Cari venetisti, lasciamo da parte la storia e parliamo della realtà, cioè del presente.
Chi crede nella politica (quorum ego), cioè negli obiettivi concretamente raggiungibili, dovrebbe tenerla separata dai sogni e dal folclore.
Siamo reduci da vent’anni di folclore padano: secessione! Federalismo! Padania libera! Risultati zero. Ed era un folclore sostenuto da un potente e verificabile consenso popolare. Parlo delle urne, dei tanti voti raccolti al Nord dalla Lega. Non raccolti nella rete dove tutto resta opinabile perchè taroccabile. Ciò non ostante risultati zero. Piaccia o no, non esistevano le condizioni per compiere passi padani concreti in avanti.
Basta così? Nemmeno per idea: siamo passati dal folclore padano a quello venetista: indipendenza! Veneto libero! Referendum per l’autodeterminazione! Il tutto senza nemmeno l’ampio, verificabile, consenso che aveva la Lega.
Quindi anche solo per parlarne, come parlammo a lungo della Padania, servirebbero tre condizioni. Che i venetisti la smettessero di fare come i capponi di Renzo (Tramaglino). Che emergesse un vero leader carismatico capace di unificare il movimento (Rocchetta è un ideologo, non un leader politico. Nella Liga Veneta lo era forse sua moglie Marilena Marin, lui no). Che ci fosse un consenso reale e verificabile: un 10, un 15% alle regionali dell’anno prossimo; non il prefisso telefonico che i venetisti sparsi hanno ottenuto fin’ora in questo o quel comune dove hanno osato presentarsi alla verifica…
Solo allora, al di là delle astratte disquisizioni giuridico-costituzionali, si avrà titolo e forza per chiedere un referendum. Come in Scozia, come in Catalogna
Altrimenti riunisco un po’ di amici al bar e lancio il movimento per l’annessione del Veneto all’Austria. Lo mettiamo in rete e, se passiamo il fine settimana a cliccare, raccogliamo 100 mila firme. Se ci diamo dentro anche lunedì e martedì, 200 mila. A quel punto – in nome del diritto dei popoli all’autoderminazione – chiediamo e pretendiamo che i veneti siano chiamati ad esprimersi! Possiamo farlo senza aver dimostrato un consenso reale al partito austriacante? Direi di no.
Sarebbe anche il nostro puro folclore. Inutile appellarsi alla storia per decantare quanto sia stata lungimirante e soft la dominazione asburgica in Veneto, quanti margini di autonomia concedessero ai territori, come scegliessero gli amministratori locali tra i nativi di Verona o di Padova, quante poche tasse riscuotessero, come fossero tolleranti nei censimenti dove potevi tranquillamente dichiararti cattolico, protestante, ortodosso, ebreo oppure anche ateo (come fece a Trieste mio nonno materno Mario Metlicovitz)
Il passato è passato. Oggi contano solo le urne: se le riempi, forse, fai un passo avanti; se restano vuote sei un romantico nostalgico.
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