager è lo stesso, cambia il Paese. Quindi – se c’è una logica – è l’Italia nera, non Marchionne. Nera perchè viviamo una crisi economica più stringente, per cui gli italiani, contrariamente a statunitensi e brasiliani, non hanno soldi per comprare nuove auto. Ma nera anche perchè il nostro è un Paese sempre più “inospitale” per gli investimenti e le attività produttive.
I sindacati invocano l’intervento al governo Monti, della Fornero. Però anche il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, ha spiegato (ospite della Gruber a Otto e mezzo) che nessun governo può interferire sulle scelte di un’azienda privata e che gli aiuti di stato – comunque esecrabili – sono oggi espressamente vietati dall’Europa in quanto generano la concorrenza sleale tra aziende.
Il governo Monti può intervenire sulle questioni strutturali, sulle regole del gioco. Marchionne, intervistato da Ezio Mauro, ha chiesto “una riforma del lavoro che ci porti al passo degli altri Paesi”. Possiamo raccontarci che è già stata fatta, che siamo già al passo degli altri…la Fiat, e non solo lei, continueranno ad andare altrove…
Sempre Marchionne conclude l’intervista con Mauro: “Ma “repubblica fondata sul lavoro” vuol dire anche essere competitivi, creare occupazione attraverso sfide e competizioni. Questa cultura da noi manca”.
Continuare a definirlo un uomo nero è solamente un alibi, serve ad evitare di guardarci allo specchio, serve ad ignorare i ritardi che abbiamo accumulato rispetto ai moderni Paesi industriali.
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