Un anno e nove mesi per iniziare a raddrizzare la Costa Concordia. E per tentare di fare altrettanto con il Paese quanti anni o lustri o secoli ci vorranno?
Emblematica la “rotazione” della nave per tempi e modi: perizie, controperizie, valutazioni di impatto ambientale e non, studi e pratiche burocratiche, terrore di assumersi la responsabilità di procedere. D’altra parte chiedete ai sindaci quanto ci vuole per fare una rotatoria o un’altra banale opera pubblica: più o meno lo stesso tempo e lo stesso iter.
Il sito di Repubblica mostrava oggi le foto di quanto successo settanta anni fa a Pearl Harbor: Gli americani in un battibaleno raddrizzarono e spostarono le decine di navi affondate dai giapponesi, rendendo nuovamente agibile in porto. Ma quello era e resta un Paese efficiente.
Il nostro invece è sempre più inclinato, sempre più prossimo ad affondare, come certificano tutti gli osservatori internazionali: sempre più giù in classifica per produttività, qualità della scuola, tempi della giustizia; sempre più primi per burocrazia e tasse.
Enrico Letta – magari con senso della realtà – parla di “politica del cacciavite”. Si cerca di dare un’aggiustatina qui e una là. Di più non si può fare. Ma col cacciavite non raddrizzi né la Costa Concordia e meno che mai il Paese.
Ci vorrebbero argani potenti, drastiche riforme strutturali, che nessun governo riesce a varare.
Consoliamoci con l’afflusso turistico. Mai visti così tanti all’Isola del Giglio. Tutti a farsi fotografare con la nave inclinata sullo sfondo. Ne arriveranno sempre più anche in Italia di turisti stranieri: a fotografare, a guardare increduli, un Paese che dovrebbe essere moderno, efficiente, occidentale. E che invece inclina sempre più verso il Terzo Mondo…
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